I LIZARO’ di Giovanni Rapetti
da www.isral.it
Il testo del poeta alessandrino Giovanni Rapetti potrà sembrare un canto triste. Il poeta canta la delusione seguita alla speranza di cambiè ‘r mond dopo la guerra, canta il triste andare di una barca che non si ha neppure più voglia di dirigere, canta la vana ricerca di quelle lucciole campestri, tenui segni di speranza nella notte.
In sintonia con l’Autore vogliamo però suggerire una lettura in positivo: che sottolinei non tanto la deriva della barca in una notte senza stelle, quanto la presenza di quei punti luminosi che si muovono nella notte, e tengono acceso il filo della speranza.
I lizaró
Lasa ra barca andè, lasa ch’ra vaga
vaga sirchè ‘r filon, lavè ra piaga
zleia ‘r burcé che ‘r vaga a ra deriva
sirchè di lizaró contra ra riva.
Cul ventiseing d’avrì, dòp l’ot setèimber
eveint sculpì ‘n memòria, dì ‘d remèimber
i lizaró ‘d na nocc dra stèila zmòrta
di nòcc vent ani pèrs, na stagion mòrta.
Perché l’amnì, pasà, t’al serchi ancura?
Lasa i ricòrd ch’i vagu a ra malura
cme ‘r sabii, rivi e pianti long a Tani
libara ‘r cor da cui fantasma vani.
Credivu ‘d cambiè ‘r mond finì ra uèra
uardès ant j’ogg, noi viv, fió d’ista tèra,
smijava ‘r vial di ‘namurà ra vita
patuì coi mòrt, u su, ra len-na mita.
Ribèlli ar legg, ‘d padron, du sang, der larmi
a cul mond faus, di fòl, viulèinsa, armi
cantoma au su a ra len-na fin ch’im s-ciaru
ai gril e l’univèrs, di sògn s’i varu.
Tani ven zì, l’amnì, ra barca è a riva,
u tèimp smijava tant, dl’aqua n’amniva
pèrsa luntan, va zì, nèbia ch’ra fima
aqua ch’an turna pi, fo che ‘r cunsima.
Lasa ra barca andè ‘nuanda ch’at pòrta
dai lizaró scumpars dra stèila mòrta,
vaga sirchè ‘r filon uanda ch’ut mèina
dré u su, luntan, tramont sèinsa cadèina.
Nocc caudi, ‘d lì, avust, der fòs con l’èrba,
i sògn sirchè ra len-na ch’ai rivèrba,
i lim di to vent’an ans ra curèinta
maznà, ‘mnì vègg, l’anma j’anvèinta.
Lim, lizaró , ‘d na nocc aulong a Tani,
apuntamèint mancà, spicià quancc ani,
sògn vis-c, sògn zmòrt, zbarlìuri, ‘t ciapi nèinta
cul stèili che maznà t’ài pèrs ra quèinta.
Le lucciole
Lascia la barca andare, lascia che vada
vada a cercare il filone, lavare la piaga
slega il burchiello, vada alla deriva
cercare lucciole contro la riva.
Quel venticinque aprile, dopo l’otto settembre
evento scolpito in memoria, giorno da rimembrare
le lucciole di una notte della stella spenta
dei nostri vent’anni persi, stagione morta.
Perché l’avvenire, passato, lo cerchi ancora?
Lascia i ricordi andare alla malora
come le sabbie, le rive e le piante lungo il Tanaro
libera il cuore da quei fantasmi vani.
Credevamo di cambiare il mondo finita la guerra
guardarci negli occhi, noi vivi, figli di questa terra
sembrava il viale degli innamorati la vita
un patto coi morti, il sole, la luna muta.
Ribelli alle leggi, di padroni, del sangue, delle lacrime
a quel mondo falso, di folli, violenza, armi
cantiamo al sole e alla luna fin che ci vedono
ai grilli e all’universo, dei sogni, se valgono.
Tanaro vien giù, l’avvenire, la barca è a riva
il tempo sembrava molto, acqua ne veniva
persa lontano, scorre, nebbia che fuma
acqua che non torna più, fuoco che consuma.
Lascia la barca andare dove ti porta
dalle lucciole scomparse della stella morta
vada a cercare il filone dove ti trascina
dietro il sole, lontano, tramonto senza catena.
Notti calde, di luglio, agosto, del fosso con l’erba
i sogni a cercare la luna che li riverbera
le luci dei tuoi vent’anni sulla corrente
bambini, adulti, invecchiati, l’anima li inventa.
Luci, lucciole, di una notte lungo il Tanaro
appuntamento mancato, atteso quanti anni
sogni accesi, sogni spenti, scintille che non afferri
quelle stelle che bambino hai perduto la conta.
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chi è Giovanni Rapetti, poeta della memoria ribelle
Nato a Villa del Foro, sobborgo di Alessandria, nel 1922 e morto il 26 gennaio 2014 ad Alessandria. E’ vissuto ad Alessandria, dove ha svolto la professione di insegnante di disegno. Interrotti gli studi all’Accademia Albertina di Torino a causa della guerra, sul fronte francese è fatto prigioniero dei tedeschi dopo l’8 settembre, ma riesce a fuggire e collabora con le forze della Resistenza.
Allievo e amico di Manzù all’Accademia di Brera, partecipa dal 1946 con disegni e sculture a mostre nazionali. Vince nel 1946 il premio “Medardo Rosso” per la scultura e nel 1947 il premio “Leonardo da Vinci” per il disegno. Nel 1971 gli è stata dedicata una mostra personale di disegni a Gand in Belgio e nel 1973 a Sint Niklass nelle Fiandre (Belgio).
Nel 1977 il Comune di Alessandria gli dedica una grande mostra antologica della sua trentennale produzione grafica nel corso del convegno di studi “Cultura contadina e operaia in Piemonte”.
Profondamente legato al suo paese, scopre la vena poetica ispirandosi ai personaggi della locale Società Operaia di Mutuo Soccorso, cui dedica, nel Carnevale 1973, il poemetto-bosinata Er fugaron (copertina). Dal successo dell’iniziativa decolla quello che sarà un lavoro poetico ciclopico e fluviale: un poema in endecasillabi, scolpito nel dialetto locale, sulla memoria e la visione del mondo di una piccola comunità contadina, ma che dal microcosmo paesano assurge a significati universali. Si tratta di più di 1300 poesie di forte afflato epico-lirico, che portano Rapetti a essere considerato una delle voci più interessanti nel panorama neodialettale contemporaneo.
Premiato al concorso di poesia piemontese “Nino Costa” 1974, dal 1984 partecipa alle prime Biennali di poesia di Alessandria.
Collaboratore dell’ISRAL – Centro di cultura popolare “G.Ferraro” di Alessandria (che custodisce tutta la sua produzione poetica dialettale, superiore ai 1300 testi), con Franco Castelli ha portato frequentemente le sue poesie in scuole, biblioteche, Società di mutuo soccorso in ambito regionale, nonché in convegni nazionali.
Alla prima opera in dialetto Er fugaron (copertina) (Villa del Foro, Società Operaia di Mutuo Soccorso), seguono nel 1987, I pas ant l’èrba (a cura di F.Castelli, introduzione di G.Tesio, Mondovì, All’insegna del Moro), nel 1993 la corposa antologia Ra memòria dra steila, a cura di F.Castelli (Alessandria, Edizioni dell’Orso), pubblicata con la collaborazione di Camera del Lavoro di Alessandria e Isral (101 poesie), e infine nel 2012, per onorare i suoi 90 anni, Er len-ni an Tani (Le lune in Tanaro), (Edizioni Joker-Isral), a cura di Franco Castelli e Piero Milanese (33 testi inediti).
Sue poesie sono comparse su diversi giornali e riviste, fra cui particolarmente “Il Piccolo” di Alessandria e “La provincia di Alessandria”; su ‘L Bochèt 1974, Torino, Edizioni del Cenacolo, 1975 (Er caratìa e Er frustìa, poemetto); sulle antologie Poeti in piemontese del Novecento, a cura di Giovanni Tesio e Albina Malerba, Torino, Centro Studi Piemontesi, 1990 (8 poesie); e Poeti in piemontese della provincia di Alessandria 1861-2010, a cura di Sergio Garuzzo, Torino, Centro Studi Piemontesi, 2011 (8 poesie).
per ulteriori informazioni su Giovanni Rapetti e per leggere alcune sue poesie consulta il sito dell’Istituto Storico della Resistenza www.isral.it