No e Sì pari non sono. Per Franceschini il “no” è un male contro il Paese

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti

di Alfredo Morganti – 30 maggio 2016

Il titolo di Repubblica oggi è: ‘Pd, la sinistra contro Franceschini’. Un marziano sceso sulla Terra in queste ore potrebbe dedurne che quest’ultimo sia vittima di un attacco concentrico della minoranza interna. Quello stesso marziano non sa che, solo 24 ore prima, quel ministro aveva detto, più o meno, che chi vota ‘no’ compie un “atto contro il Paese”. Non esprime una sacrosanta opinione, no, ma sabota le istituzioni, crocefigge la nazione, sopprime la maestà dello Stato. Vi pare poco? Se fossimo stati in guerra noi del ‘no’ saremmo stati accusati di disfattismo e collaborazionismo, per i quali vigeva la pena di morte che spetta ai traditori. Ci è andata bene, anche se, francamente, non si può mai dormire sonni tranquilli. Ma se davvero io attentassi al bene del Paese solo esprimendo una sacrosanta opinione (secondo il concetto di democrazia liberale, niente di rivoluzionario), ciò vorrebbe dire che io non ho alternativa, che il ‘no’ non è esprimibile, che c’è solo un modo per essere fedeli allo Stato e al suo governo, votare ‘sì’. Punto. Non sentite i brividi lungo la schiena?

Una domanda. Perché queste minacce a cinque (!) mesi dal voto? Di solito queste cose scappano quando si sta con l’acqua alla gola a 48 ore o meno dalle urne, come una specie di bomba fine de mondo, come un tentare il tutto per tutto, come la smargiassata finale, che tanto poi si vota e nessuno ci pensa più. Ma stavolta, con tanto margine di tempo, con così largo anticipo, come fare a non pensarci più? La frase di Franceschini rimarrà stampata nelle nostre menti. Per quanto mi riguarda è scritta con inchiostro indelebile. E poi non mi venite a dire che non c’è alcun pericolo autoritario dietro l’andazzo plebiscitario che sta prendendo la politica italiana. Se il ‘no’ non ha gli stessi diritti del ‘sì’, se chi vota ‘no’ per il governo attacca il Paese, se votare’no’ è altamente sconsigliato, la deriva è evidente: una delle due parti non ha la stessa considerazione dell’altra, non è uguale all’altra. Non si tratta più di opinioni libere, ma del bene (il ‘sì’) contro il male (il ‘no), ossia di una coppia asimmetrica, dove l’una scelta è migliore dell’altra, e non perché lo dica un peracottaro qualsiasi (pazienza) ma perché lo sostiene un ministro della Repubblica. Uno che solo 10 anni fa considerava una sciagura votare a maggioranza le costituzioni e spaccare il Paese su temi così delicati. Lo stesso che, oggi, dà di sciabola che è un piacere. Vi meravigliate? Piuttosto c’è da preoccuparsi.

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