Queste dure colline che han fatto il mio corpo
e lo scuotono a tanti ricordi, mi han schiuso il prodigio
di costei, che non sa che la vivo e non riesco a comprenderla.
L’ho incontrata, una sera: una macchia più chiara
sotto le stelle ambigue, nella foschia d’estate.
Era intorno il sentore di queste colline
più profondo dell’ombra, e d’un tratto suonò
come uscisse da queste colline, una voce più netta
e aspra insieme, una voce di tempi perduti.
Qualche volta la vedo, e mi vive dinanzi
definita, immutabile, come un ricordo.
Io non ho mai potuto afferrarla: la sua realtà
ogni volta mi sfugge e mi porta lontano.
Se sia bella, non so. Tra le donne è ben giovane:
mi sorprende, e pensarla, un ricordo remoto
dell’infanzia vissuta tra queste colline,
tanto è giovane. È come il mattino, mi accenna negli occhi
tutti i cieli lontani di quei mattini remoti.
E ha negli occhi un proposito fermo: la luce più netta
che abbia avuto mai l’alba su queste colline.
L’ho creata dal fondo di tutte le cose
che mi sono più care, e non riesco a comprenderla.
Cesare Pavese
Incontro – scritta dal 8 al 15 agosto 1932. In una minuta porta il titolo Amore, Pubblicata nella edizione Einaudi di Lavorare stanca.
Lavorare stanca e domani inizio la vendemmia nella vigna dei miei antenati a Rivalta B. paese dove d’estate Cesare Pavese veniva a trovare Norberto Bobbio e apprezzava l’ospitalità e le cure attente della madre Rosa Caviglia.
Questa poesia è di fatto proposta da una amica attenta e sensibile, Lilly Bongiorno