Prof. Alberto Siracusano: “Covid come una bomba nucleare, ma chi ha affetti profondi non si lascerà spaventare da un Natale diverso anche se molto triste”

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Manila Alfano
Fonte: Dagospia

Natale con i tuoi che diventa per legge un ricordo del passato. La difficoltà e la lontananza. La solitudine che diventa ancora più grande, soprattutto nei periodi di festa. Da quando il Covid ha stravolto le nostre vite il professor Alberto Siracusano, Direttore U.O.C. Psichiatria e Psicologia Clinica Fondazione Policlinico Tor Vergata di Roma ne studia gli effetti e le cicatrici.

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Professore, il Natale è una festa che da sempre si vive in famiglia. L’occasione per vedere anche chi sta lontano ma quest’ anno non sarà così. Che effetti produrrà psicologicamente?

«Abbiamo riconosciuto che ansia e perdita di identità sono sintomi molto presenti nella popolazione, e non parlo dei più fragili, o degli anziani, mi riferisco a giovani e giovanissimi».

Quindi siamo tutti coinvolti?

«Indubbiamente. Come ho già avuto modo di dire, il Covid è stato come una bomba nucleare le cui radiazioni hanno colpito le persone in modo diverso. Chi era più vicino è stato colpito subito e direttamente dalla malattia; chi invece era più lontano, oggi presenta gli effetti di questa radiazione».

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Che effetto avrà dunque sugli anziani e sulle persone sole questa distanza imposta per legge?

«Sarà dura, ma soprattutto è un sintomo di un malessere più profondo e radicato».

In che senso?

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«Il giorno di Natale, il Cenone sono solo la spia di un malessere, la punta di un iceberg. Il Covid e le disposizioni che porta, mette in luce la fragilità di una società che porta in se crisi di valori e degli affetti profondi e radicati. Che esistevano già da tempo.

Chi ha strumenti per sopportare la lontananza non si lascerà spaventare da un Natale diverso anche se molto triste».

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Ma l’isolamento è un problema molto sentito.

«Però bisogna distinguere l’isolamento dalla solitudine. Isolarsi, per ragioni realmente valide, per tutelarsi insomma, non dimentichiamo che gli anziani sono anche i più esposti e dunque i più fragili, è certamente una rinuncia dolorosa ma si può superare. Il punto qui è avere gli strumenti per poterlo affrontare senza troppo dolore».

E come si fa?

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«Prima di tutto è sapere di poter contare su una rete, quella famigliare solida e presente. Il problema è l’accumulo. Chi già vive in una situazione di solitudine durante l’anno e si aggrappa a questo momento dell’anno per vedere i suoi cari è evidente che vivrà come un lutto l’impossibilità.

Chi invece al contrario si sente circondato dall’affetto capirà che è una misura d’emergenza per evitare un problema reale e serio».

Eppure gli anziani rischiano di essere i più colpiti da queste restrizioni.

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«È vero, e c’è di più, secondo un recente studio, abbiamo visto che i malati di Parkinson in isolamento sviluppano paure e stress fortissimi. In certe categorie, quando i contatti diminuiscono la salute mentale è messa duramente a rischio, penso ad esempio agli anziani nelle case di riposo.

Ma penso che comunque questo Natale ci debba aprire a riflettere sui rapporti umani. Dobbiamo cercare e trovare un modo per sentire calore e donarlo, anche se non sarà di persona. Un Natale che ci pone di fronte alla qualità dei rapporti».

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