Master plan della ‘riconquista’

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Fausto Anderlini

di Fausto Anderlini – 26 novembre 2017

E’ gustoso osservare come nel giro del Pd si arrabattono in preda alla confusione nei rompicapi del rosatellum (a partire da Merola per finire con i dinamici supporters giornalistici di Repubblica). La prima legge elettorale, a memoria, le cui implicazioni sono ignote agli stessi proponenti. Fatto salvo, of course, l’acquisito scopo primario: demolire per sempre il centro-sinistra (a meno che il ‘garante’ escogitato dall’astutissimo Pisapia non faccia miracoli).

In via preventiva, attingendo alla mia sapienza geo-sociologica, dei 17 collegi uninominali dell’E.R. non mi sentirei di attribuirne a Pd e soci più di cinque o sei (i collegi di Reggio-Correggio, Modena-Carpi, Imolese, Forlì-Faenza, e Cesena….). Dati per acquisiti alla destra, salvo exploit cinque stelle, almeno quattro collegi (i tre dell’Emilia occidentale e quello dell’alto ferrarese-bassa modenese) in tutti gli altri è da vedersi che piega prenderanno le cose.

Il Mattarellum doveva la razionalità del suo funzionamento, con buon margine di predicibilità, a due elementi: il carattere bi-polare della competizione e il radicamento territoriale delle culture politiche. Elementi oggi venuti meno, soprattutto nello spazio che un tempo era appannaggio del centro-sinistra. Indebolito dall’emersione grillina, ma soprattutto malamente decomposto dal corso renziano del Pd. In Emilia-Romagna il centro sinistra vantava un vantaggio strutturale di almeno 20 punti sulla destra (grosso modo 60 a 40) ed era in grado di appropriarsi 30 dei 32 collegi camerali e 14 dei 15 senatoriali. Cumulando allo ‘zoccolo’ vasto e pervasivo dei distretti rossi della fascia centrale e romagnola (da Reggio a Ravenna) parti dell’elettorato cattolico-democratico. Oggi, specie dopo le prove delle elezioni regionali e amministrative, blocchi assai rilevanti di quello ‘zoccolo’ si sono frantumati e dispersi. Sicchè tutta la regione, e tanto più con collegi molto grandi e quindi eterogenei, è entrata in una fase random.

Il dispositivo della legge (voto unico su un’unica scheda, impossibilità del voto disgiunto e di ogni forma di desistenza) obbliga le formazioni in lizza a candidare nei collegi personalità ‘trainanti’. Dal loro successo dipende infatti, per automatico trasferimento, il livello del voto proporzionale. La sinistra in via costituente aggregata ad Mdp, in proposito non ha problemi. E’ improbabile che vinca qualche collegio (anche se mai dire mai) ma dispone sulla carta di autorevoli e riconosciute candidature (non solo Bersani ed Errani) il cui magnetismo si farà sentire, specie nelle sabbie divenute mobili delle vecchie zolle rosse, ma anche nelle realtà urbane centrali dove da sempre la ‘sinistra radicale’ gode di consensi non irrilevanti.

Il Pd, invece, si troverà di fronte ad alcuni problemi di difficile composizione. Come ad esempio onorare il debito verso le liste acquisite al suo trust. Se a Bologna, per esempio, candida Galletti, il figlio di Casini, quel collegio è perso. Cosippure se altrove ricorre a qualche pisapio (che sò, un Santagata o una Frascaroli) per non dire un alfaniano. Il patto con le civette dovrà dunque essere onorato in sede di lista bloccata sul proporzionale (gli unici veri ‘seggi sicuri’). In ogni caso nel Pd ci sarà una lotta feroce fra renziani autentici e i conversos post-bersaniani. Salvo Del Rio a Reggio, Franceschini a Ferrara, Richetti nel modenese (tutti ex democristiani) non sembra poter mettere in campo alcun front runner. A meno di non considerare tale un De Maria in quel di Bologna o un Manca in quel dell’imolese (dove una eventuale entrata in campo con Mdp della Saliera produrrebbe un duello al cardiopalma).

Il collegio uninominale, In sintesi, attesa l’assoluta mancanza di solidità del legame di ‘apparentamento’, mette in risalto, ex negativo, la paradossale situazione del Pd: non avere candidati in grado di aggregare rassicuranti quote di elettorato storico di centro-sinistra. Se i candidati renziani attirano elettori moderati e altra umanità, scoprendo però il lato sinistro, gli altri (sinistra interna e transfughi post-bersaniani – e va da sè le cariatidi prodianpisapiiche) difettano di credibilità. Sono i peggiori pilastri se si deve sostenere un ponte. Ma più a fondo il grande paradosso del Pd è quello di dover chiedere un voto utile in favore di un costrutto (il centro-sinistra) che ha deliberatamente scelto di assassinare, non bastassero le politiche scellerate anche con gli algoritmi bizzarri della legge elettorale.

Se per la prima volta nella storia i candidati del centro-destra faranno razzia la responsabilità è tutta in capo al Pd. Non certo della sinistra. Se la lista unitaria di sinistra saprà presentarsi davanti alla maionese del Pd come un composto solido e fermo sulla linea di combattimento da essa, e solo da essa, si porranno le basi per una ‘riconquista’ delle terre redente del grande socialismo padano.

Babelezon bookstore leggi che ti passa

Articoli correlati

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.