Fonte: La stampa
Come si sta evolvendo il quadro politico italiano? Esiste una logica dietro l’apparente caos delle propagande, delle reciproche demonizzazioni, dell’affannato inseguimento dei sondaggi, delle competizioni intra moenia tra presunti leader? È ovvio che la situazione potrà accennare a un chiarimento soltanto in base al risultato delle elezioni per il Parlamento europeo, ma fin d’ora, dopo Sardegna e Abruzzo, qualche linea è forse possibile indicarla. E forse non sono soltanto brutte notizie. Se non vi saranno tracolli sul piano internazionale, gli schieramenti nel campetto italiano sembrano destinati a caratterizzare la loro fisionomia in termini più chiari – e quindi a presentare un’“offerta” politica più convincente. Dalla parte delle forze oggi all’opposizione – chiamiamola per convenzione “centro-sinistra” – sembrano indebolirsi, se non venir meno, quegli ostacoli che ne impedivano ogni unità di azione, anche semplicemente elettorale. I 5Stelle hanno chiuso, se non altro per fisiologico esaurimento del suo autore, la stagione grillina, e nel PD pare finalmente si intenda rinunciare a voler risolvere la quadratura del cerchio: essere socialdemocratici, laburisti, alleati organici del movimento sindacale, con a capo vuoi i Renzi che i Letta. Nessun PD avrebbe mai potuto giungere a intese con i 5Stelle à la Grillo, e, viceversa, nessun 5Stelle in nessun formato a intese con i Renzi e i Letta. Ora tra le Schlein e i Conte ciò è diventato possibile, il che non vuol dire ancora realizzabile. La competizione inevitabile tra i due potrebbe portare a “sospendere” il metodo-Sardegna. O anche la debolezza interna di ciascuno a compromessi e pasticci pur di tenere tutto insieme e tenersi in sella. Resta il fatto, comunque, che lo stato delle cose nella “opposizione” permette dopo molti anni di individuare la possibilità di una linea comune di condotta.
Qualcosa di analogo possiamo dire per le forze che chiamiamo, sempre per convenzione, di centro-destra, oggi al governo e presumibilmente destinate a pesare anche nella formazione della prossima governance europea. Importa assai poco sapere se le posizioni assunte dalla Meloni corrispondano a sue più o meno sincere “conversioni” o dipendano dal noto fatto che la funzione fa l’organo. Ciò che conta è che la Meloni, leader indiscussa del partito di maggioranza, si è caratterizzata decisamente come destra europea nell’ambito di una visione degli equilibri e dei conflitti globali egemonizzata dagli Stati Uniti. È una linea, condivisibile o no, perfettamente chiara, e che ha come effetto spiantare l’“altra destra”, quella che Salvini vorrebbe ancora rappresentare, la destra sovranista, populista, la destra identitaria capace soltanto di far leva sulle paure (sacrosante) prodotte da emergenze e crisi. La deriva della Lega di Salvini potrà essere contenuta soltanto muovendosi, con gli Zaia di turno, all’interno della linea tracciata dalla Meloni, rappresentandola, per così dire, nelle realtà del Nord-est (analogamente al “modello” Bossi-Berlusconi). Forza Italia, a sua volta, prende anch’essa voti dalla Lega, e proprio nella misura in cui asseconda integralmente la linea Meloni (linea in toto post-berlusconiana, almeno in politica estera!). Dunque anche tra le forze di governo sembra emergere un “centro”, e cioè un “ubi consistam”, intorno a cui far ruotare posizioni o “sensibilità” anche diverse. Si potrà, dopo decenni di abborracciati tentativi e indecenti fallimenti, giungere all’alternativa tra due schieramenti sufficientemente definiti nella loro cultura politica e nelle loro strategie? Ecco la buona notizia: era irrealistico anche immaginarlo qualche tempo fa, ora non più.
Si è parlato in politichese, e me ne scuso, ma a volte è necessario considerare anche tecniche e movimenti nelle palazzine del nostro ceto politico. È evidente che lo scenario di due schieramenti capaci di dar vita a una nuova stagione di democrazia e “resuscitare” una minima voglia di partecipazione, è concepibile soltanto se ciascuno di essi saprà dar contenuto concreto al proprio “messaggio”. Concreta è solo la risposta ai drammatici problemi che l’epoca impone, non la loro enunciazione per quanto esatta. Crollano i sistemi di Welfare? Come si intende difenderli, se lo si intende? Con quale politica fiscale e ridistributiva? Ma, prima ancora, con quale riassetto complessivo della spesa pubblica? Non si vogliono riforme presidenzialistiche? Bene. Si intende con questo che non vi è bisogno di riforme anche di rilievo costituzionale? Che le attuale Regioni vanno benissimo così come sono? Malissimo, se lo si pensa. Eravamo tutti democratici e con la Meloni siamo diventati tutti europeisti. Ma quale Europa, di grazia? Un’Europa dotata di volontà e autonomia o l’Europa della moneta unica senza Ministro delle Finanze, in cui di fatto l’autorità politica suprema è la Banca centrale? I due schieramenti che auspichiamo dovranno pur dire la loro in materia di politica internazionale e di guerra. Sulle tragedie che ogni giorno di più minacciano di travolgerci alla catastrofe hanno da esprimere soltanto la propria misericordia per le vittime innocenti? Altro che alzare bandiera bianca – avanzare serie proposte di soluzione, e imporre la loro discussione agli alleati, questo dovrebbe essere il compito dell’Europa. E ne hanno le nostre forze politiche? O, almeno, ci piacerebbe sapere cosa pensano di quelle avanzate da tanti Paesi (dall’India, al Brasile, al Sud Africa) che, per la guerra in Ucraina, insieme alla ferma condanna dell’invasione, ricordano la risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’Onu del febbraio del 2015, che recepiva a sua volta gli accordi di Minsk sottoscritti da Ucraina, Putin, Hollande e Merkel. E per la tragedia israeliano-palestinese non vedono soluzione possibile se non nella formazione di un vero Stato palestinese. Se si ritiene questo obbiettivo ormai impraticabile, su quale altro devono muoversi le democrazie occidentali? Sono questi i grandi problemi su cui si dovranno formare le nuove culture politiche. Una lunga marcia per sinistre e destre europee.