Fonte: La Stampa
Paul Krugman: Perché ora l’Europa deve alzare la voce
Non so quanti di voi lo sanno, ma c’è stato uno scrittore americano importante, Henry Louis Mencken, all’inizio del XX secolo. Una delle sue citazioni chiave è questa: «Per ogni questione complessa, c’è sempre una risposta che è semplice, persuasiva e sbagliata». Siamo in un momento straordinario per l’economia, e più in generale per molte altre tematiche. Il presidente degli Stati Uniti ha annunciato una serie di dazi di portata enorme. Ma non c’è solo l’aspetto finanziario o le considerazioni economiche (…). Gli scambi commerciali fanno parte di un sistema di accordi internazionali, cominciato – peraltro – proprio dagli Stati Uniti.
Noi avevamo introdotto quel sistema già negli anni ’30, molto prima della globalizzazione, con regole, limiti e vincoli. Il libero scambio è uno dei trionfi della diplomazia, perché è lì che siamo riusciti a far sì che le nazioni instaurassero una certa collaborazione. Da allora, abbiamo sempre rispettato le regole. Una delle cose che mi ha sempre reso orgoglioso, come cittadino americano, è che gli Stati Uniti abbiano stabilito per primi questo sistema, e per tutta la storia ne siano stati il partner principale (…). Ora abbiamo praticamente buttato per aria tutta la nostra struttura. Abbiamo violato tutte le nostre regole, che erano lì da un sacco di tempo. Quello dei dazi, in realtà, non è un sistema rigido: ci sono opportunità di scostarsi in particolari momenti di stress, però sempre secondo le regole. Non è che uno fa come vuole, all’improvviso, spiazzando tutti. E c’è un’altra regola fondamentale, che è quella della non-discriminazione: bisogna avere stesse tariffe per tutti, mai differenziarle da un Paese all’altro. E invece tutto questo è saltato per aria, non esiste più. C’è un sistema di dazi completamente radicalmente diverso adesso (…).
È una situazione assurda. E, come ho detto, il commercio internazionale è piuttosto complesso. Ho dedicato la mia vita a studiarlo. E ora c’è questo tentativo di risolvere tutti i problemi percepiti in modo estremamente semplificato. (…). Dovremmo anche dire che tutto questo fa parte di un contesto molto più ampio: la politica economica è ormai intrecciata con una guerra culturale. Parliamo di un vero e proprio attacco, un assalto ai principi su cui è stata fondata questa istituzione: un attacco all’istruzione, un attacco alla scienza. Diciamola così: se l’attuale governo degli Stati Uniti fosse esistito nel XVI secolo, si sarebbe chiaramente schierato con l’Inquisizione contro Galileo. Questo è il punto a cui siamo arrivati. È qualcosa di straordinario, e vedremo come andrà.
Voglio solo dire una cosa, visto che ci rivolgiamo soprattutto a un pubblico europeo: in molti modi, ora tocca a voi. Gli Stati Uniti, almeno per il momento, non sono più dalla parte del tipo di società e cultura in cui vorrei vivere. Il principale baluardo della libertà di pensiero, della diversità di opinione, della scienza e dell’educazione, per ora, è in Europa. Quindi, per favore, fatevi sentire.
* Estratto dalla lectio magistralis di Paul Krugman, tenuta nell’ambito del Seminario «La ricchezza delle nazioni e il ruolo dell’architettura per un’economia urbana delle città orientata al benessere umano», organizzato dal Consiglio Nazionale degli Architetti a Padova