Repubblica, Non Roma e i testimoni di una sinistra unita

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti

di Alfredo Morganti – 30 novembre 2017

Repubblica di oggi è l’anticipazione di quel che sarà in campagna elettorale. Il governo la fa da padrone, con resoconti e interviste su Ius Soli, Biotestamento, nomine. De Marchis, invece del solito restroscena, si esercita sulla fine del montismo e sui reduci che adesso sarebbero diventati tutti antirigoristi o quasi. Non manca la paginetta sulla destra, non sia mai. Tutto qui. Che la sinistra esista oggi lo sappiamo solo dai sondaggi. Quello di Techne presenta un centrodestra al 38,4% e un centrosinistra (chiamiamolo così, ma ci riferiamo all’ammucchiata di cose sparse attorno a Renzi) al 27,7%. La sinistra, che in ‘Repubblica’ di oggi sembra partita per l’Africa ed essere scomparsa dai radar, nel sondaggio è data al 7%. E non ha ancora un simbolo, né una denominazione nota, tanto meno una figura di sintesi, un testimonial, un riferimento da presentare ai media. Pietro Grasso, per dire.

A proposito di Grasso. Nel 2013 si candidò a Roma, era un ex magistrato che scelse la politica alla fine di una onorevolissima carriera. Fece campagna elettorale anche nelle borgate, scavalcò il GRA insomma, ben prima di tanti altri. Venne pure a Tor Bella Monaca in una iniziativa che si svolse nella sala consiliare del Municipio. C’erano i giovani, tra cui alcuni studenti della vicinissima facoltà di giurisprudenza dell’Università di Tor Vergata. Mi aspettavo il discorso di un uomo delle élite che aveva avuto il coraggio di fare una puntatina elettorale a Non Roma (sul significato di Non Roma, rimando al mio libro di poesie). E invece no. Grasso dimostrò di conoscere le borgate, i loro nomi, le loro strade, alcuni luoghi simbolo. Sapeva distinguere. Confessò di essere stato spesso a trovare sua moglie ricoverata all’ospedale di Tor Vergata, e di essere venuto altrettanto spesso da noi, indicando anche le strade e i percorsi che aveva fatto, magari per evitare il traffico di certe ore.

Quella conoscenza anche solo topografica del magma di Non Roma impressionò un po’ tutti. Dimostrava come i 400.000 mila abitanti del VI Municipio non si attendessero nemmeno che qualcuno conoscesse le loro strade. Ma dimostrava pure che i nomi di quelle strade e di quelle borgate, frequentandoli, potevano essere conosciuti. Grasso sembrò, insomma, uno che sapesse davvero di noi, che sapesse della vita che facevamo. Non portava ricette scritte da un funzionario di partito. Si riferiva direttamente alla nostra esperienza. Un ex magistrato? Magari come Ingroia? Ma niente affatto. A me parve uno che ci riconosceva, e il riconoscimento reciproco è la prima fonte della vita pubblica e della politica. Grasso fu poi eletto, e divenne anche la seconda carica dello Stato. Per cinque anni è stato al vertice delle istituzioni, e questa esperienza credo si sia viepiù frapposta tra la sua carriera professionale e quella politica (in questi cinque anni ha fatto politica istituzionale,quindi non viene tout court dalla magistratura).

Insomma. Passiamo la nostra vita di donne e uomini di sinistra (nel mio caso di comunista italiano) dalla parte delle istituzioni repubblicane e rappresentative. Lo abbiamo fatto, in ultimo, difendendo la Costituzione il 4 dicembre scorso, nella convinzione che la democrazia rappresentativa fosse un bene comune, ma poi perché continuiamo a definire Grasso, l’uomo che è seduto da cinque anni sullo scranno più alto del Senato, un ‘ex magistrato’? Grasso oggi è un uomo delle istituzioni, un pezzo di democrazia, ben più di quanto non lo fosse già da magistrato. Pensare alla eventualità che un uomo così possa rappresentare, se ciò accadesse, la lista unitaria (non essere il Capo dei Capi, l’uomo solo al comando, l’unto della sinistra, ma un rappresentante, una figura simbolica), pensare a questa eventualità non dovrebbe essere così devastante per le nostre coscienze. E che quel nome non compaia nero su bianco nei verbali assembleari di queste settimane, ma sia tema di dibattito pubblico, sta a indicare che si tratta di politica, in fondo, come una volta, non di burocrazia.

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