di Alfredo Morganti – 4 dicembre 2017
Poi dice che non è vero. Ieri c’è stata la nascita di ‘Liberi e Uguali’, la lista unitaria della sinistra. Il buon senso e la deontologia professionale vorrebbero che ci si concentrasse prima sull’evento, e poi sulle eventuali reazioni. E invece Repubblica.it titola così: Liberi e Uguali, l’affondo di Renzi su Grasso: “Comanderà D’Alema, votarli è un favore a Salvini e Berlusconi”. Non basta, sul cartaceo si titola ancora: “Grasso in campo. Pisapia lo sfida: alleanza col PD”. Appare evidente come si tenti di ovattare e contro-reagire a un evento che produce qualche preoccupazione al PD e non solo. In primo luogo perché è un segnale di novità in un teatrino di deja vu e di barbe lunghe toscane, arcoriane o leghiste. In secondo luogo, perché dimostra la possibilità che la sinistra non si sminuzzi soltanto, ma inverta il processo ricomponendosi non astrattamente: senza ‘ammucchiate ‘ elettorali, ma facendo leva sulla prassi e su tanti militanti, come altrettanti addentellati sociali. E così i giornali e le tv fanno e faranno ‘schermo’ nel senso peggiore. Skytg24 da ieri manda un servizio di 1 minuto dove si riportano alcune frasi di Grasso e si inquadra qua e là la platea. Nessuna intervista, nessun approfondimento, per quanto almeno abbia visto io. Liberi e Uguali sono irrilevanti anche per i media, a quanto sembra.
Molti critici tentano anche un paragone con la vecchia SEL e con le tante nuove formazioni o movimenti sorti a sinistra del ‘partitone’ in questi anni. Paragone sbagliato, perché stavolta la sinistra storica è parte del progetto, è una risorsa importante, ne è il lievito madre, come ha detto ieri Laura Tarantino operaia della Melegatti sul palco dell’Atlantico. Questa sinistra ‘vecchia’, ‘anziana’, ‘irrilevante’, questa sinistra di gufi era seduta in platea e in queste settimane ha profuso risorse ed energie per un progetto che, se andasse in porto come dovrebbe, rappresenterebbe davvero la novità che manca da tempo nel nostro panorama politico. Già le sento le critiche peraltro. Perché non vi siete chiamati ‘sinistra’, perché non vi siete chiamati ‘socialisti’, perché no ‘progressisti’, o direttamente ‘Pasquale’ (cit. Totò). E poi, perché Grasso, perché un leader, perché non lo avete ‘votato’, perché non è stato ‘nominato dal basso’? Allora è vero che siete una folla, un magma scomposto eterodiretto, delle pecore, gente che ‘non conta un cazzo’ a fronte di tutti quelli che si sentono ‘io’ (cit.). E vero che ormai siamo pronti a tutto, anche a combattere come gli ultimi giapponesi senza più nemmeno un esercito alle spalle? Be’, io le battaglie giuste le ho sempre fatte, anche senza ‘metodo’, anche non dal ‘basso’, anche nella probabilità concreta di perderle. La ‘vittoria’ in politica, in fondo, è una cazzata. Conta solo la ‘forza’, piccola numericamente agli inizi, ma grande nella prospettiva, se si è in sintonia con il Paese. Conta solo la strategia per accrescerla. E poi ieri io ho visto molti soldati.
A proposito. I compagni che ho visto all’Atlantico sembravano usciti da una vecchia foto. Era la stessa ‘forza’ tranquilla ma tenace, che ha riempito piazze e sale nei decenni trascorsi. Non era una ‘folla’ (questo giudizio lo lascerei ai fascisti), né un magma senza capo né coda (perché vorrebbe dire fare torto a quelle donne e a quegli uomini), tanto meno della ‘gente che non conta un cazzo’, come ho sentito dire fuori dai denti. Ma donne e uomini presenti a un evento bello e appassionante. Fidatevi: lo streaming non restituisce nulla del calore e delle emozioni provate, la prossimità fisica è altra cosa rispetto alle vicende raccontate dai giornali, la partecipazione concreta è molto più che osservare un fenomeno in vitro. Ogni modalità di approccio e ogni metodo di cura sposta i giudizi, perché sappiamo che il punto di osservazione è dirimente. L’Atlantico non è stata una bolgia infernale, ma un catino attento composto di persone che volevano esserci. Come modalità di esistenza politica. E che, quindi, hanno sottolineato i passaggi importanti e acclamato quando c’era da acclamare, ove lo si ritenesse opportuno. Purtroppo, e dico purtroppo, un dirigente, un testimone, un leader non nascono dal basso, né si costruiscono a tavolino. Non c’è metodo alla bisogna. Ma solo prorompente affermazione di una storia personale e di un’autorevolezza: a Pisapia non è riuscito perché non ne aveva la statura e ha capito poco di quel che gli stava accadendo attorno, a Grasso è venuto invece naturale. Dopo di che un leader deve diventare davvero rappresentativo e non crogiolarsi nella proprio astratta autorevolezza o nel proprio vuoto carisma. Perché non c’è autorità senza rappresentanza, non c’è potenza senza ‘relazioni’: ormai questo dovrebbe essere chiaro anche ai sassi. Ma nemmeno c’è ‘forza’ senza un’autorità (morale, politica, culturale) che la interpreti e indichi una prospettiva.