Fonte: Limes
Le città sono belle perché appaiono lentamente nel tempo. Sono create dal tempo, impiegano cinquecento anni per nascere, dice Renzo Piano. Ci vogliono però pochi minuti per distruggerle. Accanto ai crimini di genocidio ed ecocidio commessi dalla Russia sul suolo ucraino, assistiamo a una sorta di «urbanicidio»: i militari russi non distruggono solo edifici e infrastrutture, ma anche diverse dimensioni della memoria storica, espressioni di vita quotidina, speranze per il futuro. Il tutto su ordine del Cremlino e con il tripudio della popolazione russa.
Le stime delle istituzioni internazionali al dicembre 2023 parlano di 210 mila edifici distrutti, tra cui quasi 2 mila sedi culturali e più di 900 tra scuole, ospedali e chiese. Secondo quanto indicato dalla Banca mondiale, la cifra per la ricostruzione arriva quasi a 500 miliardi di dollari da spendere nell’arco di 10 anni 1. Non fa ancora parte di questi calcoli la distruzione di più della metà del sistema energetico ucraino effettuata in modo massiccio nella primavera del 2024.
La Russia sta vivendo oggi una fase particolarmente acuta della decomposizione del suo «corpo imperialistico». Ormai è evidente: non c’è più nessun paese dell’Est europeo, e quindi nessun paese slavo (la Bielorussia fagocitata non fa testo) intenzionato a rimanere nell’orbita di Mosca. Dal punto di vista di questi paesi, condiviso anche dall’Ucraina, uscire dalla sfera d’influenza russa significa libertà, benessere, normalità. L’idea di una libera scelta costituisce invece una categoria completamente estranea alla mentalità russa. Questa condizione si presta soltanto a un paragone brutale, quello del violentatore. Basti ricordare che l’8 febbraio 2022, durante una conferenza stampa con Emmanuel Macron, il presidente russo ha citato – gustandosi l’effetto delle sue parole – una macabra e volgare filastrocca russa, in cui l’eroe promette di violentare a volontà il cadavere della sua bella 2. L’attonita faccia del presidente francese illustra perfettamente un’Europa sgomenta che forse solo adesso ha cominciato a comprendere quanto miope sia stata la sua politica verso la Russia nei decenni passati, scoprendo l’abisso mentale e morale tra il mondo democratico e il «Mondo Russo».
La furia devastatrice scatenata da Mosca sul suolo ucraino riflette un odio plurisecolare verso l’Europa, verso l’Occidente. Oggi vediamo però un crescendo di questo odio. Un sinistro paradosso: per certi versi l’Urss post-staliniana aveva con l’Occidente un rapporto migliore rispetto alla Russia odierna. Nel primo caso, esisteva una sorta di gioco delle parti (l’Urss che mostrava all’Occidente una «vera democrazia»). Oggi è scontro aperto, frontale: abbattiamo l’Ucraina e dopo distruggiamo voi. Ma possiamo accontentarci dell’Ucraina se voi cessate gli aiuti. E dopo, sulle rovine fumanti e in mezzo ai cadaveri, amici come prima.
In altre parole, la ricostruzione dell’Ucraina costituisce un progetto pluridimensionale in cui si scontrano gli antagonisti di sempre: Est e Ovest, passato e futuro, morte e vita. La Russia semina morte e nega all’Ucraina il diritto di avere un avvenire. L’Occidente supporta l’Ucraina e prepara la sua rinascita. In questo senso, quando parliamo di ricostruzione dell’Ucraina, si tratta di un progetto di architettura non solo estetica, ma in primis etica.
Cotoletta alla Kyiv, o il disprezzo della Russia per l’Occidente
La fotografia di un medico con la tuta insanguinata l’8 luglio 2024, nel mezzo di un’operazione chirurgica durante l’attacco missilistico al più grande ospedale pediatrico ucraino, ha fatto il giro del mondo. L’onda d’urto ha buttato il chirurgo e l’anestesiologo contro il muro, rompendo il ventilatore polmonare. I medici riescono ad alzarsi, a stabilizzare la bambina e ad assicurare il suo trasporto in un altro ospedale. Usciti dall’ospedale, la scena che si apre davanti ai loro occhi è devastante: madri con bambini oncologici sotto flebo in mezzo alle rovine. Madri felici perché i loro figli sono vivi. Accanto un’altra figura: una donna immobile chinata su un corpo coperto di nero.
Il giorno dopo l’attacco, la Russia assume la presidenza del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Offre un pranzo speciale. Nel menu c’è la «cotoletta alla Kyiv». Un cinico scherno. Un macabro paradosso: il Consiglio di Sicurezza di una istituzione mondiale è presieduto dal paese aggressore che ha diritto di veto contro qualsiasi mozione atta a difendere il paese attaccato. Poche ore dopo questo sinistro convivio Dmitrij Medvedev, vicepresidente del Consiglio di sicurezza della Federazione Russa ed ex presidente (accolto a sua volta con plauso dall’Occidente come un riformatore liberale), dichiara che tutta l’Ucraina sarà occupata e annientata, fino all’ultimo essere umano, insieme ai paesi della Nato 3. L’Occidente non reagisce.
L’attacco contro il più importante ospedale pediatrico ucraino è il più recente, ma sicuramente non l’ultimo degli interminabili massacri da parte dei russi. Va menzionata qui la decapitazione di prigionieri ucraini secondo una tattica già propagata dal terrorismo islamico 4. Questi massacri contengono un messaggio chiaro, rivolto all’Occidente: la Russia può permettersi di commettere qualsiasi scempio, qualsiasi azione disumana ed estrema, mostrando l’impotenza dei paesi occidentali, la futilità delle loro regole e la debolezza delle loro istituzioni internazionali. In breve, Mosca vuole mostrare che tutte le promesse dell’Occidente sono nient’altro che carta straccia. Vuole ridicolizzare tutte le leggi di cui si vantano gli occidentali: non sono nulla di fronte alla forza bruta. Il divieto di attacchi contro persone e obiettivi civili durante una guerra, il divieto di tortura e uccisione dei prigionieri di guerra – tutte queste «convenzioni di Ginevra» possono essere violate facilmente senza conseguenze di sorta. La guerra russa in Ucraina ha svelato l’impotenza di istituzioni quali la Croce Rossa, Amnesty International, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Iaea), incapaci di sollevare la propria voce, neanche in difesa dei bambini. Talvolta queste istituzioni vengono accusate di essere addirittura complici dell’aggressore 5. Va steso, poi, un pietoso velo di silenzio su certe dichiarazioni del Vaticano sulla «pace» da raggiungere a costo della vittima dell’aggressione 6. Per cui, prima di parlare della scelta di stili architettonici, dobbiamo essere consapevoli che l’architettura della sicurezza post-bellica mondiale è già miseramente crollata.
Certo, si potrebbe dire che più di 50 paesi appartenenti al mondo civilizzato si sono schierati a fianco dell’Ucraina. Sappiamo bene però che il supporto non è stato sempre coerente e continua a presentare diverse incertezze. L’Occidente consegna armi a Kyiv, ma fingerà fino all’ultimo di non essere coinvolto nella guerra. Persino strenui difensori dell’Ucraina come Stoltenberg ripetono quasi con disperazione che la guerra non deve oltrepassare i confini ucraini 7. Nel frattempo, la Russia è riuscita a consolidare il cosiddetto Asse del Male, cooperando con successo con Cina, Iran e Corea del Nord.
Tra l’altro e non a caso, alla vigilia della guerra in Russia è stata dichiarata la supremazia della costituzione russa sulla legge internazionale. Con questo Mosca ha creato un perfetto precedente per altri reali o potenziali aggressori, mostrando che aggirare le leggi internazionali è un gioco da ragazzi.
Questa posizione ha una lunga storia. Per tre decenni dopo il crollo dell’Urss la Russia ha studiato l’Occidente, cercando di stabilire la portata della sua corruttibilità, del suo cinismo accompagnato da una certa naïveté, e – last but not least – della sua generale ignoranza nei confronti dell’Est europeo. Ha potuto constatare con soddisfazione che tutti questi elementi erano ben presenti. Nei fiumi del denaro sporco proveniente dalla Russia hanno sguazzato non pochi politici europei. Va ricordata la scenetta tragicomica in cui la segretaria di Stato americana Hillary Clinton e il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov fecero il reset del rapporto tra gli Usa e la Russia. Con falsi sorrisi di circostanza, i due statisti schiacciarono insieme il bottone rosso, ironicamente maltradotto (peregruzka significa «sovraccarico», non «ripristino»), riflesso di un lost in translation ben più profondo.
Prima di arrivare al caso ucraino, ci sono state già altre «prove di coraggio» per l’Occidente. Tutte fallite: due guerre in Cecenia, la guerra contro la Georgia. In tutti questi casi, l’Occidente non ha potuto che esprimere una «preoccupazione» (oppure al massimo una «forte preoccupazione»), cercando in tutti i modi di non compromettere i rapporti con la Russia. Romano Prodi è stato sempre un maestro in questo mestiere. Sullo sfondo dell’assassinio di Anna Politkovskaja e dei massacri del popolo ceceno si limitava a parlare in astratto di «diritti umani». Di contro, si levava indignata la voce di André Glucksmann che esortava Prodi a smettere di «genuflettersi all’autocrate» 8. Il presidente francese Jacques Chirac ha insignito Putin della Legion d’Onore una settimana dopo l’assassinio della Politkovskaja sullo sfondo della città di Groznyj, capitale cecena, rasa al suolo per ben due volte. Glucksmann sottolineava questa fascinazione inconscia delle democrazie verso i poteri forti – Stalin e Mao, ma anche Putin – avvertendo: «Stiamo accettando che ai confini dell’Unione nasca una potenza senza controllo. Assistiamo all’edificazione di un impero dotato di fonti energetiche e della seconda forza nucleare del mondo. La nostra paura è una condanna per i nostri figli». Quando l’Europa dimentica di essere nata dalla lotta per la libertà, diceva il filosofo, «le conseguenze sono sempre catastrofiche» 9.
Proiettando questo discorso nell’ambito accademico, si potrebbe ricordare che in molti casi in Occidente sono state riprodotte narrazioni ideologiche russe e intraprese collaborazioni a dir poco incomprensibili. È stato clamoroso il conferimento di una honorary fellowship a Vladimir Medinskij, ministro della Cultura della Federazione Russa, da parte dell’Università Ca’ Foscari, onorificenza data a uno storico putinista noto per le sue idee sulla supremazia della Russia sull’Occidente «degenerato». Il titolo è stato revocato solo dopo l’invasione della Russia in Ucraina, nella quale le idee di Medinskij hanno avuto un ruolo notevole 10. A questo punto non ci sarebbe neanche da meravigliarsi che certi manuali scolastici italiani contengano espliciti elementi della propaganza russa inserendo nella zona di dominio russo non solo l’Ucraina, ma anche i paesi baltici 11.
Detto questo, aveva sicuramente ragione Glucksmann affermando che l’Occidente stesso ha contribuito alla nascita di una potenza fuori controllo sui confini dell’Ue. Eppure, la prossimità a una guerra disastrosa lo ha costretto a rivalutare la sua posizione. Ha ragione il filosofo ucraino Kostjantyn Sigov: «Per capire l’Europa, bisogna capire l’Ucraina» 12.
Quanto detto sopra ha grande rilevanza per il progetto di ricostruzione. Quale Ucraina ricostruiamo? Quale Ucraina è stata persa e quale deve essere salvata e/o ripristinata? Quale risultato attendiamo dall’Occidente e a favore dell’Occidente stesso in questo processo?
Il medioevo russo che non passa
Nei territori che l’Ucraina ha recuperato si trovano frequentemente due scritte antitetiche: «Siamo un unico popolo» (odin narod) e «Morte all’Ucraina» (smert’ Ukraine). Questa contraddizione di fondo nella logica russa è di lunga data. Se i russi e gli ucraini sono un «unico popolo» perché mai bisogna uccidere gli ucraini? Se, poi, si esorta a uccidere gli ucraini, sicuramente sono un popolo diverso.
Prima della guerra l’Ucraina si avviava verso nuovi orizzonti, sempre più lontani dall’eredità sovietica. I trent’anni dell’indipendenza sono stati turbolenti, ma alla fine la strada verso l’Europa è diventata una scelta definitiva nella società. La Russia invece non ha trovato il suo equilibrio. Negli anni, il suo rapporto con l’Occidente è diventato sempre più aspro e conflittuale, carico di minacce violente e di accuse ideologiche a dir poco surreali.
I cittadini europei e americani possiedono due caratteristiche che la mente russa rifiuta. Sul piano culturale, le società occidentali hanno adottato un modello inter- e transculturale basato sull’inalienabile scelta libera della persona. Sul piano politico, l’Occidente ha sviluppato un sistema basato sulla divisione e sul controllo del potere da parte della società. Le idee della diversità e della limitazione del potere non sono presenti nella mentalità culturale e politica russa. Il Cremlino ha consolidato un regime autocratico che mette lo Stato al di sopra degli individui e impone a tutti i popoli considerati parte della sfera d’influenza russa – il cosiddetto Russkij Mir – l’imperativo assoluto di chiamarsi e sentirsi russi 13. Nel clima odierno di nazionalismo e bellicismo in Russia, l’alterità viene odiata, disprezzata, umiliata.
In altre parole, siamo di fronte ad uno scontro tra due modelli che si è concentrato in Ucraina. I vecchi paradigmi sono tutti presenti. Al momento dell’arrivo al potere di Putin, se ne è accorto con chiarezza lo storico russo d’opposizione Jurij Afanas’ev nel suo profetico libro Russia pericolosa. Le tradizioni dell’autocrazia oggi, scrivendo che la Russia andava verso l’«agonia autocratica» essendo sempre più fagocitata dai modelli orientali del potere, per cui l’unica salvezza del paese sarebbe stata «l’europeizzazione dell’asiatismo russo» 14. In questi decenni invece è avvenuta una «orientalizzazione» sempre più profonda della Russia. Non a caso l’eurasismo (attualmente chiamato neo-eurasismo) è tornato a dominare nei paradigmi ideologici russi, con tanto di culto di Gengis Khan, della Steppa versus il Mare, del dominio mondiale della Russia chiamata ad abbattere la «potenza talassocratica euroatlantica», culto che legittima una totale violazione dei diritti dei popoli nel mirino del potere dittatoriale 15.
Di nuovo, quando parliamo della ricostruzione parliamo anche dello spazio, reale e immaginario. La Russia non ha saputo crollare «bene» come gli imperi europei. Insistendo sulla sua dimensione imperiale, ha trovato l’àncora della sua salvezza identitaria nelle dimensioni labili dell’impero mongolo medievale che si espande disegnando i confini a suon d’armi. Esattamente come è successo nell’annus orribilis 1240, quando Batu Khan, il nipote di Temüjin, ha devastato Kyiv. Nel contempo l’Orda d’Oro ha sottomesso Mosca e le terre della futura Russia per quasi 250 anni, dando l’impronta di centralismo e verticismo a tutte le pratiche politiche russe, sempre e comunque repressive. Mentre Kyiv, dopo cent’anni di inedia dovuta alla devastazione perpetrata dai mongoli, è entrata a far parte del Granducato di Lituania e poi della Confederazione polacco-lituana, sviluppando una tradizione politica di stampo repubblicano e una cultura estremamente variegata e polimorfica, ma tenacemente radicata nel proprio terreno e nelle proprie tradizioni. I tempi storici inesorabilmente tornano. Gli attori sono sempre gli stessi. Vilnius, Kyiv, Varsavia, Mosca… Solo che il Gengis Khan di oggi brandisce l’atomica.
Ucraina europea: dal cimitero al cantiere
«Le vostre città saranno così come sarete voi», dice Ruth Shagemann, presidente del Consiglio degli architetti d’Europa e di Ureherit – Architects for heritage in Ukraine: recreating identity and memory, associazione fondata dall’Unione degli architetti lituani. Shagemann è convinta che «i valori per i quali gli ucraini stanno combattendo saranno riflessi nell’architettura» 16.
In effetti, la questione dei valori è centrale in questa guerra. E così diventa centrale anche per la ricostruzione. Si prendono spunti dalla storia di Guernica e Rotterdam, di Varsavia e Coventry. A queste città martiri si aggiungono oggi Mariupol’ e Bakhmut, oltre a una lunga lista di cittadine rase al suolo: Moščun, Izjum, Mar’jinka, Rubižne, Soledar, Popasna, Kup’jans’k, Avdijivka, Vovčans’k… Nelle zone occupate («liberate» nel lessico russo), città e cittadine, una volta tranquille e fiorenti, sono diventate cumuli di macerie mescolate con ossa umane. Insomma, ovunque passino, i soldati russi lasciano zone inabitate e invivibili. Questa guerra ha afflitto ogni sfera della vita in Ucraina. La Russia ha attaccato assetti urbanistici e rurali 17, il settore energetico e quello dei trasporti, impianti idroelettrici, ponti, il sistema sanitario e dell’istruzione, e la cultura, con musei devastati e saccheggiati, monumenti abbattuti, biblioteche diventate roghi dei libri ucraini.
Tante novità si prospettano nel settore abitativo. Ormai bisogna pensare a nuovi tipi di costruzione che contengano rifugi, come in Israele 18. In altre parole, i russi distruggono deliberatamente l’habitat di intere generazioni, i loro spazi di vita e di memoria, la pianificazione del futuro, cioè qualsivoglia dimensione umana. In questo senso, la ricostruzione introduce un nuovo concetto di vita e di storia.
Ciò che accomuna le diverse discussioni e proposte riguardo la ricostruzione è il ripensamento dello spazio culturale ucraino. Alcuni architetti avanzano l’ipotesi che una modernizzazione sfrenata potrebbe aiutare a superare la memoria traumatica del passato. Altri insistono sull’importanza di conservare la memoria di questi drammatici anni, integrando le tracce dell’orrore vissuto come una sorta di monito nella cornice architettonica del futuro. Si studia a fondo anche l’architettura ucraina, le sue varie tradizioni dal medioevo a oggi per arrivare a una sintesi efficace.
Eppure, ogni progetto carico delle migliori intenzioni deve comunque misurarsi con la realtà. Norman Foster, uno dei creatori dell’architettura high tech, vede per esempio il futuro di Kharkiv – che con le sue 29 università (quasi tutte ormai distrutte) è uno dei centri scientifici ucraini più prestigiosi – come uno spazio di grattacieli di vetro e di acciaio. Questa visione non tiene conto del fatto che a una settantina di chilometri c’è la Russia con missili e Fab-3000, bombe di tre tonnellate, intenta a martellare la seconda città dell’Ucraina allo scopo di renderla una «zona grigia» inabitabile.
Questi sono gli aspetti visibili, per modo di dire. Più complesso è il fattore identitario, quindi anche il ricollocamento del paese nelle nuove coordinate in base al ripensamento della propria storia e al recupero dei suoi legami storici con l’Europa. Nei secoli la cultura ucraina, specialmente per quanto riguarda il suo rapporto con l’Europa, è stata proibita, emarginata, deformata da vari interventi censori e repressivi da parte della Russia. Rivelare queste problematiche è un compito comune a studiosi sia ucraini sia europei. Questo compito costituirebbe un’opportunità unica per vari esperti europei di conoscere più approfonditamente questo spazio della propria civiltà nell’Est del continente.
Lo scontro politico tra Russia e Occidente sul territorio dell’Ucraina si proietta quindi nella sfera culturale. Di conseguenza riguarda anche i futuri piani di ricostruzione. L’Ucraina si sta liberando rapidamente dei modelli russi omologanti, rafforzando nel contempo quelli europei basati sulla pluralità e diversificazione.
Nel corso della sua storia, la Russia ha sempre adoperato un metodo di omologazione culturale in tutti i paesi sotto il suo dominio. Prima dell’inizio della guerra, lo spazio culturale e fisico ucraino era ricoperto di monumenti, strade e istituzioni legati alla Russia. Per decenni, pur avendo abbandonato il giogo sovietico con l’indipendenza, l’Ucraina non era mai riuscita a sbarazzarsi del tutto dell’eredità coloniale russa e sovietica. L’aggressione su larga scala ha accelerato questo processo, sicché su tutto il territorio dell’Ucraina – anche nell’Est, storicamente più russificato e di conseguenza più sovietizzato – oggi domina un totale rifiuto psicologico di ogni traccia non solo dell’ideologia ma anche della cultura russa, sentita appunto come fonte di idee di dominio e di violenza. Il processo era iniziato già nel 2013-2014: cadevano le statue di Lenin, una dopo l’altra 19. Oggi si pensi a Odessa – città tradizionalmente russofona ma attraversata da tante culture, ucraina, russa, ebraica, greca, italiana, francese – città che per mesi ha vissuto l’assedio delle navi russe e da anni continua a subire attacchi missilistici. Nel 2023 i cittadini di Odessa hanno richiesto alle autorità locali di rimuovere la statua dell’imperatrice Caterina II, epitome dell’imperialismo russo sentito ormai come obsoleto, volgare, noioso. Il monumento di un altro ex idolo dell’impero – il generale Suvorov, massacratore di Varsavia nel 1794 – le ha fatto compagnia 20.
Ora la stessa sorte tocca ai monumenti del poeta russo Aleksandr Puškin. Verso la fine del primo anno di guerra – nel 2022 – sono stati demoliti 28 monumenti al poeta. Inoltre, sono state drasticamente rinominate centinaia di strade (400 per l’esattezza!) in varie città ucraine, nell’Est e nell’Ovest del paese, che portavano il suo nome 21. Ci troviamo di fronte a un vero spartiacque storico che riflette una nuova fase nel rapporto tra Ucraina e Russia. Questo processo non va confuso in nessun modo con le pratiche della cancel culture per una semplice ragione: tutte queste tracce della cultura russa sono state frutto dell’imposizione di modelli imperiali e/o sovietici, avvenuta sempre e comunque sullo sfondo di una violenta non accettazione dell’alterità culturale ucraina. Per cui oggi si potrebbe dire che la Russia stessa ha costretto l’Ucraina a rigettare l’eredità russa e a rafforzare il suo legame storico con la civiltà europea.
In effetti, l’Ucraina rappresenta una moltitudine di tratti culturali che rievocano la presenza dell’eredità europea in varie fasi storiche. L’Ucraina centrale e occidentale, l’Ucraina orientale, meridionale, settentrionale esprimono vari volti culturali del paese. E la Russia ha dimostrato di volerli deturpare. L’Ucraina occidentale è stata integrata nelle dinamiche culturali e politiche della Confederazione polacco-lituana e dell’Austria asburgica, condividendo quindi importantissime fasi nella formazione della democrazia moderna. Leopoli, città carismatica, centro della Galizia, gestisce bene l’eredità polacca, ebraica, austriaca, italiana, tedesca, armena. C’è, poi, una parte dell’Ucraina occidentale, Bucovina con al centro Černivci, con chiare radici rumene, e l’altra, con al centro Užhorod, con radici ungheresi 22. Anche la cultura ebraica è indissolubilmente legata alla cultura ucraina. Basti dire che il chassidimo è nato in Ucraina e che qui ha due centri importanti, in Podolia (Ucraina occidentale) e a Čornobyl’ (Ucraina centro-settentrionale).
Oppure prendiamo il Sud dell’Ucraina, che rappresenta un frammento affascinante della storia antica greca. Grazie alle poleis greche sul litorale del Mar Nero-Ponto Eusino, le terre della futura Ucraina all’epoca abitate da sciti stanziali, si aprivano alla cultura antica greca ed ellenica. Non a caso l’Ucraina viene chiamata «segmento settentrionale della civiltà mediterranea» (Jevhen Malanjuk). La Crimea, poi, è la patria dei tatari, ma prima della storia del khanato tataro (1441-1783) è stata un vivace crogiolo delle culture greca, scitica, bizantina, veneziana, genovese…
Quindi l’Ucraina non ha mai dovuto davvero aprire una «finestra sull’Europa» come la Russia di Pietro I, essendo già stata permeata da diverse interazioni culturali con essa nel corso dei secoli. In effetti, una delle ragioni della sua europeicità sta nel carattere particolare dell’ortodossia (radicalmente diversa da quella russa), un’ortodossia non politicizzata e quindi capace di sentirsi come una delle anime del cristianesimo europeo. Avendo nella sua storia religiosa una pluralità di chiese, e in particolare una sintesi cristiana come la chiesa greco-cattolica, l’Ucraina abbraccia sia la tradizione di Costantinopoli sia quella di Roma, mentre la Russia si trova in un conflitto plurisecolare con entrambe. L’intreccio e l’interazione di tutte queste tradizioni trasforma l’iter della ricostruzione dell’Ucraina in un progetto culturale di ampio respiro, invitando la comunità internazionale a ripensare non solo l’identità ucraina, ma anche l’identità europea.
Per gli ucraini riflettere sulla ricostruzione ha un effetto terapeutico. Significa che un giorno la guerra avrà fine. Significa che l’Occidente ha fiducia nell’Ucraina, paese ferito, ma libero e pronto a risorgere. Questa Ucraina sicuramente non può farcela senza l’Occidente. Né l’Occidente può mancare al suo impegno. In effetti, nel primo progetto di ricostruzione formulato a Parigi nel dicembre 2022 si parla della necessità di ricostruire l’Ucraina, liberandola dell’eredità sovietica e assicurandole una modernizzazione rapida e funzionale, con un’economia moderna, forti istituzioni e un potente sistema di difesa, il che faciliterebbe il processo di integrazione euroatlantica in piena regola23. Va sottolineato con forza che queste forme di dialogo e di progettazione tra Ucraina e Occidente non sono unidirezionali. Non è solo l’Occidente a offrire all’Ucraina i mezzi per la rinascita. Questi mezzi sono calibrati in base ai progressi e alle trasformazioni interne che vive l’Ucraina oggi, sradicando il lascito del vecchio sistema, procedendo nelle riforme, avvicinando la sua legislazione a quella europea e quant’altro.
La Russia ha cercato di ridurre l’Ucraina a un cimitero. Con l’Occidente l’Ucraina può diventare un cantiere pieno di vita (ormai più di 400 aziende occidentali e mondiali hanno espresso la volontà di partecipare alla ricostruzione). L’11-12 giugno di quest’anno a Berlino ha avuto luogo l’annuale Ukraine Recovery Conference all’insegna di un motto significativo: «Uniti nella difesa. Uniti nella ricostruzione. Più forti insieme». Formula efficace. Basta che non siano solo parole vuote. Oggi bisogna essere uniti anche nel pericolo. Oltre ai pericoli mortali che vive attualmente l’Ucraina, tutto il sistema di sicurezza mondiale e il sistema democratico in quanto tale sono entrati in crisi profonda.
Vorrei concludere con una metafora stranamente ottimistica. La distruzione della centrale idroelettrica di Kakhovka il 6 giugno 2023 da parte dei militari russi è stato un crimine che ha portato a conseguenze terrificanti sul piano umano, economico, ecologico. È stato anche un crimine contro la storia: queste terre appartenevano a un antico insediamento cosacco chiamato Velykyj Luh, il Grande Prato. Questi sconfinati campi per la semina e il raccolto sono stati trasformati dai russi in una palude piena di detriti e di cadaveri. Dopo solo pochi mesi, all’improvviso questi campi si sono ricoperti di una giovane e potente vegetazione. Contro tutte le previsioni, il Grande Prato è tornato alla vita. È questa la fede nella vittoria che hanno gli ucraini e i piani di ricostruzione del paese giocano un ruolo fondamentale nel mantenere questa fede: contro ogni aspettativa, contro ogni ostacolo, il paese rifiorirà.
Note:
1. «Updated Ukraine Recovery and Reconstruction Needs Assessment Released», Banca mondiale, 15/2/2024.
2. Ju. Sokolova, «Iz pesni o nekrofili I iznasilovanii: v zapadnykh SMI otrealirovali na slova Putina o “krasavice”» («Da una canzone sulla necrofilia e lo stupro: i media occidentali hanno reagito alle parole di Putin sulla “bellezza”»), fakty.com.ua, 8/2/2022.
3. «Former Russian president Medvedev says Moscow should seek “disappearance” of Ukraine and NATO», Reuters, 11/7/2024.
4. «Kyiv compares Russia to Islamic State after beheading video», Reuters, 12/4/2023.
5. Diversi prigionieri ucraini tornati a casa hanno rivelato che i rappresentanti russi della Croce Rossa hanno compiuto abusi contro prigionieri ucraini. Cfr. «“They called us Ukrainian pigs”», Meduza, 27/2/2024.
6. «Pope says Ukraine should have “courage of the white flag” of negotiations», Reuters, 9/3/2024.
7. «NATO’s Stoltenberg opposes Poland shooting down missiles over Ukraine’s skies», Euractiv, 16/7/2024.
8. «André Glucksmann e il colloquio Prodi-Putin: “Quell’uomo è il Kgb”», Corriere della Sera, 13/3/2007.
9. Ibidem.
10. «Ucraina: Università Venezia revoca titolo a russo Medinskij», Ansa, 26/10/2022.
11. S. Calvi, «Lo strano caso della scomparsa dell’Ucraina nei libri scolastici di geografia per le medie», Linkiesta, 13/2/2024.
12. R. Bonacina, «Essere o non essere? Ecco la domanda che l’Ucraina oggi fa all’Europa», Vita, 15/3/2024.
13. B.R. Young, «Putin Has a Grimly Absolute Vision of the “Russian World”», Foreign Policy, 6/3/2022.
14. Ju. Afanas’ev, Opasnaja Rossija: tradicii samovlastja segodnja (La Russia pericolosa. Tradizioni dell’autocrazia oggi), Moskva 2001, Rggu, p. 66.
15. Cfr. M. Laruelle, L’idéologie eurasiste russe ou comment penser l’empire, Paris 1999, L’Harmattan; Ch. Kluge, Imagination und Legitimation des Imperiums. Evrazijstvo und «Neoeurasismus» als antiwestliche Abgrenzungsideologien mit westlichen Wurzeln, Berlin 2015, Grin.
16. M. Yermakova-Feruz, «U-RE-HERIT: save the architectural heritage of Ukraine together», pragmatika.media, 23/10/2023.
17. Le terre nere rendono l’Ucraina uno dei terreni più fertili del pianeta. Nel novembre 2023, la Russia ha rubato 15 milioni di tonnellate di grano ucraino che ammontavano a 7 miliardi di dollari. La ricostruzione di questo settore è di importanza vitale per diverse aree nel mondo.
18. La prima città ad aver pianificato questo tipo di abitazioni è Leopoli.
19. Fu coniato anche uno spiritoso neologismo: leninopad, caduta dei Lenin.
20. D. Peleschuk, «Ukraine’s Odesa votes to remove Catherine the Great statue», Reuters, 30/11/2022.
21. «“Everything Russian must go”: Ukraine’s Kharkiv renames streets», France24, 24/5/2022.
22. È interessante il fatto che all’inizio dell’invasione la Russia era convinta che Polonia e Ungheria avrebbero sfruttato questa emergenza bellica per staccare dall’Ucraina i territori appartenuti tempo fa ai rispettivi Stati. La Polonia ha espresso la sua indignazione più volte. Di contro, la politica prorussa di Orbán mira a costringere l’Ucraina ad accettare le condizioni del Cremlino. Allo stesso tempo, Orbán minaccia di rivedere il trattato del Trianon (1920) nel tentativo di resuscitare la Grande Ungheria. Questo sarebbe risibile se non fosse che nel febbraio del 2022 Budapest aveva ammassato ai confini ucraini diverse unità militari. E non sarà un caso che l’unica città ucraina fortunatamente risparmiata da bombardamenti russi è proprio Užhorod.
23. «Rebuilding Ukraine: Principles and Policies», Report 1, Centre for Economic Policy Research, Paris 2022.