L’ESSERE UMANO COMPLETO E’ L’ORGANO PER MEZZO DEL QUALE
LA NATURA RIVELA I SUOI SEGRETI
Dovremmo far parlare le cose partendo dall’intimo del nostro spirito, se vogliamo conoscerne l’essenza. Solo dal nostro proprio intimo possiamo giudicare il mondo. Non appena si voglia andare oltre la mera osservazione di un processo, si deve trasferire su di esso l’esperienza che il nostro proprio corpo ne ha.
La scienza materialista ha preso un altro cammino. Essa da tempo sostiene che le percezioni sensibili sono solamente stati soggettivi suscitati da processi obbiettivi. Però questa obbiettività, strabiliante è notarlo, è presa a prestito dal mondo della esperienza soggettiva! In altre parole, si vogliono riguardare luce, colore, calore, suono, ecc. come stati puramente soggettivi dell’organismo umano, privilegiando misura, numero, movimento, forza, che lo sono ugualmente, e tuttavia affermare l’esistenza di un mondo oggettivo di processi fuori dai confini della pelle dell’organismo umano.
Eppure è l’organismo umano il generatore delle esperienze di estensione, grandezza, posizione, movimento e forza, le quali per un abile gioco di prestigio, da esperienze soggettive quali sono, vengono promosse al rango di qualità oggettive, mentre questo status viene negato a luce, calore, colore, suono.
Le qualità meccaniche, matematiche e geometriche sono in realtà collegate col restante contenuto del mondo della percezione del suono, della luce, del colore e così via. La divaricazione dei rapporti spaziali, di movimento, di numero, da tutte le altre qualità sensibili è stata una scelta precisa del pensiero che astrae. Cartesio è stato il primo a spezzare una lancia a favore di questa separazione.
Le conseguenze sono state che le leggi della matematica e della cinetica si riferiscono ad oggetti e processi astratti separati dal mondo della esperienza reale e integrale, e sono applicabili solo nel mondo dell’esperienza astratta.
La tendenza a trascurare i fenomeni di colore, suono, calore, ecc. come tali, per considerare solo i processi meccanici ad essi corrispondenti, può nascere solo dalla credenza che alle semplici leggi della matematica e della cinetica corrisponda un grado maggiore di realtà e di comprensione che non alle qualità e ai reciproci rapporti delle altre percezioni. Se è vero che la comprensione matematica e meccanica si può riportare a dati di fatto semplici evidenti a un riconoscimento immediato, nello stesso senso vengono conosciuti per immediata intuizione anche i semplici eventi del mondo dei suoni e dei colori e le altre percezioni.
Eppure, per il preconcetto che un semplice fatto meccanico o matematico sia più comprensibile di un fenomeno elementare di calore o di suono, si eliminano dai fenomeni lo specifico del suono e del colore e si considerano solo i processi di movimento corrispondenti alle percezioni di senso.
Perché la scienza ha intrapreso questo cammino? C’è una profonda ragione evolutiva a cui accennare.
Sono le attuali condizioni di sviluppo della nostra anima che esigono lo smorzamento del rapporto vivente col mondo e lo sviluppo dei concetti astratti. Ciò accade dal secolo XVI in poi, e in forma crescente. Quando nel corso del tempo l’Umanità ha raggiunto lo stadio in cui doveva emergere l’auto coscienza, si è per così dire “soffocata” la realtà vivente. Lo abbiamo fatto perché se avessimo continuato a sperimentare in tutta la vitalità il rapporto col mondo esteriore non saremmo giunti all’auto coscienza. Senza l’indebolimento di questa vitalità ci saremmo sentiti membri di una unità più grande, organi di un organismo più grande. In tempi lontani nell’operare delle forze esterne vedevamo la manifestazione degli esseri spirituali e in noi stessi sperimentavamo la forza interiore.
L’emergere nel bambino della coscienza individuale intellettuale dalla condizione puramente volitiva dell’anima è una replica in piccolo del processo maggiore per il quale l’Umanità occidentale è passata nel corso del suo sviluppo.
Consideriamo la costituzione psico fisica del bambino nel suo fondamentale processo di assumere la posizione eretta. In quella condizione infantile, il bambino è soprattutto un essere volitivo, interamente immerso nella volizione e tutt’uno col mondo esterno a sé. Nel bambino c’è ancora molto poco contrasto tra organi vivi e “non viventi”, come in lui c’è poca differenza tra il dormire e lo stare svegli. Mai più difatti l’anima eserciterà la volontà allo stato puro e così intensamente come nei giorni in cui essa agisce per far assumere al corpo la posizione eretta, mai più agirà con forza e con la stessa determinazione per raggiungere lo scopo a cui si dirige.
Vediamolo nei tentativi di alzarsi in piedi nella posizione verticale ed acquisire la facoltà di mantenersi in questa posizione. Che cosa la sua anima sta sperimentando ed apprendendo? E’ alle prese con la struttura dinamica dello spazio esterno, ha a che fare con la forza di gravità che tiranneggia sul suo corpicino, e con tutto ciò che la sua forza di volontà sperimenta attivando il senso del movimento e dell’equilibrio. All’inizio della nostra camminata terrestre la forza di gravità diviene esperienza interna del nostro organismo, e con essa l’apprendimento dello spazio, del sopra e sotto, dell’avanti e dietro. Il bambino apprende attraverso il movimento, è immerso nella forza e impara a convivere con essa mentre esplora lo spazio. Il senso del movimento e dell’equilibrio cominciano a svilupparsi ora: essi si affermano e specializzano, ci fanno sapere lo stato generale dei nostri movimenti corporali, anche dei più piccoli.
Avere il senso del movimento significa percepire che le membra del nostro organismo si muovono insieme o separatamente, “sapere” quando curviamo un braccio o una gamba, finanche quando parliamo perché allora la laringe si muove. Ciò che portiamo con noi nella forma di spazialità intuitiva e movimenti sperimentato nei primi passi e le prime esperienze, si trasformerà poi poco a poco nella nostra capacità concettuale, mediante la metamorfosi di quelle forze di volontà nella elaborazione di concetti geometrici e cinematici.
Quindi la nostra capacità di pensare in concetti cinematici è il risultato evolutivo della nostra esperienza previamente acquisita dell’ordine dinamico del mondo. Quest’ordine dinamico lo sperimentiamo vivamente nella più tenera età. Poi esso rimane nel fondo mentre comincia ad emergere imperiosa la nostra capacità intellettuale. Crescendo, perdiamo contatto e memoria con quelle esperienze dinamiche con la forza realizzate da piccoli nel dominio della volontà, mentre acquistiamo capacità intellettuale e visione geometrica della realtà. Con ciò ci separiamo dal mondo esterno.
Va detto quindi che nell’evoluzione dall’infanzia all’età adulta noi ricapitoliamo in piccola scala fasi precedenti dell’evoluzione dell’Umanità.
Riguardo il pensiero già sviluppato, il nostro modo abituale di avvicinarci alla Natura si avvale innanzitutto dell’Aritmetica, della nostra capacità di contare e calcolare. E’ uno strumento che possediamo e comprendiamo, ma ora di forma indipendente dal mondo esterno. Contare mele o contare figurine non fa differenza, si tratta solo di contare. Il secondo strumento di cui disponiamo per avvicinarci alla Natura è la Geometria. Quello che è un quadrato, o un cubo, o un cerchio, ora lo sappiamo senza bisogno di osservarlo nel mondo fuori. Sono concetti che sappiamo tessere e dominare da noi stessi; possiamo fare un disegno conveniente per aiutare la memoria, ma non è indispensabile, perché possiamo immaginarlo nella mente. Il concetto di triangolo o di circolo, per esempio, lo abbiamo tutti. Le forme geometriche sono una realtà che è distante dalla Natura esterna. La geometria implica dei giudizi. Due triangoli qualsiasi non hanno nulla in comune, se mi attengo all’apparenza dei sensi. Ciò che hanno di uguale è la legge secondo la quale sono formati, per cui entrambi cadono sotto il concetto di triangolo.
Infine, la terza cosa di cui disponiamo prima di avvicinarci alla Natura è la scienza del Movimento, o Cinematica. E’ bene realizzare che la Cinematica è ancora più distante da quelli che chiamiamo fenomeni naturali. Posso immaginare il movimento ideale che dalla mia posizione seduto al tavolo mi porta diritto alla porta di ingresso. Pura immaginazione. Ma potrei ugualmente immaginare di andarci idealmente con un primo movimento fino al termosifone e poi dal termosifone alla porta. Sono consapevole nel mio intimo della composizione dei movimenti nello spazio, cioè come un movimento da A a B sia possibile comporlo con due altri che producono lo stesso risultato. Si chiama parallelogramma dei Movimenti. Ma non devo fare disegni o grafici, lo so da me, e chiunque altro lo troverebbe valido appena glielo spiegassi. Se poi questo è applicabile ai fenomeni della Natura, devo scoprirlo osservando che succede nella realtà, e lo stesso vale per l’Aritmetica e la Geometria.
Quindi abbiamo tre punti di appoggio preliminari prima di rivolgere lo sguardo alla Natura, tutti e tre emergono solamente da noi stessi, da esperienze pregresse; tuttavia questi concetti sono validamente applicabili a ciò che accade nel mondo esterno.
Diverso è ora il caso delle forze, perché quando una forza reale è applicata a un corpo non posso immaginare cosa accadrà, debbo in qualche modo misurarla, devo approssimarmi alla Natura, devo passare dal pensiero astratto al mondo dei fatti e dei fenomeni. Con l’attività mentale posso approssimarmi ai movimenti, ma non alle forze. E’ maturo il momento per avvicinarci al mondo esterno con il nostro essere completo. Allora devo ricorrere alle esperienze quotidiane, e qui mi accorgo che conservo due parole nel linguaggio, ed esse mostrano esperienze valide prima di una riflessione scientifica.
La forza e la massa sono concetti primordiali della nostra esperienza di esseri umani qui sulla Terra, è innegabile. Ma come riconoscerle? Solamente per mezzo dei loro effetti. Invece, le verità geometriche le otteniamo dalla nostra vita di pensiero e possiamo poi eventualmente applicarle ai processi della natura. Per le esperienze fisiche dobbiamo fare un salto nel dominio delle forze naturali, e per comprendere ciò che c’è nella Natura dobbiamo considerare attentamente i nostri stati di coscienza.
Questa è materia per un altro articolo.
FILOTEO NICOLINI
Immagine: Due Asini