Il pericolo dell’amore tra i sessi

per tonigaeta

di Antonio Gaeta, 29 ottobre 2017

Sui commenti che accompagnano in questo periodo gli atti di violenza fisica, usati dalla componente maschile nei confronti di quella femminile, non ho trovato un sincero tentativo di connessione storico-culturale.. soltanto giustificazioni morali, sociali e di civile connivenza.

Per questo motivo ho ripreso con rinnovato interesse ciò che scrive la saggista multidisciplinare Riane Eisler nel suo “Il piacere é sacro” (Forum 2016): “In Veiled Sentiments, un’affascinante cronaca dei due anni circa trascorsi a studiare una tribù beduina nel deserto occidentale egiziano, l’antropologa Lila Abu-Lughod osserva che l’amore sessuale tra donne e uomini in questa società tribale pastoralista, rigidamente dominata dal maschio, viene sistematicamente scoraggiato, quando addirittura non proibito”.

Lila Abu-Lughod riferisce, infatti, che si fa di tutto per minimizzare l’importanza della relazione, al fine di mascherare la natura di legame sessuale tra uomo e donna. Le “brave donne” – essa scrive – negano l’interesse per le questioni sessuali e negano persino la loro stessa sessualità. La donna che non lo fa é considerata una sgualdrina (qhaba) o puttana (sharmuta). Anche le donne sposate devono negare qualsiasi interesse per il marito, per non parlare degli altri uomini ! Questo perché le donne sono culturalmente indotte a considerare la loro sessualità sbagliata, sporca e pericolosa !”

Inutile dire che questa condizione di schiavitù psicologica é la conseguenza di una rigida subordinazione agli uomini, che a sua volta discende da antichissimi stili di vita e costumanze, connessi con l’antica e mai innovata economia pastorale. Riane Eisler, cerca di capire, allora, come sia stato possibile che gli uomini diventassero così crudeli nei confronti di altri esseri umani, non solo appartenenti alla loro stessa specie, quanto persino generatrici. La spiegazione che essa azzarda é la seguente: “Non sto affermando che il pastoralismo porti inevitabilmente alla schiavitù. Anche le popolazioni dedite all’agricoltura anticamente avevano schiavi ! Qui stiamo solo indagando sulle origini di questa istituzione fondata sulla assoluta dominanza dell’uomo sulla donna, che prima del III millennio a. C. archeologicamente indagando non é mai esistita !!

Per questo vorrei aggiungere alle teorie ambientalistiche di De Meo (James De Meo, geografo, esperto delle fasi climatiche terrestri e dei processi di desertificazione) un forte fattore tecnologico ed economico. Sappiamo che nelle steppe alcuni arbusti spontanei, nati per inseminazione naturale procurata dal vento, si nutrono delle poche risorse offerte dal terreno che non trattiene acqua piovana. La loro origine sono i semi degli alberi raccolti nelle macchie boschive, che non diventano foreste. Essi fanno, quindi, fatica a crescere. Il precoce sradicamento ad opera delle greggi pascolanti, riducendo la vegetazione bassa, impedisce il suo innalzamento e, quindi, il naturale rimboschimento, che di per sé attrae nuvole e connessa piovosità. Si può asserire, quindi, che il pastoralismo nomade tende a produrre maggiore aridità e, quindi, progressiva desertificazione !

La persistente distruzione della natura circostante (biosfera, ndr) – prosegue R. Eisler – in tempi remoti portò inevitabilmente alla competizione tra gruppi di pastori nomadi, per il possesso dell’acqua e delle terre. Da qui la facile spiegazione delle armi ritrovate dalla grande archeologa Marija Gimbutas nelle tombe Kurgan (dai Kurg, antichissimi abitanti delle steppe euroasiatiche tra il VII e il III millennio a. C.): armi che nelle stesse datazioni pre-storiche (ciò che definiamo Storia ha inizio nel III millennio) non sono reperibili in alcun altra sepoltura, appartenente a culture e civiltà dedite all’economia di caccia e di raccolta o all’agricoltura (nata anch’essa nel VII millennio a. C. in aree geografiche ricche di foreste e, quindi, molto fertili) !

Il geografo climatologo James Di Meo ai Kurg aggiunge anche altre popolazioni progenitrici della cultura e civiltà, che noi storicamente definiamo “araba”, che vissero in steppe pre-desertiche tra l’Africa del Nord e la grande penisola, che noi chiamiamo Arabia. Il comune risultato fu, comunque, quello dell’ideazione delle guerre per il possesso di più vasti territori, sottratti alle popolazioni più ricche e più pacifiche, sebbene poi costrette per difesa ad imitare lo stile bellico di sopravvivenza !

Assieme con il prevalere dell’uomo guerriero, capace di addomesticare il cavallo, sia per condurre le mandrie sia per finalità belliche, crebbero i criteri di dominanza sulle donne e su tutti gli altri componenti familiari (patriarcato).

D’altra parte – da ciò che scrive ancora R. Eisler – si deduce che fare affidamento quasi esclusivamente sulla macellazione degli animali, come fonte primaria di sussistenza, oltre che incrementare le cause biologiche dell’aggressività (ndr), può aver realisticamente favorito l’affermazione delle basi psicologiche, che indussero a considerare le femmine alla stregua degli animali !

A rischio di sollevare un vespaio di critiche, affermo che ciò fu reso possibile in parte per osservazione analogica delle funzioni riproduttive tra i vertebrati superiori, in parte dall’abitudine pastorizia maschile di trarre godimento eiaculatorio dal bestiame stesso, assimilando a quest’ultimo le donne, come strumento di piacere unilaterale. Quindi, donne concepite come esseri di proprietà del maschio capo-branco (quello che combattendo a rischio della propria vita dava da mangiare a tutto il branco), come tali passibili anche di eliminazione fisica !

Da queste sommarie congetture, che, tuttavia, meritano l’attenzione di tutti gli studiosi (con riferimento particolare alla commistione tra civiltà opposte, di cui dirò) é possibile risalire più facilmente a tante spiegazioni, che possono fornire altrettante risposte a molti perché: quelli, ad esempio, legati agli abbigliamenti di donne contemporanee appartenenti a certe culture, che evidenziano i segni del possesso maschile (chador, burqa, niqab, etc.).

Oltre questi aspetti molto evidenti, però, si possono comprendere meglio i motivi inconsci degli stupri e dei femminicidi, risalenti ad antichissime dominanze, che in uomini psicolabili o molto insicuri di se stessi affiorano, sotto occhi increduli oppure complici. “Le donne sono tutte puttane!” dicono nelle tribù beduine dall’altra parte del Mediterraneo: quella stessa che i regimi autoritari dell’est europeo temono, perché molto simile (e quindi rivale) nei principi patriarcali..

Quest’ultima cosa anche per dire che non si può essere d’accordo con i governi polacco, ungherese, ceko, slovacco (e tra poco anche austriaco), nel contrastare l’ospitalità a pochi richiedenti asilo, mettendo a rischio la Casa Comune Europa: unica istituzione da rafforzare, per mettere in equilibrio evidenti squilibri culturali, che traggono alimento da antiche culture barbariche (Slavi, Magiari, Goti) e da comuni obsoleti principi patriarcali !

 

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