di Sandro Valentini da casedellasinistraunita – 3 luglio 2014
Di certo dopo il voto alle europee la Lista Tsipras non ha dato ai suoi elettori una bella immagine. Prima la vicenda su quale seggio doveva optare Barbara Spinelli e la brutta lettera da lei inviata, poi la scissione a freddo ma lungamente preparata di Gennaro Migliore e una parte del gruppo parlamentare di Sel, hanno dato la ne…tta sensazione di una sinistra cronicamente malata, divisa e incapace di stare insieme.
La negatività di questi avvenimenti però almeno a me non hanno sorpreso. Ero convinto e oggi sono più di ieri ancora più convinto che la Lista Tsipras era soltanto un cartello elettorale e dopo il voto “si sarebbe squagliata come neve al sole” proprio perché nata con l’incapacità di indicare un progetto politico per la sinistra. Troppo diversi, per cultura e politica erano i soggetti che l’hanno sostenuta e nonostante i buoni propositi unitari i nodi politici dopo il voto inevitabilmente sono venuti fuori in modo dirompente.
Così è stato!
Non siamo ancora all’acqua di neve sciolta ma ci stiamo rapidamente arrivando nonostante il tentativo disperato di far vivere il Comitato elettorale della Lista, su quali basi politiche però non è dato sapere.
La ricerca dell’unità, vero e proprio valore strategico, non può avvenire saltando a piedi pari le questioni politiche e di contenuto o lasciando al solo gruppo di Migliore il compito di sventolare in modo un po’ opportunistico la bandiera della cultura di governo.
No, la questione è oggi decisiva a sinistra.
La ricerca per affermare una cultura per governare la trasformazione è e deve essere alla base di qualsiasi ragionamento sulla sinistra e sulla possibilità di costruire un soggetto politico in grado di portarla avanti. Non abbiamo bisogno né di roboanti radicalismi che conducono al settarismo, ma neppure di essere catturati dal “partito contenitore o della Nazione” di Renzi. L’autonomia è un bene prezioso che si misura proprio sulla capacità di condurre una lotta su due fronti: contro il settarismo minoritario, contro la subalternità opportunistica al Pd.
Il rischio pertanto di restare con i piedi a bagno nelle pozzanghere fangose lasciate dalla neve è reale, ma è anche vero che vi sono, nonostante tutto ciò, potenzialità e possibilità interessanti che possono determinare, dopo un brutto e fallimentare decennio, una svolta.
Non sono un inguaribile ottimista, anzi per natura sono un pessimista, ma non mi sfugge che la situazione a sinistra è tutt’altro che statica, al contrario paradossalmente è, pur tra rotture e scissioni, in movimento; un movimento che può dischiudere processi nuovi e positivi.
Tento di mettere a fuoco ciò che sta accadendo.
1) È in atto nella Cgil un faticoso lavoro di costruzione di una sinistra sindacale che ha nella Fiom il fulcro per contrastare l’arrendevole politica sindacale della Camusso. Il risultato delle votazioni sulla Segreteria nazionale, composta per la prima volta nella storia del sindacato solo dalla maggioranza, evidenzia la forte caduta di credibilità della leadership della Camusso. Siamo dunque in presenza di una sinistra sindacale che si sta riorganizzando e in crescita, nonostante il tentativo della maggioranza di blindarsi.
2) Dopo il terremoto della elezione di Renzi a Segretario del Pd e a Presidente del Consiglio quella parte della sinistra interna che non è salita sul carro del vincitore prova a rialzare la testa su una questione non di poco conto, decisiva: l’eliminazione dalla Costituzione del vincolo di pareggio di bilancio. Il fatto che tutta la sinistra, da Cuperlo a Civati, si pronunci a sostegno di un referendum su questa materia è da valorizzare, è segno di una riflessione interna e di una volontà di stare in campo. Per queste ragioni la sinistra del Pd è fortemente irritata dalla scissione di Migliore e dei suoi che hanno ricercato, senza porsi troppi problemi, un accordo con Renzi proprio nel momento in cui tenta di riprendersi.
3) Cresce in Cinque Stelle il malessere interno. Sono ormai non pochi i parlamentari fuoriusciti dal Movimento che guardano a sinistra o che vi restano su posizioni critiche e con questi “pezzi” del grillismo occorre dialogare.
4) È in atto nel mondo socialista, dentro e fuori dal Psi, per la prima volta una impegnativa riflessione che non pone al centro del progetto l’unità socialista o l’appartenenza al Pse, ma quello della costruzione di un nuovo soggetto politico. Questa riflessione è favorita dal processo di mutazione del Gue, sempre meno un Gruppo confederale di partiti comunisti, sempre più, con le esperienze greche, tedesche, francesi, spagnole, portoghesi, irlandesi e dei paesi scandinavi, un Gruppo unitario del Partito della Sinistra europea che lancia alle socialdemocrazie una sfida politica basata sul confronto programmatico e sull’unità possibile. La fuoriuscita dei Comunisti greci da Gue e la loro collocazione nel Gruppo misto, è la conferma che la linea di Tsipras di rilanciare la Sinistra Europea su nuove basi rispetto anche al recente passato ha ottenuto già dei risultati significativi, sia sul piano politico che su quello elettorale.
5) Le scelte della Spinelli e soprattutto la scissione di Migliore non ha determinato – come si temeva – la crisi e il dissolvimento di Sel, anche se non vanno sottovalutati alcuni aspetti, come il disegno di costituire insieme con la maggioranza del Psi e i moderati centristi un campo ampio egemonizzato dal Pd. L’Assemblea nazionale del partito ha riproposto con forza una linea unitaria di apertura a sinistra verso tutte quelle sensibilità che hanno una cultura politica simile a quella di Sel. Di avviare, insomma, con l’insieme di queste aree un processo unitario, di costruzione di un campo di sinistra specchio di quello del Pd.
6) È in caduta libera la proposta dell’unità dei comunisti. Perde di ulteriore credibilità non solo per il suo carattere residuale e testimoniale, ma anche per via dei processi in corso in Europa. Il Pdci è spaccato in tre parti ed è alla vigilia di nuove rotture. C’è chi ritiene matura la confluenza nel Prc, c’è chi vorrebbe, come Diliberto, collegarsi al processo unitario a sinistra e chi, invece come Sorini, punta decisamente a una “emmellizzazione” di ciò che resta del Pdci, spazzando via gli ultimi residui di cossuttismo e di collegamento, sia pur formale, con la storia del Pci. Inoltre il Congresso del Prc ha nettamente bocciato la proposta dell’unità comunista determinando così un’ulteriore riduzione di consenso tra i suoi quadri di un progetto senza nessuna forza, pur minima.. Non a caso chi nel Pdci vuole confluire nel Prc guarda soprattutto a Ferrero e alla sua politica e non all’area di Essere Comunisti di Grassi.
7) Anche nella minoranza del Prc, quella appunto di Grassi, è in corso una discussione impegnativa. Si parte dalla considerazione che si è esaurita la spinta propulsiva di tutti i partiti formatisi alla sinistra del Pd in questi anni, Prc incluso. Non siamo ancora alla rottura con la maggioranza di Ferrero, ma indubbiamente la presa d’atto della necessità di indicare un nuovo disegno strategico non è un fatto di poco conto; la componente non dovrà più dedicare più di tanto i suoi sforzi organizzativi alla battaglia interna per il rilancio del Prc su una posizione non minoritaria, ma guardare invece molto al lavoro esterno, cioè di costruzione di momenti politici unitari con tutte quelle aree e militanti interessati a un progetto di ricostruzione di un soggetto unitario e plurale della sinistra in Italia, in sintonia con la Sinistra Europea.
8) Ma l’aspetto decisivo della fase è la presenza di movimenti politici e sociali dal basso con l’acutizzarsi della crisi sociale. Il Movimento delle Rsu contro la “riforma delle pensioni della Fornero” e degli esodati, il Movimento degli studenti, in particolare le importanti iniziative portate avanti da Act, il Movimento sui beni comuni, mai sopito e che resiste ai trasformismi del Pd, il rinnovato impegno dell’associazionismo di sinistra soprattutto in grandi città metropolitane; ma soprattutto la nascita un po’ in tutto il Paese, partendo dai territori, di strutture unitarie a sinistra (case, associazioni, circoli, ect.) anche attraverso il tentativo di trasformare molti Comitati elettorali per Tsipras in centri di iniziativa politica, sono ormai una realtà che sfugge al “controllo” delle Segreterie dei partiti, ai diversi disegni politici.
È ora necessario dare una visione nazionale all’insieme di queste strutture determinando un rapporto nuovo, profondamente diverso tra gruppi dirigenti ed esperienze di movimento.
Non serve né fare il basista o il movimentista, ma neppure credere che un nuovo gruppo dirigente della sinistra si forma con il vecchio metodo della cooptazione. Occorre perciò intrecciare il dibattitto e il confronto tra i gruppi dirigenti dei partiti – che dirigono sempre meno – e le esperienze nuove e unitarie, spesso molto più avanti dei partiti stessi – nate sui territori, ma che non dispongono, per mancanza spesso di conoscenza, di una visione nazionale.
Si tratta di individuare luoghi e spazi per avviare una discussione feconda. Intrecciare quindi e non contrapporre questi due momenti. È questo un compito ugualmente decisivo sia di chi fino ad oggi ha svolto nei partiti una funzione di direzione, ma anche di chi è diventato protagonista di queste esperienze raccogliendo la domanda politica che viene dai territori.
Siamo in piena fase di transizione dove s’intravvedono appunto potenzialità e possibilità fino a ieri impensabili. A sinistra non vi è nessun soggetto o partito che può oggi rivendicare di essere il perno su cui ragionare per lo sviluppo di un processo unitario. Non lo è il Comitato per Tsipras che mostra tutti i suoi limiti, non lo è Sel, che è consapevole di essersi indebolita, o la sinistra del Pd, la cui capacità d’attrazione resta scarsa, e men che mai gli altri. Ma paradossalmente proprio questa debolezza determina una condizione fino a ieri isperata. Sempre più diffusa è tra i militanti la convinzione che nessun soggetto politico è autosufficiente per intraprendere da solo un percorso, tutto in salito e irto di ostacoli. Occorre unire le forze, non sommandole, ma possibilmente moltiplicarle. Evitare insomma di restare impantanati in un terreno fangoso per porre da subito le basi di un processo in cui si possa guardare al futuro con un po’ di ottimismo.
Le Case per la sinistra unita di Roma come altre esperienze unitarie faranno sicuramente la loro parte, con spirito unitario e propositivo. Che i partiti, consapevoli di essere in una crisi profonda e irreversibile, facciano altrettanto.