Fonte: La stampa
L’Italia perdona il suo figliol prodigo: Giorgia Meloni va personalmente ad accogliere l’ergastolano Chico Forti – è un evento che porta consenso
Eccola qui l’Italia del figliol prodigo, un’Italia generosa, evangelica e pre-politica capace di sospendere ogni giudizio sui peccati del passato per allargare le braccia e dire: bentornato, bentornata, uccideremo il vitello grasso e faremo festa prima ancora che tu chieda perdono per i tuoi pasticci.
Oggi è l’Italia di Giorgia Meloni che va personalmente a Pratica di Mare per accogliere l’ergastolano Chico Forti e del ministro Carlo Nordio che esprime «gioia e soddisfazione», ieri era l’Italia di Massimo D’Alema e Oliviero Diliberto che abbracciavano idealmente l’ex terrorista Silvia Baraldini quasi con le stesse parole: «gioia, soddisfazione, orgoglio».
È un’Italia strana, flessibile e non ideologica, un’Italia capace di impegnarsi per i figli border line che ha sparso per il mondo oltre gli slogan del «buttate le chiavi», «se la sono cercata», «peggio per loro». A destra impegna tenaci azioni diplomatiche per riportare in patria Chico, un condannato per omicidio, congelando per l’occasione ogni pulsione manettara e securitaria. Dall’altra parte, ha lottato con la stessa energia per Silvia, una signora che probabilmente disprezzava la sinistra governista, l’irriducibile su cui si interrogava Francesco Guccini: «Mi chiedo se ci sono idee per cui valga restare là in prigione».
Come nella parabola, non c’è destra e sinistra che tenga davanti alla trama del figliol prodigo. Certo, la destra ha polemizzato assai per le rose rosse destinate a certi figlioli di sinistra (Armando Cossutta le portò a Baraldini) e dall’altra parte si percepì analogo malumore sui marò. E tuttavia, alla fine, le condotte delle due parti risultano assai simmetriche: il ritorno in patria di un italiano innocente o colpevole che sia, condannato o in attesa di giudizio, amato o disprezzato, rapito o legalmente arrestato oltreconfine, è sempre un evento memorabile, da immortalare ai massimi livelli. Settembre 2004: il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi con Gianni Letta corre a Fiumicino per abbracciare le due Simone. Marzo 2005, ancora Berlusconi e Letta a Ciampino per il mesto rientro della giornalista Giuliana Sgrena, pagato con la vita dell’agente Sismi Nicola Calipari. Marzo 2007: sempre Prodi in aeroporto per lo sbarco dell’inviato Daniele Mastrogiacomo, rapito dai talebani in Afghanistan. Dicembre 2012: i ministri Terzi di Sant’agata e Giampaolo Di Paola (governo Monti) solennizzano il rientro in «licenza temporanea» di Latorre e Girone. Gennaio 2015: Paolo Gentiloni è in aeroporto per salutare le volontarie Vanessa Marzullo e Greta Ramelli, vittime di un rapimento in Siria.
Sì, l’Italia del figliol prodigo ama le passerelle, ma in questo caso non è solo vanità. Destra e sinistra sanno per istinto che il plot del figlio perso e ritrovato tocca il cuore di tutti, oltre ogni distinzione di fazione. Perché magari quello si è fatto delinquente, avventuriero, ha idee che non ci piacciono, se ne è andato sbattendo la porta, ma il sentimento del Paese, salvo isolate nicchie di crudeltà, non guarda ai dettagli: il figlio è figlio, pezz ’e core, e quando torna tutti ci immedesimiamo nella mamma che corre in cucina a fare le lasagne, la versione nostrana del vitello grasso.