Ventotene, l`imperscrutabile disegno divino che eleva Fornaro, il piu` comune e mansueto travet della politica nell`olimpo degli eroi

per mafalda conti
Autore originale del testo: Fausto Anderlini
Quella lacrima sul viso
Come suggerisce Marcella Mauthe, dall`alto della sua superiore cultura musicologica, e`ancora Bobby Solo, con quella sua canzone del `64, che illumina un`epoca con fulminante predizione canora. Vero Nostradamus latte e miele. Il potere rivelatore delle lacrime, anche quando di coccodrillo. Il pianto, quell`adrenalina che si scioglie allo stato liquido e rivela il sentimento come tumulto. Non il pianto come conseguenza del dolore, della paura e della disperazione, ma come una liberatoria ed epica autosuggestione. Un amore che prorompe, una compassione avvolgente, la liberazione da uno stress. un super-io che si rivela prepotente e inaspettato, come illuminazione che traluce dall`ombra della psiche. Un cambiamento di stato che si palesa, una metanoia.
Conosco Fornaro, che ho avuto modo di osservare da vicino durante la comune militanza in Articolo Uno, e la sua reazione, quelle concitate frasi finali e quelle lacrime incontenibili, mi hanno impressionato, facendomi capire molte cose. Fornaro e` un uomo di stazza notevole e dall`aspetto mite, calmo, serio e pacioso. Il suo eloquio inclina di norma a un placido e raziocinante burocratese nel quale e` vano attendersi il ruggito del condottiero , il colpo tranchant, la tagliente ironia, la retorica avvolgente, la rodomontesca gigioneria. Con una origine di socialista romitiano egli ha costruito il suo curriculum come onesto amministratore in un piccolo centro (Castelletto d`Orba) di quella desolata ed oscura provincia piemontese nella quale raramente si transita e che e` stata una delle culle d`elezione del Psdi saragattiano, dall`eroico Romita al piu` prosaico Nicolazzi, meglio noto come l`uomo delle carceri d`oro, in parallelo al Molise tanassiano di Ururi e alla Molinella di Preti e Martoni. Il Psdi, e` pleonastico ricordarlo, fu enfaticamente atlantico, duramente antico-comunista, ma sempre fieramente antifascista. Percio` europeista ante litteram, Approdato ai Ds e poi al Pd, Furnaro ha guadagnato ben due legislature, col Pd e poi, miracolosamente, con Leu, anchègli disassato dal vento renziano della rottamazione. Nel `22 e` infine rientrato in parlamento per la terza volta (vero colpo gobbo) frammisto alla pattuglia dei magnifici cinque di Articolo 1 bloccati dalla magnanimita` di Letta in testa di lista.
Ebbene e` proprio a quest`uomo comune che ha attraversato fasi politiche tumultuose con passo felpato e defilato, potremmo dire `in incognito` (tanto che molti di noi di Articolo Uno neanche sapevamo chi fosse ne` d`onde venisse) che la sorte ha consegnato il compito di ,marcare un passaggio d`epoca e un drammatico disvelamento identitario. Un ruggito e poi un pianto dirotto, mentre i sodali d`avventura dell`ex Art. 1, Speranza in primis lo cingevano di cure, sbalorditi da tanta impetuosa passione ma, soprattutto, da una performance destinata a proiettarte il mite Federico, anziche` loro, nel mito di una gloria imperiura. Una scena memorabile. Alla stampa Fornaro ha poi rivelato che si era immedesimato in Colorni, l`estensore del Manifesto di Ventotene ucciso dai nazisti. L`imperscrutabile disegno divino che eleva il piu` comune e mansueto travet della politica nell`olimpo degli eroi. Immedesimazione e transustanziazioe.
Sono rari questi momenti fatali. L`urlo del Fornaro nella giungla del parlamento, terribile come quello di Tarzan, ma soprattutto quei singulti a percussisone di un corpaccione esausto adagiato sul seggio, rinviano a un`altro famoso precedente: quello di Occhetto in chiusura del primo dei due congressi che decretarono la morte del Pci e la resurrezione nel Pds. Se quello di Occhetto segno` il `nuovo inizio` in un percorso carovaniero destinato alle piu` svariate contaminazioni col pensiero democratico, il pianto di Fornaro chiude la marcia e il lungo tragitto di una ricerca inesausta di una nuova identita`. Che si palesa infine (e finalmente) in un libretto conciso come quello di Mao, o come quello di un ben piu` noto (e maledetto) Manifesto.
Fornaro e` riuscito a incarnare come meglio non si sarebbe potuto (addirittura meglio di Benigni, e senza cachet) la faccia `buona`, cioe` irenica, passionale, cosmopolita e universale, della nuova identita` euro-democrat, punto d`approdo trasfigurato (secondo l`illuminata visione di Gad Lerner) del vetusto internazionalismo proletario. Essendo quella `cattiva` e piu` agguerrita costituita da quel suprematismo liberale ed eurocentrico che e` andato in onda senza ritegno nella piazza romana e che fa della cultura e dell`elitarismo epistocratico un sostituto della razza. Due facce della stessa medaglia.
Piu` in generale il recupero imperioso delle vecchie tavole di Ventotene, passibili, come il Vangelo, delle piu` svariate traduzioni apocrife, mette il sigillo finale a un lungo percorso di revisione che ha al suo centro la resistenza e l`antifascismo. Si chiedesse a un giovane di celeste bardato qualche ragguaglio storico egli probabilmente ci ricorderebbe che la seconda guerra mondiale e` stata scatenata dalla cupidigia di Hitler e Stalin, che la guerra e` stata decisa dallo sbarco in Normandia, che i carri americani hanno liberato Auschwitz (come e` narrato ne la Vita e bella di Benigni….sempre lui) mentre le soldataglie russe si abbandonavano agli stupri delle donne tedesche, che la resistenza e` stata fatta dalle brigate di Giustizia e liberta`, che le bombe acca su Hiroshima e Nagasaki son piovute dal cielo e che, guardando all`oggi Zelenski e` come Ferruccio Parri e quelli dell`Azov son partigiani che leggono Kant. Potendo portare a testimone persino un riverito Presidente della Repubblica. E comunque e`chiaro: il progetto della resistenza era l`Europa federale. Il suo nome i partigiani anelavano in procinto d`essere fucilati.
Come ha scritto in modo puntuale l`amico Onofrio Romano l`operazione neo-identitaria messa in opera dal Pd ispirata dai suoi consigliori repubblicani, e`, come sovente accade, null`altro che una mistificazione, quella che Hobsbawn ha definito una `invenzione della tradizione`. Un falso storico, come i Libri di Sion o la sacra sindone. Per capire quanto infondato sia questo ascendente europeista della guerra partigiana basterebbe rileggere il monumentale volume di Claudio Pavone (Saggio storico sulla moralita` della resistenza`) e fermarsi a considerare le tre guerre che egli ha messo al centro della sua ricerca: la guerra civile, la guerra di classe e, soprattutto, quella guerra patriottica volta a dare una nuova legittimita` alla patria italiana, tradita dal fascismo.
Per non fare i conti con questa Europa e la Von derb Layen , che sono la piu` clamorosa smentita dell`utopia federalista, democratica e sociale del Manifesto, la fu sinistra, ormai orfana di tutto, si aggrappa a Spinelli. L`invenzione identitaria come surrogato di una totale ineffettualita` politica. La Meloni ha avuto gioco facile nel mettere il ditino sulla piaga. Mentre Fornaro piangeva, lei rideva, con quelle sue smorfiette da bambina maliziosa che riescono spesso ad attenuare ogni antipatia.
Dicono che il Pd, non sazio, organizzera` un pellegrinaggio a Ventotene. La colonna sonora, mentre infuria la bufera, potrebbe essere `fischia il Ventotene`, come con arguzia inimitabile ha avuto modo di esprimersi il compagno Gabriele Busti. Per l`occasione potrebbe portare al seguito, invece che Vecchioni, Silvio Orlando, l`interprete vieppiu` imbolsito di Un altro Ferragosto, il seguel, sempre girato a Ventotene, del primo capolavoro di Virzi ispirato alla bona borghesia democratica. Anche in quei film, come gia` nella poetica sdolcinata di Bobby Solo, era gia` tutto previsto.
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