Fonte: Il Fatto Quotidiano
“Una risata vi seppellirà”. Slogan del maggio francese. Frase attribuita all’anarchico Michail Bakunin
KAMALA HARRIS SEPPE vincere con una gran bella risata quando nettamente sfavorita nella corsa per la carica di procuratore generale della California sbeffeggiò il suo avversario Steve Cooley che costrinse a un clamoroso autogol durante un faccia a faccia televisivo. Gli chiesero se intendeva cumulare la pensione da procuratore distrettuale con lo stipendio da procuratore generale e lui rispose serafico: “Me lo sono guadagnato”. Dopodiché la Harris (ha ricordato Siegmund Ginzberg sul “Foglio”) produsse un breve filmato dove sotto l’ingenua riposta del malcapitato Cooley appariva la scritta: “150.000 dollari all’anno non gli bastano?”. Con l’avversario sommerso dal ridicolo la vittoria fu sua, sia pure per un soffio. Accadeva 15 anni fa anche se, mediaticamente, sembra trascorso un secolo: nelle varie mutazioni del messaggio social, tramontata l’epoca della indignazione e della suscettibilità siamo infatti entrati a vele spiegate nell’era perculante della presa in giro, dello sghignazzo, della messa alla berlina. E non si capisce come sia possibile che questo governo della destra rimpinzato com’è di portavoce, uffici stampa, addetti all’immagine e alla comunicazione non riesca a mettere sotto protezione costante i ministri più tenacemente esposti alla barzelletta.
Che fanno danni. Tanto che oggi appare perfino imbarazzante maramaldeggiare su Lollo (ex) cognato d’Italia o sullo sciupafemmine “Genny” Sangiuliano alle prese con una biondissima consulente fantasma. Fatti loro si potrebbe dire se non ricoprissero ruoli apicali di grande responsabilità nelle istituzioni del nostro spensierato paese dei campanelli. Come parzialissima attenuante per il ministro dei Beni culturali va ricordato che neppure alcuni suoi predecessori seppero sottrarsi all’ilarità generale, come se in quelle stanze agisse il demonietto maligno della vanagloria. Filippo Ceccarelli ha ricordato che il pur mite Sandro Bondi s’inventò una targa ad hoc al Festival di Venezia “per accontentare una intraprendente amichetta, nel caso aspirante cineasta, con una proiezione semiclandestina con ministri che scivolavano via nel buio”.
E non va neppure dimenticato quell’indegno successore democristiano del coltissimo Alberto Ronchey, che invitato a rappresentare il governo del tempo al Festival di Cannes, chiese di poter visitare il luogo della famosa battaglia di Canne convinto che la guerra punica si fosse svolta nei pressi della Croisette. Tornando al caso della sedicente (oppure no) consulente molto personale di nome Boccia, oppure ai treni fatti fermare in aperta campagna per disposizione di sua eccellenza, temiamo che con questo andazzo a seppellire il governo Meloni potrebbe essere una cascata di risate, e meno che mai la polemicuzza agostana sullo ius scholae. Così come nel prossimo scontro televisivo per la corsa alla Casa Bianca (se si terrà) sogniamo un sonoro scoppio di risa della candidata democratica direttamente sul grugno di Donald il platinato. Una risata lo seppellirà?