Tempi stretti per evitare il disastro

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Gian Franco Ferraris / Lanfranco Turci

di Gian Franco Ferraris – 25 febbraio 2017

Ho molto apprezzato questo intervento di Lanfranco Turci, che in modo chiaro evidenzia i nodi della crisi della società italiana, come l’impoverimento del ceto medio, che hanno come conseguenza  ineluttabile uno sbocco a destra. E’ un’ondata che ha investito l’Europa del sud e gli Stati Uniti, se in Italia non è ancora avvenuto dobbiamo ringraziare il M5s di Grillo che, in questa crisi spaventosa, ha congelato i peggiori istinti antidemocratici.

La frattura tra il centrosinistra e il popolo che si prodotta in questi anni è sempre più profonda. Di fronte a tutto questo, il ceto politico è sordo: gli interventi recenti di due padri nobili del PD, Prodi e Veltroni, dai toni enfatici e paternalistici, tutti tesi al richiamo all’unità, sono in realtà rivolti al ceto politico e quanto mai distanti dal popolo.

La politica è lo specchio della società, troppo spesso chi fa politica lo fa solo per curare i propri interessi e quelli delle lobby che rappresenta.

Bobbio, che comunista non era, scrisse 25 anni fa,parole profetiche: “la precipitazione con cui si sta buttando a mare il vecchio carico mi pare sospetta …  c’è molta merce avariata in giro, molto materiale fuori uso che passa per nuovo”. Per affrontare la difficile situazione italiana però non servono gli slogan, bisogna occuparsi dei problemi veri delle persone, avendo sempre presente l’interesse generale del paese; a questo proposito vi invito a leggere la riflessione di Bobbio (1).

Anche quelli più consapevoli, che hanno cercato di opporsi a questa deriva, in questi anni non hanno prodotto risultati apprezzabili e hanno continuato a litigare tra di loro e a spaccarsi in mille rivoli. Quello che tutti chiamano il campo della sinistra è stato, in realtà, un campo di capre impazzite. Cosa si può fare per rimediare?

Il mare della sinistra è inquinato, anche i compagni sani come un pesce non possono che morire in un mare così avvelenato, in cui tutti hanno qualcosa da rimproverare agli altri.

La saggezza non si acquista, chi non è saggio dovrebbe attenersi a una disciplina militare, condividendo degli obiettivi comuni. Questo concetto è scritto pure nella Bibbia e corrisponde alla bella affermazione di Bersani di questi giorni: “… nei momenti di incertezza, è bene fare quello che si deve fare…” Con sincerità dobbiamo riconoscere di essere un esercito di sfigati, presuntuosi e rancorosi ma se accettiamo di buona lena una disciplina militare otterremo risultati insperati per il Paese intero.

Per costruire una nuova forza di governo è indispensabile partire da un programma essenziale e condiviso. Dieci, dodici punti che spie­ghino per­ché si sta insieme, e si sta insieme qui e non altrove sia una strada percorribile. Alla fine si tratta di fare una cosa che dovrebbe essere semplice “pensare a un programma”, uno strumento capace restituire alle persone la padronanza della propria vita a partire dal lavoro.

Sul lavoro, sono d’accordo con Luciano Gallino  quando sostiene, in sintesi, che non è il progresso che produce lavoro, ma è il lavoro che crea progresso. Dovrebbe essere un nodo cruciale comune a tutti.

Scrivere un programma comune non dovrebbe essere difficile, dato che sui grandi temi come il lavoro, la redistribuzione dei redditi, l’integrazione,  i diritti civili, a grandi linee sono tutti d’accordo.

L’unico tema su cui i punti di vista sono diversi è il rapporto con l’Europa, tra chi spera in un cambiamento delle politiche europee e chi pensa si debba riguadagnare la sovranità nazionale. Il programma dovrebbe comprendere il piano A, cioè quello di indirizzare le politiche europee agli investimenti pubblici e il piano B, quello di preparare un superamento ragionato dell’euro (sarebbe di buon senso per tutti davanti a un muro cercare una via d’uscita).

Il programma deve essere condiviso, scritto insieme e votato dalle persone in carne ed ossa. Nel frattempo si deve obbedire alle regole militari. La mia proposta è:

  • nominare alcuni garanti (5 o 7 al massimo) con il compito di scrivere un codice etico che tutti dovrebbero sottoscrivere e di formare le liste dei candidati per le elezioni politiche. Questi garanti non dovrebbero essere nominati ciascuno da un partito, ma eletti da tutti i partecipanti con almeno il 70% dei consensi.
  • stanno emergendo leader giovani (Speranza, Fratoianni, Civati) ed è giusto che ognuno giochi le sue carte. Su  Civati ricordo che è stato coerente anche quando è stato abbandonato dai suoi seguaci che hanno ottenuto incarichi nel Pd grazie al suo risultato alle primarie. Con la sua formazione Possibile ha costruito un gruppo di giovani, a differenza degli altri, inoltre ha una buona capacità di comunicazione.
  • i “giovani leader” non dovrebbero recitare il ruolo di bei bambini, ma quello della levatrice, che non è il bambino ma aiuta il bambino a nascere, forte e robusto.  Il bambino è la nuova sinistra di cui ha bisogno il Paese.
  • il bambino crescerà sicuramente beneducato perchè abbiamo due ottime madri, sono D’Alema e Bersani (con la memoria di tutti gli errori commessi sapranno essere di buon esempio), il padre è incerto ma persone equilibrate come Epifani e Cofferati andrebbero benone.
  • se dobbiamo individuare una persona da mandare in televisione a rappresentare tutta la costituente di sinistra, propongo di sceglierlo tra personalità di cultura come Moni Ovadia, Gustavo Zagrebelsky, Lorenza Carlassare.

Le persone di sinistra che non vogliono arrendersi ai tempi nuovi, alla sconfitta di classe, hanno ragione perchè non è accettabile il predominio del libero mercato sull’uomo. L’unica speranza è che l’uomo acquisisca la consapevolezza per ribellarsi allo status quo e per iniziare un’altra storia. il compito principale di una azione politica che voglia essere qualcosa di meglio che un impadronirsi del potere per soddisfare interessi personali o di gruppo, di lobby, più o meno lecite, è quello di interpretare i nuovi bisogni e i nuovi diritti che i Poteri tendono a mettere ai margini della società.

La maggior parte del Paese sta soffrendo per la difficile situazione economica; le cose che sosteniamo avrebbero il consenso di gran parte degli italiani se fossimo credibili come forza poltica.

(1) “Sono moderato, perché sono un convinto seguace dell’antica massima in medio stat virtus. Con questo non voglio dire che gli estremisti abbiano sempre torto. Non lo voglio dire perché affermare che i moderati hanno sempre ragione e gli estremisti sempre torto equivarrebbe a ragionare da estremista. Un empirista deve limitarsi a dire “per lo più”. La mia esperienza mi ha insegnato che nella maggior parte dei casi della vita pubblica e privata, “per lo più” le soluzioni, se non migliori, meno cattive sono quelle di chi rifugge dagli aut aut troppo netti, o di qua o di là. Io sono un democratico convinto. La democrazia è il luogo dove gli estremisti non prevalgono. La democrazia, e il riformismo suo alleato, possono permettersi di sbagliare, perché le stesse procedure democratiche consentono di correggere gli errori. L’estremista non può permettersi di sbagliare, perché non può tornare indietro. Gli errori del moderato democratico e riformista sono riparabili, quelli del estremista, no, o almeno sono riparabili solo passando da un estremismo all’altro. Il buon empirista, prima di pronunciarsi, deve voltare e rivoltare il problema… di qua nascono l’esigenza della cautela critica e…. la possibilità di sbagliare. Dalla possibilità dell’errore derivano due impegni da rispettare: quello di non perseverare nell’errore e quello di essere tolleranti degli errori altrui.”
(N. Bobbio, De senectute, Einaudi, Torino, 1996, p. 148).

di Lanfranco Turci – 23 febbraio 2017

Il corpo del PD è spossato. La gestione Renzi gli ha dato il colpo finale unendo arroganza e stoltezza politica. D’altro lato l’arrivo di un personaggio come Renzi era la conferma che la spossatezza organizzativa e morale di quel partito era già molto avanzata. Da questo edificio in sfacelo si può solo sperare di recuperare quel tanto di materiali che si possano riutilizzare nel tentativo di costruire un primo accampamento di riparo, in cui riorganizzare forze e strategie. Ma i tempi sono stretti e drammaticamente incalzanti, perché il corpo del paese è ancora più spossato e attraversato da tensioni e fratture che fanno paura.
Tensioni e fratture che in altri paesi, dagli Stati Uniti all’Europa, alimentano movimenti di destra razzisti e reazionari, sostenuti da tanta parte di ceti operai e popolari che nel passato costituivano il popolo della sinistra. Inutile ripetere qui che le cause che stanno nei disastri provocati dalla globalizzazione guidata dalla grande finanza e dalle politiche liberiste.
Inutile ripetere qui che le maggiori forze di sinistra si sono lasciate trascinare senza consapevolezza da questa onda che sembrava portare più benessere e libertà per tutti, lasciando invece libero solo il dominio del mercato.
Il problema vero e urgente che abbiamo di fronte è quello di arrivare in tempo a bloccare gli effetti politici di questi processi. Arrivare in tempo a invertire la rotta prima che la crisi della globalizzazione porti via tutto, affidando alle destre la bandiera di una protesta incattivita e disperata. Ce la faremo a costruire un nucleo alternativo di speranza a sinistra, in tempo per guidare la crisi verso altri esiti? Per parlare a coloro che stavano con noi e non ci riconoscono più? A indicare un percorso che non si nutra dei falsi miti cui abbiamo reso omaggio in questi anni? A liberarci dei tabù del neoliberalismo che ci hanno legato le mani e i pensieri in questi anni? Un tentativo modesto lo stiamo facendo con Sinistra Italiana. Col rischio però di accontentarci della nostra buona coscienza . Ovviamente questo non basta. Queste domande angosciose riguardano anche i compagni che stanno lasciando ora il PD. Lasciate perdere le piccole mosse tattiche. Se volete liberare le forze residue di questo corpo spossato dovete fare un discorso di verità, senza sbandierare illusorie soluzioni di ulivi e centrisinistra che non sono la soluzione ma invece parte del problema. Questa è una fase in cui per essere realisti bisogna essere radicali e non è detto che comunque basti a invertire il trend catastrofico che stiamo vivendo. Ma diamoci almeno una mossa, per non essere accusati nei prossimi anni di non aver capito il cambiamento di fase in atto e di essere andati inermi come pecore incontro al disastro dei nostri ideali e della stessa democrazia.

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