I bonus europei e il conto alla fiorentina

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti,

di Alfredo Morganti – 19 maggio 2016

È più forte di lui, bisogna capirlo. Ha appena intascato 24 miliardi di ‘bonus’ europei, e sente subito il bisogno di fare lo smargiasso: “Il nostro Paese è tornato alla credibilità con buona pace di chi si augurava il fallimento”. I gufi, sempre i gufi. I rosiconi, sempre quelli. Gli sfigati, mentre lui è un vincente. È tipico dei giocatori di azzardo vedere sempre lo jettatore, il menagramo. Oppure degli sceneggiatori, che devono mettere in scena i cattivi sennò il plot non funziona. Detto ciò, il punto è un altro: ma è stata davvero la vittoria del Renzi ‘pesante lobbista’ come scrive il Financial Times? Insomma, Renzi ha vinto come la Roma del gladiatore, o le cose stanno un po’ diversamente?

Io dico la seconda. Repubblica oggi, nella persona di Andrea Bonanni, racconta più dettagliatamente come stanno le cose. Sì, c’è stato il bonus europeo. Sì la Merkel è stata buona (mentre i cattivi della trama sono sempre i gufi nostrani). Ma Bruxelles non si fida troppo delle promesse italiane (memore dello scorso anno), così che in autunno ci entreranno in casa e faranno una verifica (Renzi odia quelle di governo da Prima Repubblica, ma gli toccano comunque quelle UE). Se il deficit non scenderà all’1,8% (come promesso vanamente già tempo addietro) scatterà una procedura di infrazione anticipata, senza nemmeno aspettare la primavera 2018 come da prassi. Non basta. La Commissione Europea ha anche presentato delle specifiche raccomandazioni al governo italiano.

Cose futili, tipo ‘mettersi la maglia di lana se a Bruxelles fa freddo’? No, affatto. I cinque punti inviati all’Italia sono molto densi e specifici, e danno l’idea che i bonus tanto bonus non sono davvero. La UE si raccomanda, difatti di accelerare le privatizzazioni, di intervenire così sul debito, di spostare il carico fiscale dal lavoro, di tagliare le riduzioni fiscali, di completare la riforma del catasto, di rafforzare la lotta alla corruzione, di rivedere le norme sulla prescrizione, di ridurre la durata delle cause civili, di completare la riforma delle governance bancarie, di intervenire sui prestiti in sofferenza, di completare la riforma del mercato del lavoro, di razionalizzare la spesa sociale, di mettere in esecuzione una strategia contro la povertà, di adottare presto leggi sulla concorrenza e prendere misure per aumentare la stessa concorrenza nelle professioni, nei trasporti, nella sanità, nel commercio e nel sistema delle concessioni.

Altro che raccomandazioni, dunque. Questo è un programma di governo dettato direttamente dalla UE (leggi Merkel) al modico costo di 24 miliardi di euro. Ma se questa è una vittoria, chissà la sconfitta come sarebbe stata. A questo punto mi chiedo: perché? Perché i bonus, se, come è vero che, secondo Tonia Mastrobuoni sempre di ‘Repubblica’, “l’Italia resta sotto osservazione”? Io un’idea ce l’ho, e lo spunto lo offre la stessa Mastrobuoni, quando sottolinea come l’Italia sia “l’unico grande Paese europeo con un governo relativamente stabile e affidabile per Angela Merkel” (ma come, allora non serve più l’Italicum?). Una stabilità che alla Cancelliera conviene coltivare, e magari potenziare. E dunque ecco il bonus europeo indispensabile a rafforzare questa medesima stabilità, consentendo al governo Renzi di durare ancora il tanticchia sufficiente. Certo il premier dovrà fare i compiti (e che compiti, abbiamo visto!), ma potrà affrontare le urne con una dotazione di bilancio pubblico niente male, grazie alla quale calare l’asso sul tavolo elettorale.

E così. Se vince il ‘sì’ è fatta: elezioni anticipate subito per incassare il dividendo elettorale. Se va male e vince il ‘no’, lui (forse) si dimette ma scatta anche qui la revanche elettorale e si va ancora a elezioni. In entrambi i casi, se vince alle elezioni anticipate bene, e ha pure la scusa per non pagare il debito con la UE (colpa dei gufi che volevano sconfiggermi sul più bello!). Se perde, invece, lui ha intascato il bonus e altri governi dovranno pagarne il prezzo. Nel conto alla romana si divide, in quello alla fiorentina pagano sempre gli altri.

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