Fonte: facebook
Stefano Delrio 28 ottobre 2014
Indubbiamente quello appena trascorso è stato un fine settimana ricco di avvenimenti: la CGIL porta un milione e mezzo di pesone in piazza contro la legge delega sul lavoro, il Segretario del Pd organizza l’annuale raduno della sua corrente alla Leopolda, quasi a voler dimostrare che al popolo della piazza, lui risponde con il suo popolo, fatto di fedelissimi, finanzieri e imprenditori.
Evidentemente le due anime del Pd non sono mai state così distanti; e badate bene, non parliamo delle due anime tradizionali e fondative del partito (eredi del Pci e Cristiano-popolari), bensì della cosidetta “vecchia guardia” e dei fedelissimi del Premier-Segretario; Ormai completamente schiacciati su posizioni politico-economiche da far impallidire la destra europea.
Il campionario è vasto; si va dal Finanziere multimilionario David Serra che chiede di limitare pesantemente il diritto di sciopero dei dipendenti pubblici, al ministro Maria Elena Boschi che lamenta l’intralcio del parlamento sulla strada delle riforme, per finire con le dichiarazioni di Renzi, che chiarisce che nessuna piazza potrà bloccare la sua voglia di rinnovamento.
Dichiarazioni che puzzano di fascismo e di scarsa cultura politico-istituzionale, che per vent’anni abbiamo sentito uscire dalla bocca del Cavaliere, non certo dal segretario del primo partito di centro-sinistra.
E’ chiaro che i due eventi paralleli pongono diversi interrogativi: tra tutti ne vorrei proporre due: se il Pd sia ancora un partito servibile per chi non si riconosce nella linea del segretario, e quale rappresentanza dare al milione e mezzo di lavoratori che Sabato sono scesi in piazza con la CGIL.
Al primo interrogativo mi pare abbia risposto direttamente il Premier tra domenica e lunedì: con l’intervento di chiusura della Leopolda, in cui ha tuonato che allla “vecchia guardia”, quella del 25%, non sarà permesso di riprendersi il partito, e con l’incontro farsa di ieri tra i suoi ministri e le parti sociali; ministri che non avevano alcuna delega a trattare e, aggiungerei, nessuna intenzione di ascoltare i Segretari Confederali.
Quindi direi che la risposta è un no; il Pd non è più un partito “servibile”.
Pare che a questo punto il copione del premier preveda la scissione, auspicata tra l’altro da una parte consistente del Partito e da tutti quei militanti che il Partito l’hanno abbandonato.
Questo ci porta al secondo interrogativo.
La tentazione di cercare un’altra strada è forte, inutile negarlo. Quello che non è chiaro è quale sia la strada.
E’ evidente che vent’anni di appiattimento su valori che nulla hanno a che vedere con la nostra tradizione (vocazione maggioritaria, leaderismo, rifiuto della mediazione e moralismo giustizialista) ci mettono nella condizione di ripartire da zero. D’altra parte la velocità con cui la situazione economica e sociale sta precipitando, imporrebbe scelte e azioni immediate.
Da più parti si sente dire che finalmente si è creato lo spazio per un nuovo soggetto politico a sinistra del Pd. Io credo che quest’affermazione sia sbagliata. Lo spazio disponibile sarebbe quello per una ri-aggregazione delle forze a sinistra del Pd, ma questa ri-aggregazione necessita di condizioni che al momento non ci sono. Innanzitutto le forze a sinistra del Pd dovrebbero smettere di stare alla finestra a godersi lo spettacolo del partito che si spacca e capire che siamo di fronte ad un problema di tutti, non solo dei militanti e dei dirigenti di quel partito. In secondo luogo occorre un riconoscimento reciproco. Un riavvicinamento è possibile solo se da entrambe le parti ci si riconosce come interlocutori. Ci sono stati errori macroscopici e sono equamente distribuiti tra le parti in causa.
Sel Pd è stato, già nelle premesse del Lingotto, un esperimento fallimentare, gli esperimenti alla sua sinistra (Dalla sinistra Arcobaleno alla Lista Tzipras, passando per le Liste Ingroia) non sono stati da meno. Chi continua a stare dentro il Pd e sta dimostrando nei fatti di poter essere un interlocutore (Cofferati che vota contro la commissione Juncker, Fassina che cerca di dare battaglia in parlamento, Cuperlo che prova a rimettere insieme le truppe etc.) deve essere riconosciuto come tale; allo stesso modo è necessario che queste personalità cerchino una sponda nelle altre forze su temi chiave. Sulla legge delega, sulla legge elettorale e sulla riforma del Senato è assolutamente indispensabile dare battaglia, cercando una convergenza più ampia possibile. Con Sel, con il mondo del lavoro e con tutti coloro che avvertono come problemi non più rimandabili il restringimento degli spazi di democrazia e l’attacco frontale al mondo del lavoro. D’altra parte è necessario superare il settarismo e il purismo che hanno caratterizzato alcune forze (PRC su tutte) e l’insofferenza verso forme di organizzazione strutturata che sono state invece il peccato originale di formazioni come Sel.
La scorciatoia del leader evidentemente non funziona. In un momento in cui c’è bisogno di ripartire dalla rappresentanza non possiamo pensare di risolvere tutto scegliendo la figurina mettere in testa alla scheda elettorale. Quindi dimentichiamoci di Landini e lasciamolo a fare il suo mestiere. Mettiamoci in testa che abbiamo bisogno di una generazione di dirigenti che sappiano stare nel conflitto. Il momento del conflitto è questo, quale occasione migliore per formarli e per formarci?
Partiamo dal presupposto che nessuno ha la verità in tasca. La verità va costruita nel confronto. E il confronto va costruito nei territori, che sono ormai un deserto di rappresentanza.
Ritroviamo la forza di parlare a quelle parti di società che hanno sviluppato una sorta di allergia alla politica, perchè la politica ha lasciato gli individui soli di fronte al proprio destino.
Si riscostruisce insieme o non si ricostruisce nulla.
2 commenti
E’ vero, bisogna spogliarsi dal settarismo e dal purismo per trovare punti di convergenza , partendo dai territori , per costruire una nuova politica che avvicini i cittadini e non li allontani . Puntare sulla dignità, sulla moralità e sui diritti umani , rileggere ed affermare i principi fondamentali della nostra Carta Costituzione ci permetterebbe di superare certi errori , che hanno disperso milioni di voti che votavano a sinistra. E’ possibile , basta volerlo con la passione e la voglia per contrastare le scelte di destra che il PD di Renzi sta attuando e vuole portare avanti.
Se ci fosse un programma essenziale e condiviso si eviterebbero conflittualitá inutili e si avrebbero obiettivi comuni, nella sostanza sono d’accordo con il commento di Antonino