Come nell’ecumene della sfiga il “tailor made” investì il popolo che fu di sinistra

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Fausto Anderlini

di Fausto Anderlini – 28 luglio 2018

“La strada più giusta è quella indicata da settori di un mondo cattolico che non va verso il popolo, sfida il suo popolo sedotto dal male, come è necessario in fasi di regressione etico-politica. La sinistra deve fare lo stesso, organizzarsi come minoranza dalle grandi idealità che punge il governo e strattona il suo popolo di un tempo e la sua classe dormiente che ora inneggia a Salvini e a Grillo”. Così Michele Prospero su Manifesto del 27 Luglio invita la ‘sinistra’ a rompere gli indugi e a impugnare il brando della resistenza civile e culturale contro la democratura etno-populista.

Andare verso il popolo, anzi ‘seguirlo’, quantomeno ‘bordeggiarlo’, magari in tuta mimetica, per non farsi vedere, o sparargli contro le palle incatenate di un’etica superiore sperando di redimerlo ? That is the question.

Alla quale non mi sottraggo, e dico subito, sebbene renitente e con largo beneficio di inventario, che almeno in via di ipotesi sarei d’accordo con Michele. Col quale ho confabulato a lungo, proprio dopo che Lanfranco Turci mi aveva spiegato sul bordo di una piscina la strategia, per lui senza alternative, del cabotaggio sub grillo-leghista. Del resto sono preda dell’accidia e della malinconia. Vago solitario e in mutande fra le mie stanze abbandonate all’incuria, liquefatto nell’umida calura. In una impotente e miserevole extra-territorialità che mi inclina a queste penose ruminazioni.

Non è la prima volta che alla Chiesa accade di andare contro parti cospicue del suo popolo. La Chiesa sta, come gerarchia, ordine, organizzazione, e perciò può scegliere approcci diversi per salvaguardare sè stessa. Rendendo plastici i motivi della sua missione. Sotto il pacellismo arrivò a scomunicare i cattolici che votavano comunista, e non eran pochi. Persino facendo la cresta ai tentativi degasperiani. In epoca giovannea assecondò la coesistenza e il popolo che anelava la moderna democrazia sociale prendendo di petto il conservatorismo religioso, cosiccome sotto Woytila, a rovescio, ma con identica inclinazione, si fece parte diligente nel montante neo-liberismo. Nel periodo ratzingheriano (del quale il ‘nazionalismo cattolico’ biffiano fu una manifestazione estrema ma emblematica) non disdegnò di accompagnarsi agli ‘atei devoti’ per perorare una restaurazione conservatrice, andando contro i cattolici del centro-sinistra e la loro pretesa di essere ‘adulti’. Avvicinandosi assai all’etno-populismo e all’uso della simbolica religiosa come arma polemica, riducendo il messaggio cristiano alla bassezza di una mera ‘Kultur’ nazionale. Ora con Francesco siamo a un’altra musica. Ed è vero che di tutte le evoluzioni pontificali è la più arditamente contro-corrente.

In ogni caso per andare contro il proprio popolo per sottrarlo all’errore bisognerebbe innanzitutto averlo. La Chiesa ce l’ha, per quanto circoscritto e smandrappato. Se è vero che meno di un italiano su quattro partecipa alla messa e che nella massa dei ‘cattolici’, peraltro ridotta a poco più del 60 % per via della dibattuta ‘eclissi del sacro’, si trovano i tipi più vari. E anche ammesso che dai pulpiti delle chiese le omelie siano davvero standardizzate al nuovo corso, c’è da chiedersi cosa intenda di esse la sparuta e canuta compagnia dei presenti.

Del resto la situazione è ben illustrata dagli Usa, il più religioso di tutti i paesi, dove più della metà della gente si reca in chiesa ogni domenica. Con questa particolarità: che le chiese, sotto le più svariate denominazione, son quasi più numerose dei partecipanti. E’ il fenomeno «tailor made», dove ognuno ritaglia a sua misura la morale religiosa. Un generale «fai-da-te» dove si va alla messa colme al super-mercato per scegliere il miglior prodotto che serva al fitness dell’anima, oppure si decide di fabbricare un Jesus personale, o altra divinità (anche satanica, al caso). Su base artigianale. La religione ‘in proprio’. Intagliata su statuette o appiccicata come bostik sul cofano dell’auto.

Ma a ben pensarci questa tendenza è ormai generalizzata a ogni aspetto della vita collettiva. Nei miei sondaggi, ad esempio, ho ricavato la certificazione che almeno un quarto degli elettori della Lega, così come del M5S, si dichiarano di ‘sinistra’. E’ la sindrome di Marescotti, il quale ha aderito a tutti i partiti possibili e immaginabili sulla sinistra fino a convergere col M5S, sempre proclamandosi un ‘autentico comunista’, Per poi trovarsi puntualmente amareggiato nella sua ricerca di una chiesa degna del credo. Bagnai, all’altro capo, ha impugnato la Lega nel nome di un ‘entrismo di sinistra’, una linea i cui adepti, armati di una sorta di cattivismo sociale, stanno attualmente crescendo. La Cgil vive in una situazione analoga da almeno un ventennio: i suoi iscritti votano in tutte le direzioni, anche per forze, all’occorrenza, palesemente anti-sindacali. Quello che è accaduto è questo: che le forze ecumeniche, le quasi chiese secolari, come del resto la Chiesa per eccellenza, si sono dissolte (o trasmutate) e la coscienza politica, cioè la collocazione del sè politico, come di quello religioso, è diventata auto-referente. Aliena a ogni mediazione superiore. Non è che la sinistra sia morta come idea. Gli è che è morta come organizzazione, cioè come chiesa. Sicchè ogni membro del popolo interpreta a suo modo il modo di fare parte di una chiesa che non c’è. E questo è il busillis.

Avessimo ancora uno straccio di organizzazione, e quindi un cristallo di gregge ad essa ancorato, un popolo, per quanto in miniatura, sarebbe sensato cercare e trovare una mediazione fra ‘seguire’ il popolo andato in fuga, per capirne le giuste ragioni, e sferzare brandendo l’etica quello rimasto nell’ovile ma tentato di scappare. Non sarebbe impossibile una qualche sintesi fra le diverse istanze politiche. Evitando il moralismo sprezzante, orgoglioso quanto meramente testimoniale, quanto il codismo privo di autonomia. E assieme questa fastidiosa querelle che si trascina da tempo fra radical chic e rosso bruni, Ma così non è, hainoi, per quanto Art. 1 (la mia unica setta, infimo residuo di una Chiesa andata distrutta) si sforzi assieme ad altri volenterosi di immaginarsi come una chiesa in progress.

Perchè allora, dopo queste disperate divagazioni empiriche, son ‘più’ d’accordo con Prospero ? Perchè l’altra ipotesi, il bordeggiare il popolo, non esiste. Se da un lato c’è il rischio di perdersi nel moralismo da ceto riflessivo, fare la sinistra della Lega è semplicemente perdere ogni idea di sè. Senza che nessuno peraltro se ne accorga. Fatti salvi i prossimi che ne saran disgustati. Se andare contro queste masse liquide che si sono momentaneamente aggregate nell’oligopolio grillo-leghista significherà essere calpestati, che così sia. Meglio morire in pace che inseguire un carro dove neanche ti vogliono.

Poi, per chi lo desideri, ci sono anche più prosaici motivi. Se è vero che la deriva etno-‘populista è, fra le diverse cause, anche il derivato perverso dello chic radicalism, non è che tagliando i ponti ex abrupto con quanto resta di una ‘sinistra’ espressiva, chic, caritatevole, testimoniale, da centri-urbani, post-materialista finchè si vuole, si vada da alcuna parte che non sia il nulla. Anzi. Si finirà per concedere al partito dell’Espresso il monopolio di una eventuale ricostruzione di qualcosa che incarni qualche barlume di sinistra. Ironia del destino. Dopo che l’ala destra dello stesso gruppo editoriale (La Repubblica) ha distrutto la sinistra. Insomma rinverdire qualche ideale da contrapporre alla grevità del grillo-leghismo è, in fondo, quanto di più realisticamente elegante passi oggi il convento. Senza contare, popolo o non popolo, che tutta la diaspora che ci riguarda, dal Pd a Potere al popolo, passando per mondialisti e sovranisti, è una tempesta nello stesso bicchiere del ceto-medio riflessivo. Ciò che resta, pensando materialisticamente e non trascurando le note eterogenesi dei fini, dell’epopea dello stato sociale, e dunque, in fondo, neanche troppo da disprezzare.

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