Patrimonio archeologico di Acqui Terme, dopo l’abbandono… la distruzione?

per Gabriella
Autore originale del testo: Manlio Lilli
Fonte: facebook di Rita Correnti

di Manlio Lilli – 7 agosto 2014

#Patrimonioarcheologico, #AcquiTerme (Al), #dopolabbandono#ladistruzione (?)
La vicenda dell’#exPalaorto, in via Maggiorino Ferraris, giunge alla conclusione. Nella vecchia zona del mercato della città, venduta dal Comune di Acqui ad una società brianzola per la realizzazione di un complesso residenziale e commerciale, #scoperticirca10annifa resti archeologici straordinari. “Tra i più belli e importanti di tutto il Piemonte”, dichiararono dalla Soprintendenza archeologica. #Unquartiere semiperiferico#dellacittàromana, con abitazioni servite da fogne e, alcune, con magnifici mosaici, che si affacciano su di una strada del I secolo d.C. Essa fu ampliata nel secolo successivo e subì rimaneggiamenti in epoca tardo antica.
Si era parlato di musealizzazzione. Tanto più che l’area archeologica si trova(va) a contatto con la Biblioteca. Sarebbe potuto diventare un polo della Cultura. Invece non se ne farà niente.
Alla metà dello scorso giugno la società proprietaria del terreno ha provveduto a ricoprire parte dell’area sulla quale potrà sorgere un palazzo. Non è per nulla chiaro invece cosa succederà all’altra metà del lotto in cui si trovano le strutture di epoca romana meglio conservate.
Ma l’esperienza insegna che per il quartiere della città romana non tira una bell’aria. Dopo molti progetti il solito esito? La sostanziale distruzione?
#denuncioperproporre

Foto: #Patrimonioarcheologico, #AcquiTerme (Al), #dopolabbandono #ladistruzione (?)<br /><br />
La vicenda dell’#exPalaorto, in via Maggiorino Ferraris, giunge alla conclusione. Nella  vecchia zona del mercato della città, venduta dal Comune di Acqui ad una società brianzola per la realizzazione di un complesso residenziale e commerciale, #scoperticirca10annifa resti archeologici straordinari. "Tra i più belli e importanti di tutto il Piemonte", dichiararono dalla Soprintendenza archeologica.  #Unquartiere semiperiferico #dellacittàromana, con abitazioni servite da fogne e, alcune, con magnifici mosaici, che si affacciano su di una strada del I secolo d.C. Essa fu ampliata nel secolo successivo e subì rimaneggiamenti in epoca tardo antica.<br /><br />
Si era parlato di musealizzazzione. Tanto più che l'area archeologica si trova(va) a contatto con la Biblioteca. Sarebbe potuto diventare un polo della Cultura. Invece non se ne farà niente.<br /><br />
Alla metà dello scorso giugno la società proprietaria del terreno ha provveduto a ricoprire parte dell'area sulla quale potrà sorgere un palazzo. Non è per nulla chiaro invece cosa succederà all’altra metà del lotto in cui si trovano le strutture di epoca romana meglio conservate.<br /><br />
Ma l'esperienza insegna che per il quartiere della città romana non tira una bell'aria. Dopo molti progetti il solito esito? La sostanziale distruzione?<br /><br />
#denuncioperproporre

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Riportiamo l’intervento dei consiglieri comunali (2007-2012) Domenico Borgatta e Gian Franco Ferraris che già nell’ottobre 2008 denunciavano la mancanza di attenzione per questo importante ritrovamento:

I consiglieri comunali Domenico Borgatta e Gian Franco  Ferraris, intervengono sull’area archeologica di via Maggiorino Ferraris:
“Se le dichiarazioni rese ai giornali dal vicesindaco Enrico Bertero saranno confermate, si dovrà rinunciare alla musealizzazione degli importanti ritrovamenti archeologici in piazza Maggiorino Ferraris presso l’ex Palaorto, dal momento che tale operazione costerebbe ben cinque milioni di euro.
Che la scoperta sia davvero importante, non lo affermano solamente gli studiosi e i tecnici, o la Soprintendenza per i Beni archeologici. Non lo diciamo noi, profani, che sbirciando dalle grate della recinzione o osservando dai piani alti delle case vicine restiamo ammirati da una testimonianza così imponente del nostro passato. Lo hanno affermato solennemente, al cospetto del Consiglio comunale, circa un anno fa il vice-sindaco Enrico Bertero e qualche mese più tardi lo stesso sindaco Danilo Rapetti, dai quali abbiamo udito che quanto andava scoprendosi in piazza Maggiorino Ferraris era “una delle più importanti scoperte archeologiche degli ultimi anni in Italia settentrionale”.
La vicenda dell’ex Palaorto in piazza Maggiorino Ferraris rappresenta bene come ad Acqui l’interesse di tutti i cittadini si arrenda davanti al vantaggio di pochi. Alla fine del 2006, l’area di proprietà comunale, che fino ad allora dava spazio ad un settore del mercato bi-settimanale, venne svenduta ad una impresa di costruzioni brianzola. In seguito il Comune approvò la realizzazione di un vasto complesso edilizio residenziale e commerciale. Anche se ormai quella decisione non potrà essere messa in discussione, non possiamo esimerci dal notare che si tratta di un intervento edilizio francamente sovradimensionato per le effettive esigenze della città. Non importa se nel quartiere aumenteranno il caos urbanistico, il traffico veicolare (già al collasso), la densità abitativa e quindi il disagio degli abitanti. L’urgenza, per la maggioranza consiliare, è “far cassa”. E quel che peggio, è che i proventi dell’operazione non hanno condotto ad un riequilibrio delle finanze comunali, ma sono stati sperperati in attività effimere (concerti, decapitazioni di fontane e altre amenità).
Non appena iniziati i lavori di scavo delle fondazioni, iniziarono ad emergere consistenti resti di alcuni isolati di abitazioni di età romana, alcune con pavimenti a mosaico, inframmezzate da una strada e servite da infrastrutture fognarie. Come è noto, nel sottosuolo di Acqui si trova un imponente substrato archeologico antico e medievale: a pochi metri del Palaorto, ad esempio, negli scantinati di via Cavour e via Galeazzo (in parte di proprietà comunale) si trovano i resti di un edificio monumentale romano che l’Amministrazione comunale dovrebbe conoscere bene dal momento che da anni, a parole, si annuncia l’imminente recupero e la valorizzazione (come era scritto sul programma elettorale di Danilo Rapetti e di Forza Italia).
Anche il costruttore, che si vale della consulenza di uno studio di ingegneria acquese, i cui titolari – per vari aspetti – ben conoscono la situazione locale, poteva ben immaginare il “rischio” archeologico insito nell’area che aveva liberamente acquistato.
La “sorpresa”, dunque, poteva essere tale solo per degli sprovveduti. E invece, no! Candidamente, il Comune e il costruttore allargano le braccia e si stupiscono dell’importante scoperta.
Ad ogni modo, l’Amministrazione Rapetti, sembrava aver colto – giustamente – non solamente il valore culturale e civile del sito archeologico di piazza Maggiorino Ferraris (e già questo basterebbe a giustificare un concreto impegno per la valorizzazione), ma anche delle potenzialità di sviluppo, connesse al richiamo turistico e sembra impegnarsi ad intervenire per permettere la musealizzazione e la pubblica fruizione del sito archeologico senza impedire la realizzazione del progetto edilizio. Il primo passo, ovviamente, è la quantificazione delle risorse necessarie e lo studio della fattibilità tecnica: i primi risultati di questa valutazione, vengono annunciati dal Sindaco durante il Consiglio comunale del 29 settembre 2008 che afferma che la musealizzazione costerà circa un milione e mezzo di euro. Per reperire questa somma vengono annunciate pomposamente una serie di iniziative: un accordo con il sindaco di Milano, Letizia Moratti, per far divenire i siti archeologici e le terme di Acqui “uno dei principali poli di attrazione turistica dell’Expo di Milano del 2015”. Sono stati vantati “contatti” con istituti e fondazioni bancarie e a livello provinciale e regionale per reperire le risorse necessarie.
Nel frattempo, la maggioranza consiliare non si è dimenticata di garantire al costruttore una “compensazione” approvando una variante al PRG per aumentare l’edificio da 7 a 8 piani. I consiglieri del Partito Democratico si opposero alla decisione ritenendo che non fosse dovuto alcun risarcimento all’impresa privata (che aveva acquistato regolarmente un’area edificabile) e che esso costituisse per di più un oneroso precedente in caso di futuri ritrovamenti. Oltre che ingiusto, adesso il risarcimento appare anche del tutto inutile, essendo stato deciso troppo frettolosamente senza aver valutato con la dovuta serietà se vi erano le condizioni.
Oggi, infatti, se le affermazioni di Bertero non saranno smentite, i costi della musealizzazione sono improvvisamente lievitati a ben cinque milioni di euro (più che triplicati)! Erano errati per difetto i calcoli del sindaco, o sono errati ora quelli di Bertero?
Prescindendo dalle polemiche (che comunque – il sindaco ce lo consentirà – sono il nutrimento del dibattito democratico), esortiamo l’Amministrazione ad affrontare questa decisione con la dovuta ponderazione e trasparenza, rendendo noti al Consiglio comunale e a tutti i cittadini la composizione di tali costi, chiarendo se davvero sono state verificate tutte le opportunità per ottenere un sostegno da altri enti, o dall’Unione europea e se eventualmente siano percorribili alternative.
Siamo certi che il Ministero per i Beni Culturali, il cui titolare frequenta spesso la nostra Provincia (non ha fatto mancare il suo appoggio al candidato sconfitto alle recenti elezioni comunali a Novi Ligure), non permetterà alcun danneggiamento alle strutture antiche. È compito del Comune di Acqui, tuttavia, impedire che – dopo la demolizione del teatro Garibaldi – anche questa importante risorsa culturale e turistica sia sprecata”.

archi

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