Palchi e palchetti

per Luigi Altea
Autore originale del testo: Luigi Altea

di Luigi Altea . 3 settembre 2017

La fine dell’estate è il tempo dei palchi.

Il palco stralucido di Cernobbio, il palco “benedetto” di Rimini, e soprattutto i palchi e i palchetti di manifestazioni varie, ridotte ora a simulacri e a pallide repliche di quelle che erano, una volta, le più partecipate, le più colorate e le più belle feste del nostro Paese: le Feste dell’Unità.

Alle Feste del P.C.I. andavano tutti, di tutte le tendenze politiche, che allora, senza falso pudore, si chiamavano fedi.

Generazioni intere hanno potuto assistere a un concerto, ammirare una étoile della Scala, ascoltare un grande scrittore, o partecipare a un dibattito, soltanto ad una Festa dell’Unità.

L’impatto con la ripresa del lavoro era attenuato dalla partecipazione alle Feste, che erano una sorta di supplemento di vacanze, con le tavolate, i canti, i balli…

Allo stand dei libri, tanto ricco da far invidia alle migliori librerie della città, si faceva provvista di testi, da leggere durante l’inverno.

Ci si divertiva e si imparava sempre qualcosa.

Ricordo Carlo e Angelo, due bravissimi compagni, due “intellettuali”, che chiedevano di lavorare alla Festa, ma pretendevano di farlo nel retrocucina, a lavare i piatti: almeno per qualche settimana desideravano orgogliosamente sentirsi “classe operaia”.

Poi arrivava il momento clou, il discorso di chiusura del Segretario.

Era un momento particolare, magico… Perché un uomo piccolo piccolo veniva da tutti percepito come grande, grandissimo.

Del discorso non sempre riuscivamo a sentire o a capire tutto…

Ma rientravamo a casa rassicurati, con la consapevolezza che il Partito non ci avrebbe tradito, che qualcuno si sarebbe fatto carico di vigilare sui nostri diritti.

Era ieri… ma era un’altra epoca.

Ora è possibile vedere un bullo fiorentino calcare il palco, e agitarsi come un ansioso teatrante, voglioso di ritrovare l’antico smalto, e mostrare ai fans, con baldanzosa vivacità, tutto il suo genio, tutta la sua sconfinata presunzione.

Qua e là si vedono anche opachi reduci di una grande Storia, esaltarsi con squisitezze formali, con sfumature allusive, con citazioni colte, o semplicemente con sagaci metafore delle quali, però, non importa più niente a nessuno.

Sono i più o meno responsabili liquidatori, i più o meno consapevoli curatori fallimentari di un Patrimonio antico.

Sembrano delle spogliarelliste, che alla conclusione della carriera si esibiscono cercando, con qualche astuzia, di conciliare l’esigenza di nascondere col dovere di mostrare…

E’ con questi “eroi” che la Sinistra potrà riprendersi e farci riprendere il cammino?

Io comincio a dubitarne, a non crederci più.

La Sinistra, per riprendersi  davvero, credo abbia bisogno di persone che hanno tutto da mostrare e nulla da nascondere.

 

 

 

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