I tweet più veloci del west

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti

È incredibile come organi di informazione e uomini politici, per un tremendo riflesso condizionato o d’istinto, dinanzi a fatti tremendi e a tragedie, la prima cosa che ritengano doveroso fare sia twittare qualche loro spesso maleodorante pensiero. Così velocemente da non aver riflettuto abbastanza, e senza essere nemmeno esattamente informati dell’accaduto. È ovvio che, in assenza di dati, affidandosi solo al proprio risentimento e alla volontà di propaganda, ne escano fuori sozzerie da cancellare al primo stormire di verità.

Ma al di là dei contenuti espressi, è proprio il gesto di twittare come pistoleri del west che mi lascia perplesso e stupefatto. Possibile che chi ha responsabilità nazionali non trova di meglio che marcare la propria presenza sui social, e per di più scatenando orde di commentatori seriali simili a orchi, piuttosto che mantenere la calma e capire l’effettivo accadere dei fatti prima di proferire verbo? Chiediamo troppo? La comunicazione (per di più la peggiore) si è davvero mangiata la politica in un boccone?

E poi c’è un’altra cosa. Stavolta, nel caso del povero carabiniere, ci si sono messi anche gli organi di informazione, forse perché animati dalla stessa folle ideologia dei loro politici di riferimento. Così che la bufala dei nordafricani assassini è stata riversata in rete anche dai paladini della verità stampata. Una volta si diceva che erano gli utenti social a generare le fake, e che la stampa e le news TV erano il vero riferimento per contrastarle. Non è così, purtroppo. Le panzane sono state veicolate alla velocità della luce per primi dai profili di alcuni organi di informazione, senza che avessero prima verificato alcunché come è obbligo fare. Anche i media giornalistici sono ormai malati della stessa patologia social-presenzialista soprattutto, guarda caso, quelli di destra. È come se un velo uniforme si distendesse sul mondo dell’informazione e lo ingrigisse, rosicchiando ancora un’altra po’ di speranza che resta.

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