Alessandro Gilioli: Una piazza “per l’Europa” è stata una ottima idea di marketing per #Repubblica

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alessandro Gilioli
Alessandro Gilioli: Una piazza “per l’Europa” è stata una ottima idea di marketing per #Repubblica
Mi perdonerete se della manifestazione di ieri parlo solo di un aspetto che ai più sembrerà laterale: quello editoriale.
Intendo dire: sugli aspetti politici, gli europeismi, il riarmo, Ventotene, eccetera credo che si sia detto tutto – ciascuno con il suo parere. Il coté editoriale invece è rimasto poco arato, anche perché i media fanno molta fatica a parlare delle loro dinamiche interne.
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L’evento di ieri è stato promosso e organizzato da un giornale.
Tutto è nato dall’idea di un suo editorialista, poi fatta sua da Repubblica l’ha marchiata con forza.
Sappiamo, perché lo ha detto lo stesso Serra, che è stata la direzione della testata a raccogliere la sua proposta quasi provocatoria – un semplice “sarebbe bello” – e a trasformarla in grande evento mettendo in moto la macchina, prima con le adesioni (i sindaci, gli intellettuali etc) poi con l’organizzazione stessa e i relativi costi.
Partiti, associazioni e sindacati si sono accodati.
Non so quante manifestazioni in Italia siano mai state promosse e organizzate da una singola testata. Comunque questa è stata quella di maggior successo in tempi recenti.
Oltre tutto in un’epoca in cui i giornali sono sempre meno acquistati e letti.
Repubblica, in particolare, cerca di uscire da una lunga crisi non solo di vendite ma soprattutto di identità e di reputazione. Finito il berlusconismo (“il nostro migliore asset editoriale”, lo definiva Carlo De Benedetti una quindicina di anni fa) e finita la direzione di Ezio Mauro, ha cambiato quattro direttori in cinque anni (Calabresi fino al 2019, poi Verdelli, Molinari, Orfeo) per non dire del breve periodo in cui Calabresi era stato semi commissariato dal condirettore Cerno, oggi a capo del quotidiano di destra il Tempo.
Insomma, un casino. Non si capiva più che giornale era, con quale target, quale linea, quali idee, quali strategie.
E la nuova proprietà (Fiat) strologava di “digital first” per coprire il vuoto di identità e posizionamento.
L’attuale direttore ha avuto la fortuna o l’intuizione di trovare una linea meno ondivaga e caotica: fare di Rep. il principale vessillifero italiano delle “liberal democrazie europee minacciate dalle autocrazie”.
Può essere fortuna, dicevo: Trump e Putin oggi sono per Rep. quello che era Berlusconi nel 2020, “il nostro migliore asset editoriale”. Ma c’è stata comunque un’intuizione: tornare a fare un giornale di battaglia. Magari un po’ manicheo, pregiudiziale, con titoli forzati e un’onestà intellettuale talvolta piegata alle esigenze di questo nuovo marketing, ma comunque di battaglia. “Costringendo” alcuni partiti a seguirlo sulla sua linea.
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A questo punto si capisce facilmente perché l’idea buttata lì da Serra è stata accolta con tanto entusiasmo dai vertici del giornale: era un’occasione d’oro, subito dopo il cambio della veste grafica e in piena campagna di rilancio, poi. Di qui tutta la macchina di adesioni e di organizzazione. E di qui piazza del Popolo, di cui avete e abbiamo parlato tutti.
E oggi Repubblica ha potuto titolare a tutta pagina “L’Europa siamo noi”, dove per “noi” si intende una componente ampia della società di cui il giornale si fa capofila, interprete, rappresentante.
Sia chiaro: non intendo ridurre le decine di migliaia di persone in piazza ieri a comparse di un’operazione editoriale. Ho anzi più che semplice rispetto per quasi tutti quelli che sono andati: ho proprio consonanza di intenzioni. A parte i vari Calenda e gli altri puffi con l’elmetto, naturalmente.
E tuttavia l’operazione editoriale c’è stata ed è pure riuscita. In un’epoca in cui “giornali non contano più niente” un giornale ha invece svolto un ruolo politico trainante forte.
Questo ci aiuta anche a capire perché i grossi imprenditori si comprano o si tengono stretti i giornali, pure se ci perdono un sacco di soldi. Servono non solo per il rapporto di forza nei meccanismi relazionali di potere, per il lobbying e per il washing, ma anche come soggetti di indirizzo politico.
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A corredo – e lo aggiungo soprattutto come curiosità finali – c’è stato l’effetto nelle testate concorrenti.
Il Corriere della Sera ieri ha reso noto che erano previste a Roma “tre manifestazioni”, mettendo quella di Serra quasi sullo stesso piano di quella di Marco Rizzo. Alla sera, sul sito, Piazza del Popolo era la quinta notizia molto sotto il gol di Pulisic. La cronaca di Roncone, oggi, è al limite della presa per i fondelli.
Il Foglio si è accodato all’evento ma caspita come si rosica da quelle parti, loro è da vent’anni che sono sulla trincea delle “liberal democrazie minacciate” e mo’ arriva Rep. e si mangia tutto il target.
La Stampa ha fatto gioco di equilibrismo, la proprietà è la stessa ma non è che ci si può sdraiare del tutto sulla linea di un’altra testata, lo vedete anche dal fondo del direttore di oggi (il quale tra l’altro riduce da 50 a 30 mila i partecipanti).
Quanto al Fatto, beh, è sempre di più l’anti-Repubblica per eccellenza, quindi con un aumentato ruolo di rappresentanza fra chi la piazza di ieri l’ha detestata e di conseguenza con un rafforzamento di identità.
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