Censura, odio e canzoni d’autore…

per Davide Morelli
Autore originale del testo: Davide morelli

Innanzitutto per quanto riguarda la musica straniera va ricordato lo scandalo suscitato da “Je t’aime… moi non plus”, che era  del musicista francese Serge Gainsbourg e dell’attrice britannica Jane Birkin, pubblicata nel 1969. Ma anche la satira non se la passava bene. Non tutti gli sketch comici andavano a buon fine. Dario Fo e a Franca Rame vennero oscurati per sedici anni dalla RAI di Ettore Bernabei, allora dirigente organizzativo di Saxa Rubra. I due drammaturghi erano rei in Canzonissima di aver trattato un argomento allora tabù come le morti sul lavoro. Lo stesso premio Nobel ha dichiarato che, nonostante l’apparente morigeratezza e il timore di Dio, Bernabei per lui era un autentico “satanasso”. Sempre nel 1959 Dario Fo ed  Ugo Tognazzi avevano preso in giro l’allora presidente della Repubblica Gronchi, che era cascato da una sedia vicino a De Gaulle. La trasmissione televisiva condotta dai due, nonostante la grande popolarità, venne bruscamente interrotta. Per quel che concerne la musica italiana venne censurata “C’era un ragazzo che come me amava i Beatles e i Rolling Stones” perché criticava l’America e parlava della guerra nel Vietnam. Invece “Dio è morto” cantata dai Nomadi e scritta da Guccini venne censurata dalla RAI, ma trasmessa dalla radio vaticana. La “Genesi” sempre di Guccini non mi risulta che sia passata sotto le forche caudine dei censori. Diciamo che passò inosservata. La stessa “Bocca di rosa” fu censurata, ma non mi risulta che venne censurata nessuna canzone dell’album “La buona novella”, in cui De André si rifaceva ai Vangeli apocrifi e in cui c’era addirittura “Il testamento di Tito” che criticava tutti i comandamenti e che provocò solo accese discussioni tra cattolici e qualche proposta di dibattiti tra teologi. Anche “Albergo ad ore” di Herbert Pagani, “4/3/1943” di Lucio Dalla, “Luci a San Siro” di Vecchioni(un aneddoto curioso riguarda il fatto che “Donna felicità, scritta sempre da Vecchioni e cantata dai Nuovi angeli, non venne censurata dalla RAI ma solo dalla commissione del festival di San Remo. Probabilmente l’ironia e l’erotismo velato di questa canzone non vennero considerati scurrili e neanche offensivi della morale), “Questo piccolo grande amore” di Baglioni, “Il gigante e la bambina” di Ron, “Io se fossi Dio” di Gaber, “Bella senz’anima” di Cocciante, “Luna” di Loredana  Bertè e “Coca Cola” di Vasco Rossi vennero censurate e modificate. Un intero album interpretato da Gaber, intitolato “Sexus e politica” venne interamente oscurato dalla RAI nel 1970. Anche il mitico Enzo Jannacci venne censurato più volte. In particolare va ricordata “Ho visto un re”, che denunciava il potere ed esprimeva il dissenso giovanile della contestazione. Il cantautore milanese proprio per questo motivo si allontanò per un certo periodo dalle scene. Non mi risulta però che Jannacci subì censura per “Veronica”. Venditti con il brano “A Cristo” si prese una condanna 6 mesi per vilipendio alla religione. Lo stesso De Gregori fu censurato. Non piacquero i versi “Giovanna faceva dei giochetti da impazzire” in “Niente da capire” e “il mendicante arabo ha un cancro nel cappello ma è convinto che sia un portafortuna” in “Alice”, perché all’epoca non si poteva trattare neanche di tumori. Allo stesso tempo sono sfuggite alla censura canzoni come “Il triangolo” di Renato Zero, “Il kobra” di Donatella Rettore, “Colpa d’Alfredo” di Vasco Rossi, “Pensiero stupendo” di Patty Pravo, “Comprami” di Viola Valentino”, “America” di Gianna Nannni, “Disperato, erotico stomp” di Lucio Dalla. Una canzone reazionaria come “Chi non lavora non fa l’amore” cantata da Celentano e Claudia Mori naturalmente vinse Sanremo e suscitò solo qualche polemica politica. Erano anni caldi quelli. Le polemiche erano al vetriolo. Chiunque poteva essere messo alla berlina. De Gregori venne “sequestrato” per poco tempo da dei contestatori ad un concerto. Per il cantautore romano fu traumatico. Si rimproverava ai cantautori di arricchirsi facilmente e di essere schiavi del sistema, nonostante fossero compagni. Tra gli stessi cantautori c’erano anche invidie, cattiverie, gelosie. Era una cosa umana. Non c’è da stupirsi. Venditti ha dichiarato che talvolta De Gregori e De André andavano ai suoi concerti per criticarlo sommessamente in quanto i suoi testi erano considerati dai due meno letterari e più commerciali. Vecchioni prese in giro De André in “Belle compagnie”(“Chi è il più anarchico del reame?), anche se poi diventarono amici. E che dire di ciò che cantava in “Via Paolo Fabbri 43” Guccini? Cito testualmente: “La piccola infelice si è incontrata con Alice ad un summit per il canto popolare. Marinella non c’era, fa la vita in balera ed ha altro per la testa a cui pensare, ma i miei ubriachi non cambiano soltanto ora bevon di più e il frate non certo la smette per fare lo speaker in TV”.  Niente però a che vedere con le cattiverie e l’ostracismo che il mondo dello spettacolo riservò a Mia Martini. Diciamo che i cantautori erano ironici ed autoironici. Jannacci in fondo criticava l’intera categoria in “I poveri cantautori”. I cantanti, soprattutto i cantautori, negli anni settanta si trovavano tra l’incudine della censura e il martello dei contestatori giovanili. De André e Edoardo Bennato subivano ad esempio la pressione indebita di movimenti estremisti come Lotta continua. Ricordo che Adriano Sofri è stato condannato come mandante dell’omicidio Calabresi dalla Cassazione e che lo scrittore Erri De Luca, allora faceva parte del servizio d’ordine abbastanza violento del movimento. Intendiamoci: c’erano gli opposti estremismi, bombe, p38 e ben pochi si salvavano. Lo stesso Stato era violento. Negli anni di piombo venne minato lo stato di diritto. La polizia sparava alle manifestazioni. Cossiga, allora ministro, dichiarò più volte che faceva mettere una busta di droga pesante nelle giacche di estremisti di destra, ritenuti particolarmente violenti ma incensurati, per farli arrestare. La maggioranza silenziosa non scendeva in piazza. In compenso però andava ai concerti di Claudio Baglioni, figlio e fidanzato modello, eterno cantore dei buoni sentimenti democristiani. La censura era negli anni settanta un modo per difendere la morale comune e controllare accuratamente i messaggi sociali e politici veicolati nelle canzoni. Le canzoni amore e cuore non erano assolutamente pericolose per l’ordine costituito. La censura era basata su questa grande ipocrisia di fondo. Ci si poteva scannare in piazza tra giovani ma si doveva salvare l’apparenza, la forma. Niente poteva intaccare il buon gusto in prima serata.

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