Naufraghi ignoti

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Anna Lombroso
Fonte: il simplicissimus

Anna Lombroso per il Simplicissimus – 2 gennaio 2015

Non è mica vero che ‘a livella faccia giustizia, pareggi i conti e ci renda tutti uguali sulla barca di Caronte.

È che ci sono naufraghi e naufraghi: quelli destinati ad essere salvati e quelli condannati ad essere sommersi secondo le stesse immutabili regole dell’iniquità implacabile e le leggi delle differenze insanabili. E toccano quelli che stanno sulla stessa nave, se è probabile che il conteggio dei dispersi che forse non sarà mai definitivo, riguardi comunque passeggeri invisibili, senza nome e senza biglietto, anche se il transito sarà stato pagato caro, come lo sono stati  i tragitti  dei 3400 anonimi e ignoti caduti nella guerra che ha per teatro i nostri mari, che scopriamo essere feroci, perfino quel grande lago salato apparentemente  deputato a pingui commerci, scambi fruttuosi e tranquille navigazioni.

Eh si per ‘a livella, come per il fato che governa le nostre esistenze secondo gli eterni e belluini principi del profitto e dello sfruttamento, non godono di pari opportunità nemmeno quelli saliti a bordo della Norman: qualcuno è consacrato alla salvezza, qualcuno a una silenziosa e impercettibile  scomparsa, senza i riflettori delle tv e l’apprensione isterica dei media che ci vogliono consolare della miseria quotidiana  proiettandoci un film epico di paura  ed eroismo. C’è chi  scavalca le onde sulle spavalde navi dei forzati delle crociere ci sono i pellegrini della disperazione: secondo l’Alto Commissariato per i rifugiati della Nazioni Unite, il numero di migranti morti e dispersi nel 2014 supera quello della somma degli ultimi 3 anni. 3400 persone hanno perso la vita o risultano disperse dopo la loro attraversata verso l’Italia, in fuga da guerra, violenze e persecuzioni. E se gli va bene, se ‘a livella non rispetta il suo incarico,  li aspetta il confinamento, la repressione e l’esclusione secondo i crismi della banalità del razzismo legittimato e rappresentato anche in parlamento, la segregazione burocratica e l’intimidazione amministrativa.

Come ‘a livella è discrezionale la pietà, è impari la compassione, rivolta preferibilmente verso chi è lontano, le cui vicende, guerre, persecuzioni seguiamo dal teleschermo, quando il “suono del cubetto di ghiaccio nel bicchiere copre il rombo dei cannoni”, quando il beep dell’sms in arrivo è una benefica distrazione, quando la solitudine si metabolizza in rancore, il malessere sconfina in ostilità, verso chi sta più sotto, in risentimento per chi è più debole e quindi più esposto, bersaglio più facile, quando perduta la “prima radice”, quella della memoria e dell’identità comune, la tentazione è quella di cercare un capro espiatorio in chi vive la “colpa”  dello sradicamento o vi è condannato, in chi è senza patria, senza casa, senza documenti in modo che resti per sempre intruso, estraneo, altro da noi.

Non siamo uguali in vita e nemmeno in morte, quando c’è chi può comprarsi non solo i cavalli coi pennacchi, ma addirittura un’estrema dignità extra nazionale, quando la sospensione dell’accanimento proprio come le cure sono soggette a imposizioni private o alla discrezionalità del censo.  In Egitto chi ha trovato accoglienza nelle tombe dello sterminato cimitero ha meno paura della morte, per via della macabra coabitazione. Potrebbe succedere anche alle trentamila famiglie italiane colpite dalla sospensione della proroga degli sfratti, che poi i fantasmi incutono meno paura dei vivi, quelli feroci al governo, quelli che costringono a occupare case cui si avrebbe diritto, quelli che fanno della povertà un destino a trasgredire che va punito in anticipo, quelli che si approvvigionano dei relitti, a cominciare dai nostri diritti, dai beni comuni, affondati nel mare in tempesta dell’ingiustizia e dell’iniquità.

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