Introduzione
Ho camminato sulla tomba di un grande uomo e non me ne sono accorto. È stato un amico ad illuminarmi: Paolo Sardi, curiosa omonimìa, nativo di Sezzadio (anno 1798), fu vescovo di Iasi dal 7 aprile 1843 al 9 novembre 1848 (data della sua morte). Anzi, vicario apostolico, il primo vero e proprio vescovo di Iasi fu il marchigiano Nicola Giuseppe Camilli, nominato nell’agosto del 1893. La tomba del nostro quasi concittadino è sita nella vecchia cattedrale cattolica del capoluogo moldavo, in realtà una chiesetta neogotica di fine ‘700 che non ha proprio lo sfarzo di una cattedrale, come del resto anche la nuova modernissima bizzarra cattedrale costruita vicina, con una strana forma futurista, su pianta circolare. Paolo Sardi, che a dire di storici della Chiesa rumeni quali Dumea e Moraru, occupa un posto nient’affatto irrilevante nella storia del cattolicesimo rumeno, mi ha fatto così venire in mente di dare un seguito alle “riflessioni orientali” a proposito del Generale Averescu, tentando con qualche cenno di affrontare la varia e travagliata storia dei cattolici di Romania.
Alle origini: le radici di un conflitto
Come osserva Neagu Djuvara: “In Dacia il cristianesimo entrò senza dubbio fin dall’inizio della colonizzazione romana” . La Moldavia, pianura leggermente ondulata, attraversata dalle scorribande di Peceneghi, Cumani, Tatari, Jasi (i fondatori dell’omonima città), etc, riceve i forti influssi cristiani orientali di Costantinopoli e Kyev fin da tempi remoti. Nel XIII secolo una volta che Andrea II, degli Arpadi d’Ungheria, di ritorno dall’Egitto, dalla fallimentare Quinta Crociata, decide di scacciare i pericolosi Cavalieri Teutonici che si erano insediati in Moldavia (Etelkoz) e andranno a devastare i popoli baltici, i cumani trovano il loro spazio ove insediarsi stabilmente e farsi vassalli del Regno d’Ungheria: in Moldavia.
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