Recovery, riforme e nomine. Tre mosse che cambieranno l’Italia mentre ci si affolla attorno a uno spritz

per mafalda conti
Autore originale del testo: Alfredo Morganti
Recovery, riforme e nomine. Tre mosse che cambieranno l’Italia mentre ci si affolla attorno a uno spritz.
Stavo leggendo un articolo di Tommaso Ciriaco su Repubblica, quando sono inciampato in questa orribile locuzione: “rumore di fondo dello scontro politico”. Il tema del pezzo è quello delle “riforme”, il nuovo mantra dopo il Recovery, accanto all’altro delle “nomine”, circa 600 (!) incarichi da assegnare presso le grandi aziende controllate o partecipate dallo Stato. Se sommate 230 miliardi di soldi pubblici, più 600 nomine, più le “riforme” di fisco, giustizia, ecc. avrete senz’altro il quadro di quale poderoso spostamento di potere ci sarà in Italia nei prossimi mesi. Potevano lasciare a Conte e a quel che rappresentava una tale “manovra” definitiva? Ma quando mai. Era da illusi sperare che non fosse così.
Ebbene, dinanzi a tutto questo popò di roba (di cui forse non c’è nemmeno consapevolezza effettiva, visto che si parla solo di coprifuoco e di open day per i vaccini), secondo Tommaso Ciriaco e la proprietà a lui restrostante, la politica sarebbe un rumore di fondo, una scocciatura, un disturbo, una disdicevole rottura di palle. In Italia, mentre le classi dirigenti fanno la rivoluzione passiva (dopo il sovversivismo che ha condotto alla cacciata di Conte), ma la politica dovrebbe, secondo Lor Signori, restarsene zitta a guardare, per non disturbare il manovratore. Lasciatemelo dire: tovo la cosa davvero inquietante.
Detto ciò, provate a immaginare le “riforme” in cantiere nel silenzio della politica. Ossia, pensate a un grande cambiamento, a una ridistribuzione pazzesca di potere (potere vero: soldi, risorse, incarichi, mica il soft power dei media), dove i soggetti che la Costituzione mette in campo per consentire ai cittadini di “concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale” sarebbero solo d’intralcio, impedendo alle classi dirigenti e al manovratore di “fare per fermare il declino”. Beh, questa prospettiva io la riterrei (la ritengo) ben peggiore della sconfitta subita con la cacciata di Conte, che fu appena il prologo di ciò che si appalesa ora.
Quest’idea che la politica sia di intralcio lascia intuire di che tenore siano le riforme alle quali si sta pensando. Se tanto mi dà tanto, l’obiettivo sarà quello di cancellare ogni rumore di fondo che ostacoli le imprese e che intervenga sui flussi di denaro pubblico, nell’intento di rendere liscio e scorrevole il canale che convoglia le risorse. Perché la crescita non vuole solo denaro pubblico, vuole anche meno “burocrazia” (cioè meno controlli). Si discute molto sui cambiamenti evetualmente indotti dal Covid nei comportamenti sociali e nell’etica collettiva. Ma pochi parlano della “rivoluzione” indotta dalla montagna di risorse che il Covid e l’UE hanno riversato sui singoli Stati, a partire dall’Italia. La discussione pubblica si sofferma sul coprifuoco, dicevo, e sul bisogno popolare di spritz. I fatti, invece, ci dicono che muteranno assetti di potere in una misura tale da segnare percettibilmente il nostro destino di uomini liberi che agiscono politicamente.
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