Anche articolo 18

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Maria Cecilia Guerra
Fonte: facebook

Maria Cecilia Guerra- economista e senatrice PD

La delega lavoro presentata dal Governo non prevede l’abolizione delle tutele dell’articolo 18 per chi ora già ne gode (circa 6,5 milioni di lavoratori del settore privato). Si limita a dire che verrà introdotto per i nuovi assunti un contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti al crescere dell’anzianità di servizio. Cosa vuol dire?
I nuovi assunti potranno godere come i vecchi delle tutele contro i licenziamenti illegittimi?
Secondo Sacconi la norma significa che ai nuovi assunti verranno garantiti in caso di licenziamenti illegittimi solo indennizzi monetari crescenti al crescere dell’anzianità di servizio senza alcun diritto alla reintegrazione.
L’emendamento che abbiamo presentato dispone invece che il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti può allentare le tutele per i primi anni di inserimento, ma poi deve garantire ai nuovi come ai vecchi assunti la pienezza delle tutele, comprese quelle dell’articolo 18.
Il premier Renzi sembra intenzionato a sostenere la interpretazione di Sacconi, se non a spingersi per la abolizione dell’articolo 18 anche per i vecchi assunti. Ma questo non era mai stato né proposto né sostenuto in tutti in lunghi mesi in cui la delega è stata in Parlamento.
La prima cosa, da chiarire, è che la discussione sulle tutele disciplinate dall’articolo 18 dello Statuti dei lavoratori non riguarda la flessibilità nell’uso della forza lavoro dettata da ragioni economiche, o il diritto del datore di lavoro di licenziare un lavoratore che non rispetti gli obblighi contrattuali riguarda invece i licenziamenti che sono decisi unilateralmente dal datore di lavoro senza un valido motivo. Il diritto del lavoratore ad essere tutelato contro ogni licenziamento ingiustificato è uno dei capisaldi della carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (art. 30).
La seconda cosa, da ricordare, è che l’art. 18 è stato completamente riscritto dalla legge Fornero nel 2012.
Dopo tale legge: il licenziamento discriminatorio (ti licenzio perché sei una donna, un nero, un iscritto al sindacato ecc) dà sempre diritto alla reintegrazione (anche sotto i 15 dipendenti). Mentre nel caso di licenziamenti disciplinari o per motivi economici la reintegrazione è ammessa (sopra i 15 dipendenti), per decisione del giudice, solo nel caso di insussistenza del fatto che ha motivato il licenziamento.
C’è davvero bisogno di cambiare ancora? Il nostro sistema è analogo a quello tedesco, e in Germania non sembra disincentivare investimenti e assunzioni.….

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