Non è una calamità

per Luca Billi
Autore originale del testo: Luca Billi
Fonte: i pensieri di Protagora...
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di Luca Billi – 19 gennaio 2017

Per parlare della calamità che ci sta colpendo, vorrei partire dai Promessi sposi, sperando di non spaventare troppo i miei venticinque lettori. 
Come certo ricorderete, Alessandro Manzoni parla a lungo di calamità: dedica interi capitoli alla carestia e alla peste, a costo di far perdere slancio alla trama del suo romanzo e quasi dimenticando i suoi personaggi. 
Prendiamo la peste, l’elemento chiave e risolutivo del finale. A un certo livello della narrazione la peste è certamente una calamità: qualcuno muore e qualcuno sopravvive. La provvidenza, la giustizia divina o la necessità di chiudere il romanzo – fate un po’ voi – fa sì che Renzo e Lucia sopravvivano e che don Rodrigo ne muoia. A livello individuale opera l’imponderabilità del caso.
Ma se abbiamo la voglia e la capacità di alzare lo sguardo – e quel vecchio giacobino di Manzoni lo fa tutte le volte che può – allora le cose cambiano; e di parecchio. La peste non è una calamità, ma il prodotto di una serie di cause tutte umane: la discesa dei lanzichenecchi, l’incapacità delle autorità pubbliche, l’incompetenza dei medici e così via. 
Lo stesso discorso vale per la carestia: certamente hanno pesato le cattive condizioni meteorologiche e la scarsità di piogge, ma le cause di quella tragedia non sono affatto naturali, ma anche in questo caso umane: ancora una volta la guerra innanzitutto, poi il cattivo governo, infine le avidità pubbliche e private. Manzoni ha già scritto tutto, basta solo aver gli occhi per leggere. 
E’ una calamità questo nuovo terremoto che ha colpito le regioni italiane? No, non lo è. 
Purtroppo ha colpito quella regione del nostro paese e non un’altra; purtroppo ha colpito più duramente alcuni paesi piuttosto che altri; purtroppo ha distrutto alcune case e non altre. Come il terremoto del 24 agosto – e forse anche quest’ultimo – ha ucciso alcune persone e non altre. Questa è la tragica fatalità di questo avvenimento, l’imponderabile di questa, come di qualunque altra, calamità naturale. Poi bisogna capire quali sono le cause di queste calamità e le ragioni per cui lo scatenarsi della natura provoca in alcuni luoghi danni così impressionanti, mentre da altre parti i danni sono molto meno rilevanti. 
Le ragioni sono sempre quelle raccontate da don Lisander, più o meno aggiornate a seconda dei tempi: la sicumera dei cosiddetti esperti che invece dimostrano di capirne assai poco, l’incapacità e la corruzione delle classi dirigenti, l’avidità e la rapacità di chi accumula le proprie ricchezze senza tener in alcun conto quello che gli sta intorno. 
Le calamità siamo noi.

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