Terzo mandato, Ainis: “Il tetto serve ancora: chi lo aggira compie una frode alla Carta”

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Lorenzo Giarelli
Fonte: Il Fatto Quotidiano

Terzo mandato, Ainis: “Il tetto serve ancora: chi lo aggira compie una frode alla Carta”

IL COSTITUZIONALISTA – “È deprimente che non si parli del principio, ma degli interessi di De Luca o dei partiti”

Il limite dei due mandati è “ragionevole” e aggirarlo con delle leggi regionali – come minaccia qualche presidente – sarebbe “una frode alla Costituzione”. Michele Ainis, tra i più noti costituzionalisti italiani, non esclude che sindaci e governatori studino cavilli e preparino ricorsi per strappare qualche anno in più al potere, ma allo stesso tempo richiama tutti alla ratio con cui la legge nazionale impose quel tetto.

Professor Ainis, c’è ancora bisogno di un limite ai mandati?

Sì, il tetto è giusto innanzitutto perché resta la ratio di favorire il ricambio delle classi dirigenti. Ma poi c’è un fatto: un potere prolungato ubriaca, fa pensare di essere onnipotenti, induce a perdere la misura. La democrazia non vuole un capo solo, eppure viviamo in una “capocrazia” (così si chiama l’ultimo libro di Ainis, pubblicato con La Nave di Teseo, ndr). La politica non dovrebbe essere un mestiere. Max Weber distingueva tra chi si serve della politica, ovvero i politici di professione, e chi invece serve la politica, prestando il suo contributo per un periodo limitato di tempo.

L’obiezione più scontata: in democrazia il popolo sceglie. Se un sindaco o un presidente piace, perché cambiarlo?

Questa è la concezione berlusconiana del potere, quella per cui se sono eletto allora sono come unto dal Signore. Ma non è questo il principio che deve guidare le leggi. Negli Stati Uniti la Costituzione inizialmente non prevedeva il limite ai mandati dei presidenti, ma il tetto fu introdotto attraverso un emendamento dopo che Roosevelt di mandati ne fece quattro. Eppure Roosevelt era molto popolare.

Altra obiezione: i parlamentari negano il terzo mandato a sindaci e presidenti, ma questo limite per loro non esiste.

Ma il Parlamento è un’assemblea, un organo collegiale. C’è una differenza evidente con chi guida un Comune o una Regione e viene eletto direttamente a una carica individuale, monocratica. L’elezione diretta concede un surplus di potere e da sempre le Costituzioni si occupano di porre dei limiti a questo potere.

L’Anci ipotizza un ricorso e lamenta la violazione di principi costituzionali: perché abolire il vincolo di due mandati solo per i Comuni più piccoli?

Parliamo di ordini di grandezza diversi. Il limite è basato sulla misura del potere esercitato: se hai un piccolo potere ha meno senso porre un argine ed è anche giusto che questo limite non ci sia.

Qualcuno nelle Regioni potrebbe forzare, varando leggi che aggirano le norme nazionali e i principi richiamati dalla Consulta.

È già successo con Zaia, che ha recepito la legge nazionale azzerando i mandati precedenti. Paradossalmente, se in Veneto decidessero di cambiare di nuovo lo Statuto potrebbero anche ripartire da zero. In Italia siamo specialisti di queste pratiche, non mi meraviglierei se qualcuno risolvesse così la questione. Ma si tratta di frodi alla Costituzione: non la violi direttamente, ma la aggiri.

Perché Comuni e Regioni reclamano più potere?

Abbiamo partiti che ormai non sono neanche più personali, ma imperiali, visto che con le leggi elettorali attuali, che prevedono pluricandidature e listini bloccati, è tutto in mano ai leader. Mettiamoci poi il Covid, che ha enfatizzato il ruolo dei presidenti di Regione e dei sindaci. La battaglia per il terzo mandato arriva da qui. E, se posso, mi sembra deprimente che di una questione di principio così importante si sia fatta una battaglia politica che prescinde dal merito. Non è elegante, per capirci, che a parlare di terzo mandato siano sindaci e presidenti che stanno ultimando il secondo. Il risultato è che tutto viene ridotto a una faccenda di persone o di partiti: il Veneto va alla Lega o a Fratelli d’Italia, De Luca sì o De Luca no.

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