L’escalation di Salvini che si sente eroe dei due mondi

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Flavia Perina
Fonte: La stampa

Flavia Perina – L’escalation di Salvini che si sente eroe dei due mondi

Il vicepremier si è intestato il ruolo di mediatore internazionale. Mentre l’Italia è paralizzata dall’indecisione, lui ha due sponsor, russo e americano

Lo ha chiamato perché tra vice-presidenti ci si intende («non dico che è il mio omologo», precisa, ma è chiaro che si compiace del paragone), per parlare di satelliti, per invitarlo alle Olimpiadi Milano-Cortina, per parlare di trasporti perché c’è un piano da mille miliardi di dollari per le ferrovie americane e «io ho il dovere di fare l’interesse nazionale». Lo ha chiamato per portare a Washington aziende italiane, ma anche per la «pace in Ucraina», il «controllo dei confini» e ovviamente la «difesa dei nostri valori».

Il magic moment telefonico tra Matteo Salvini e J.D. Vance è durato un quarto d’ora ma a dar retta alle numerose versioni del colloquio fornite dal capo leghista sono stati quindici minuti enciclopedici e multidisciplinari attraverso le competenze di Difesa, Imprese e Made in Italy, Sport, Infrastrutture, Interni. E ora ci si chiede quale sia (se esiste) l’asticella fissata dal governo per fermare l’escalation americana del Capitano: quando firmerà accordi personali con Elon Musk? Quando si presenterà a Mar-a-Lago con la maglietta di Trump? Quando farà la damigella di Melania alle prossime giornate della moda?

Salvini Eroe dei Due Mondi al momento sembra inarrestabile. E hai voglia a dire, come ripete da giorni Antonio Tajani, che il ministro degli Esteri è lui e che la politica estera la fa Palazzo Chigi. Garibaldi mica lo fermi a chiacchiere. Lui avanza spalleggiato dai Mille satellitari di Elon e dal suo portavoce italiano Andrea Stroppa, che lo elogia come uno capace di fare squadra e si permette pure di interpretare i misteriosi sentimenti di Giorgia Meloni in proposito: «Non so se sia irritata. Conoscendola, penso di no». Ma è immaginabile che in questo momento la premier si ponga soprattutto una domanda: ma perché diavolo gli ha risposto Vance? Seppure per un quarto d’ora, seppure per il tempo appena necessario a dire “piacere di sentirti” e farselo tradurre dai rispettivi interpreti, perché? Che gioco gioca questa misteriosa nuova amministrazione americana?

Dicono che Meloni abbia concesso briglia lasca al suo vice-premier fino al congresso della Lega, fissato per il 5 e il 6 aprile, ma quello spazio temporale comincia a sembrare troppo esteso a tutti. Anche perché L’Europa inizia a interrogarsi sugli orientamenti del governo italiano. Ieri lo ha fatto il capo dei Popolari Manfred Weber, preoccupato della rincorsa leghista al racconto americano di Donald Trump proprio mentre i dazi Usa stanno per abbattersi sull’Unione. Pure sulle tariffe l’Eroe dei due Mondi si è intestato il ruolo di mediatore: «Riusciremo a ridurre il problema parlando direttamente con gli Stati Uniti», ha detto a Napoli, invitando a non mettersi nelle mani di Von der Leyen perché «rischiamo di farci male».

Se la tesi della briglia lasca fino al congresso è vera, Salvini avrà agio di mostrare tutto il suo spirito garibaldino il 2 aprile, quando Trump annuncerà le sue decisioni, e sarà il suo sbarco di Marsala, un altro magic moment da registrare nelle cronache del nuovo Eroe dei Due Mondi. A quale prezzo per la reputazione del governo? E con quale certezza che, dopo le assisi della Lega, riconfermato segretario, tacitati i mugugni interni, il Capitano voglia davvero rientrare nei ranghi? Il fatto che JD Vance gli abbia fatto sponda in modo così plateale autorizza sospetti. Forse questa non è la solita mattana di Salvini. Forse è spalleggiato, è considerato una possibile pedina nella complessa partita che gli Usa stanno giocando nel Vecchio Continente. In fondo, Salvini è un leader simmetrico ad Alice Weidel, la capa dell’Afd per cui sia Vance sia Musk hanno sprecato endorsement sperando che conquistasse la Germania, però lui sta al governo. È vice-premier di un Paese fondatore dell’Unione, dotato di ministri, influenza, potere di interdizione. Perché non approfittarne per incalzare una premier in precario equilibrio tra osservanza europea e legami con gli Usa?

Si fanno gli scongiuri. Ci mancherebbe solo questa. Un Salvini col doppio sponsor, russo e americano, mentre Russia e America celebrano il loro matrimonio di interesse alle spalle del Vecchio Continente e l’Italia è paralizzata dall’indecisione. Si spera che l’avventura garibaldina del Capitano finisca come storia comanda, con un fatidico Obbedisco!, ma crederci sta diventando sempre più difficile.

 

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