Il coronavirus al tempo della biopolitica e della destra

per Gian Franco Ferraris

di Alfredo Morganti

Il coronavirus al tempo della biopolitica e della destra

Due sole annotazioni in margine al coronavirus. La prima è una specie di paradosso. Potremmo dire, sotto certi aspetti, che la campagna di massa dei tamponi, che è andata a scovare pazienti senza sintomi oppure solo apparentemente raffreddati, ha ampliato il numeri statistico dei contagiati, più di quanto non sia accaduto in altri Paesi che oggi ci considerano quasi untori o appestati. Per certi aspetti sono stati proprio i tamponi (ossia il rilevamento generalizzato sulla cittadinanza più a rischio) a dare le dimensioni della malattia, in un certo senso a determinarla, se non per certi aspetti a “produrla”. In assenza di essi, oggi le statistiche direbbero altro e la dimensione della malattia sarebbe più contenuta. Tant’è che gli esperti ritengono che il coronavirus già circolasse prima che i media se ne accorgessero, ma fosse scambiato per raffreddore nei casi più ‘leggeri’ (80-90%) e per polmonite negli altri. Ovvio che si è fatto bene a ‘sondare’ i cittadini più esposti nei focolai settentrionali; ovvio che andassero circoscritte le zone rosse, ma questo lo stiamo pagando (in termini di numeri, psicosi e considerazione internazionale) più di quanto non meritassimo per lo zelo comunque dimostrato. Resta il fatto che in epoca biopolitica come questa, il governo dei corpi, delle vite e l’andamento delle patologie (per prime quelle epidemiche) resta centrale nella considerazione del potere. Il coronavirus ne è prova provata. Sapevatelo per il futuro.

Detto ciò, ve lo immaginate che cosa sarebbe successo se nell’esecutivo ci fossero stati Salvini e la destra? E non Conte e Speranza, che propongono uno stile sobrio di governo e si attengono (soprattutto il secondo) a brevi e scarni comunicati? Già li vedo, dirette video fatte con l’elmetto in testa, post infuocati, ostracismo alle frontiere, frasi roboanti, vincere e vinceremo, stati di emergenza come se piovesse e un uso politicissimo dell’epidemia (più di ora). È anche questa la dimostrazione che si è fatto bene a escludere Salvini dal governo, a non andare a elezioni anticipate, a non sottoporre il Paese a uno stress assurdo e alla lotta al coltello delle ideologie. Stare al governo vuol dire mostrare a tutti che il Paese si può governare coi toni giusti, dalla parte degli ultimi e non contro di essi, nell’intento di rappresentare il disagio sociale senza volgerlo contro altro disagiati, che è poi la paradossale soluzione di tanti sovranisti di destra e di sinistra. Ripeto: se c’è un virus letale in Italia non è il coronavirus, almeno allo stato attuale. Piuttosto è quel veleno populista fatto di toni esagitati, rabbia senza freno, fake news, aggressione personale, impulsi sociali, trumpismo all’italiana, populismo d’accatto che la destra usa per arrivare al governo in nome del ‘suo’ popolo, ma portando con sé, in primo luogo, gli interessi di chi vuole cancellare ogni regola per portare acqua al mulino detassato del profitto.

Babelezon bookstore leggi che ti passa

Articoli correlati

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.