Regione Piemonte, un’assurda legge penalizza le scuole pubbliche

per Gabriella
Autore originale del testo: Michele Brambilla, Maurizio Tropeano
Fonte: La Stampa
PRIMA PUNTATA – 30 luglio 2014
 
Piemonte, il veto delle private che blocca le scuole pubbliche
Polemica sulla legge che limita l’apertura di nuove strutture
 
di Michele Brambilla, La Stampa
L’ultima grana è scoppiata ieri qui a Novara ma situazioni simili ci sono un po’ in tutto il Piemonte e presto la vicenda diventerà un caso nazionale. Si tratta di questo: l’anno scorso la giunta piemontese, retta dal leghista Cota, ha approvato una legge regionale sulle scuole materne che sembra capovolgere il principio di libertà di scelta.  

 In pratica la legge dice che dove esiste una scuola materna paritaria non può aprire una scuola materna pubblica; a meno che la prima non dia il permesso alla seconda. Insomma le paritarie hanno una sorta di diritto di veto sull’apertura di una concorrente pubblica sul proprio territorio.

Per spiegarci meglio con un caso concreto, partiamo appunto da Novara. Il Comune ha chiesto di aprire due nuove sezioni per le materne statali all’interno della scuola Don Ponzetto, nel quartiere Sant’Agabio. Dove però ci sono altre scuole materne, tra cui la Regina Pacis di via Giannoni, un istituto paritario. E in base alla legge regionale del 2013 la Regina Pacis – attraverso la Fism, la federazione delle scuole materne cattoliche – ha espresso parere contrario, che è vincolante.

 Guerra ideologica? No, l’ideologia non c’entra. Non è neppure un problema di integrazione: «Gli stranieri, tra i nostri bambini, sono il 37 per cento, molti sono musulmani e non hanno mai avuto problemi, anzi», dice Alberto Bertola, un volontario che si occupa dell’amministrazione della Regina Pacis. È piuttosto una questione di sopravvivenza: «Non abbiamo niente in contrario a una nuova sezione statale – dice ancora Bertola -: ma due sono troppe. Ci ritroveremmo con meno bambini e dovremmo licenziare il nostro personale».

 Comprensibile. Ma c’è un altro problema. Alla Regina Pacis si paga una retta di cento euro al mese, più 4,60 di mensa quotidiana. È vero che spesso le suore e alcuni genitori aiutano i meno abbienti: ma la retta c’è. Nelle materne statali e comunali, invece, si paga solo il pasto. «Sant’Agabio – dice Margherita Patti, Pd, assessore comunale all’Istruzione – è un quartiere popolare e non tutti possono permettersi di pagare la retta. E comunque è importante che in ogni zona della città ognuno abbia la possibilità di scegliere».

 A Bibiana, nel Torinese, la faccenda è ancora più complessa. Perché il Comune non vorrebbe aprire nuove sezioni, bensì una scuola intera, nuova di zecca, costata quasi un milione e mezzo di denaro pubblico. È lì, pronta per essere inaugurata. Ma Bibiana, che ha meno di cento bambini, ha sempre avuto una sola materna: quella gestita dalla parrocchia. E la Fism ha esercitato il suo diritto di veto sull’apertura della nuova materna pubblica, mandando in crisi anche don Ermanno Martini, parroco di Bibiana da 47 anni, che da una parte non vuole passare per censore, dall’altra è preoccupato per i posti di lavoro della sua materna parrocchiale, che subirebbe la concorrenza. Altri casi del genere ci sono a Villanova Canavese, a Torino in via Thures, a Venaria, a Bagnolo Piemonte, a San Damiano d’Asti.

 Ma com’è possibile che sia passata una legge così, che non ha eguali in tutta Italia? Uno dei suoi padri, l’ex assessore Giampiero Leo (allora Pdl, oggi Nuovo Centro Destra) spiega innanzitutto che il diritto di veto è reciproco: «La norma non impedisce solo la presenza di asili statali nel caso in cui siano presenti sul territorio altri parificati capaci di soddisfare la domanda, ma anche il contrario», ha dichiarato ieri a «La Stampa». E poi vuole chiarire che si tratta di un provvedimento pensato per razionalizzare i costi. Infatti, le scuole paritarie costano alla pubblica amministrazione meno di quanto costino quelle pubbliche; e dove non ci sono molti bambini, si cerca di evitare due scuole mezze vuote.

 Tuttavia – anche se è vero che non stiamo parlando di scuola dell’obbligo – la norma pare violare due diritti evidenti. Il primo è appunto legato alla retta: non si può imporre a tutti di pagarla. Il secondo riguarda proprio quella libertà di scelta sempre invocato dai difensori della scuola non statale.

 Infatti, che cosa dicono ad esempio i cattolici (e non solo i cattolici)? Che un genitore non deve essere obbligato a mandare i propri figli nella scuola pubblica. Ma con la legge regionale dell’anno scorso succederà che in alcune parti del Piemonte i genitori saranno costretti, al contrario, a mandare i propri bambini in una scuola privata.

 Insomma un gran pasticcio, che come dicevamo all’inizio difficilmente resterà all’interno dei confini del Piemonte. «A mio parere – dice ancora l’assessore di Novara Margherita Patti – è una legge che rasenta l’incostituzionalità. È vero che le paritarie sono un’offerta indispensabile, perché Comuni e Stato non potrebbero garantire così tanti posti per le materne. Però è vero anche che non possono essere un’offerta vincolante».

SECONDA PUNTATA – 01 agosto 2014

Retromarcia sulle paritarie “Il Piemonte cambierà legge”
Ma sul privilegio alle private il Pd è spaccato, si partirà l’anno prossimo
Attacco del sindacato Cub: norma incostituzionale, ma la Regione smentisce
In Piemonte sei scuole non possono aprire perché una norma consente alle private di bloccarle
 di Maurizio Tropeano, La Stampa
 

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Un veto intollerabile. E così a settembre il Piemonte guidato da Sergio Chiamparino cancellerà quelle norme, volute dal centrodestra, che consegnano alle scuole paritarie la decisione sull’apertura o meno di una scuola materna statale come sta succedendo a Bibiana. Il presidente della Regione non entra nel merito della discussione ma segue da vicino l’evoluzione di un tema così delicato – il Pd subalpino è diviso sulla questione e anche per questo si procederà con tutte le cautele del caso – ma dà piena fiducia all’assessore all’Istruzione «con cui abbiamo deciso insieme tutte le mosse da fare». E Gianna Pentenero, alle prese con l’ultima mediazione per cercare di risolvere i cinque casi ancora aperti, ha annunciato la svolta: «Cambieremo quelle norme alla luce delle difficoltà emerse quest’anno e tenendo conto della complessità della situazione».

 La revisione sarà fatta senza intenti punitivi nei confronti delle paritarie che non «saranno uccise» come denuncia Forza Italia: «Faremo una norma ragionevole e sostenibile». La revisione sarà operativa solo a partire dall’anno prossimo e dunque per i cinque casi aperti si dovrà tener conto della vecchia programmazione. Impossibile cambiare in corso d’opera anche perché una prima verifica effettuata dagli uffici regionali avrebbe confermato che non esisterebbe una situazione di incostituzionalità. Tesi invece sostenuta dal sindacato Cub, che ieri ha manifestato sotto la Regione, ma anche dal capogruppo di Sel in Consiglio regionale. Per Marco Grimaldi «nei fatti si limita la scelta delle famiglie alla sola scuola confessionale cattolica».

 Dunque l’assessore può solo cercare di mediare. E qualcosa si è mosso. Dei cinque casi aperti due hanno trovato soluzione. A Torino gli uffici hanno verificato che l’apertura di una sezione statale non avrebbe portato alla chiusura di una convenzionata. A Novara la Fism ha dato il via libera all’apertura di una sezione mentre per la seconda serve un intervento del Comune. Restano da risolvere tre casi. Per San Damiano d’Asti e Villanova le possibilità di apertura sono al 50% mentre per Bibiana la situazione è in fase di risoluzione. Il sindaco ha convocato la giunta per illustrare ipotesi che permettano di aprire la scuola statale salvaguardando i posti di lavoro. La palla adesso è in mano alla Fism anche se l’urgenza della decisione è saltata: l’ufficio scolastico regionale ha concesso all’assessorato una deroga alla comunicazione per la composizione delle sezioni e la richiesta dei docenti. La lista potrà essere consegnata lunedì e non questa mattina.

 Le cautele dell’assessore sono legate anche ai problemi interni al centrosinistra. Nei giorni scorsi una mozione urgente presentata da Sel per chiedere la modifica della legge è stata sottoscritta da undici consiglieri democratici su 25 e dagli alleati di Scelta Civica e Moderati.  

Il capogruppo e segretario regionale, Davide Gariglio, da sempre vicino al mondo delle scuole cattoliche, non l’ha firmata. Pentenero potrebbe trovare una sponda nel M5S: «Auspichiamo che alle parole dell’assessore seguano celeri interventi legislativi e che gli stessi non siano ostacolati dalle correnti “centriste” del Pd».  

 Il centrodestra, invece, che quella norma ha voluto, la difende a spada tratta. Lo fa la Lega Nord e anche Forza Italia: «Le scuole paritarie sono pubbliche, con la differenza che il personale non è messo a disposizione dallo Stato ma dall’istituto scolastico. Lo Stato spende 600 euro per studente nella paritaria, 6 mila in quella statale. Per questo crediamo che la norma sia giusta: cambiarla ucciderebbe le paritarie, che già oggi stanno male».

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