di Fausto Anderlini
La storia appena cominciata è già finita. Lei poverina pensava di fare di Imola ‘il salotto’ nazionale dei 5S, e invece neanche un anno e molla tutto. Una Raggi in sedicesimo. Eppure governare Imola ci voleva poco. Bastava non fare niente e lasciare che la macchina comunale provvedesse da sé. Imola è infatti una città con altissima qualità della vita nella quale volentieri si trasferiscono i bolognesi per godere dei valori urbani (servizi sociali, culturali ecc.) in una condizione a misura d’uomo. Malgrado il suo carattere chiuso (e anche un po’ protervo) il ‘maso chiuso’ di tradizione rossa ha sempre amministrato il territorio e la città con occhiuta sollecitudine.
Ci volevano circostanze del tutto eccezionali per portare al governo simili smidollati. Da un lato le vicissitudini del Pd renziano, a cui il ‘maso’ si era allineato senza capire che avrebbe scorticato le basi del potere locale. Dall’altro l’hubrys che coglie il sindaco Manca, che fallito il delfinato regionale, viene preso dalla smania di candidarsi alle politiche in conto Renzi. Sicchè abbandona il mandato e porta il comune alle elezioni anzitempo. Pensando che il passaggio di consegne sarà naturale come nel passato, così avvalorando la sensazione nella gente che il maso sia degradato a una combriccola di ambiziosi. Ed è da questa tempesta perfetta in un bicchier d’acqua che viene fuori questa tipa, la società civile di una città ricca ed equilibrata, socialmente robusta che si emancipa dai custodi e si mette in proprio. Del resto se la storia dei 5S e della signora con la fascia finisce qui, non è detto che ll vortice dell’imbecillità che ha catturato l’imolese abbia durata analoga. Potrebbe addirittura farsi ancor più vorticoso.
