Cuperlo: Pd, abbiamo chiesto agli italiani di scegliere, ora tocca a noi scegliere – il tempo è scaduto

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Gianni Cuperlo
Nella sconfitta almeno un compito chiaro lo abbiamo.
Costruire l’opposizione nel paese e inchiodare chi ha vinto alle scelte dell’immediato.
Questo lo si fa se partiamo dal dramma dei sei milioni di italiani oggi sul ciglio del burrone.
La destra dice condono fiscale pronta a pagare le sue cambiali elettorali.
L’annuncio di colpire solo evasori totali e grandi gruppi è il “tana liberi tutti” che farà una volta di più dell’Irpef l’imposta più evasa dal lavoro autonomo e di impresa per oltre 32 miliardi.
In cambio, non una proposta su bollette e carrello della spesa.
Ma toni scomposti sul reddito di cittadinanza e banalità sulla scuola ignorando che in Italia le bocciature dei ragazzi che vengono da famiglie disagiate salgono dal 16 della media al 26% con tanti saluti al merito.
Allora ok: parliamo pure del merito.
Quante sono le famiglie che non possono iscrivere il secondogenito all’università?
Al netto di libri, trasporti, case fuori sede, una retta degli atenei pubblici varia sino a 3.000 euro.
In Germania, Grecia, Danimarca, Scozia, Svezia, Norvegia, Finlandia quella retta è gratuita.
Vogliono discutere su come salvare il merito di una generazione?
Prima di tutto lo fai se consenti a chi nasce indietro di non morire indietro.
E non c’entra come battezzi i ministeri.
Conta la sostanza.
Come sui vaccini, parola mai pronunciata dal capo del governo al pari di precarietà.
Mentre la pace è finita declassata alla voce “tregua fiscale”.
Anche per tutto questo io penso che dobbiamo abbandonare elogi e plausi dell’ultimo governo.
Quella pagina è chiusa, finita con la sua agenda.
E il rimpianto, ammesso in questo caso abbia un senso, non serve a spiegare come vogliamo ripartire.
Allora, su di noi e sul congresso.
Enrico – a mio avviso compiendo un errore – ha scelto un passo a lato il giorno dopo la sconfitta, avviando di fatto il percorso del congresso.
A quel punto era sensato prorogare le capogruppo nella chiarezza di una carica transitoria.
Meno sensato assistere a logiche che ripropongono il correntismo di sempre.
In un partito dove non abbiamo mai chiarito cosa quelle correnti rappresentino davvero perché non si sono mai misurate con il consenso, ma solo con la volontà di occupare ogni ruolo e funzione, nel partito, nel governo, nelle istituzioni.
Giudico una ipocrisia imputare al segretario le colpe del risultato mentre le prime file, protagoniste di tutte le ultime stagioni, riprendono a gestire il potere residuo come prima.
Ora, pensare che in questo modo la nostra costituente possa incontrare adesioni e allargamento a me pare una fuga dalla realtà.
Mettiamola così.
Se la priorità è attrezzare l’opposizione a noi tocca ricostruire il legame con pezzi interi della società italiana.
Significa allargare un fronte unitario delle opposizioni.
Sapendo che, nei fatti e per loro scelta, quel fronte non contempla il Terzo Polo.
Calenda e Renzi sono coerenti.
Hanno fatto tutta la campagna elettorale per abbatterci.
Adesso la loro opposizione è contro il Pd nello spirito di spolparlo ed ereditarne una quota da spendere, se possibile, in un altro giro di giostra e di governo.
Ma questi sono affari loro.
Noi occupiamoci di questo simbolo.
Provo a dirlo nel modo più semplice e diretto.
Se usciamo da qui con un elenco di tappe e regole impregnate del barocchismo che accompagna i nostri congressi, tra qualche mese voltandoci indietro potremo non trovare nessuno.
Mi è capitato di dire che bisogna essere all’altezza delle sconfitte.
Oggi, con al governo quelli che usano Enrico Mattei solo per sbianchettare dal calendario la marcia su Roma, la prima cosa da fare sarebbe raccogliere l’invito di Enrico e convocare un luogo, un momento, dove – come a Bologna in quella tre giorni – chiamare chi può, chi sa, chi fa, a dire e dirci come si ricostruisce una speranza nell’Italia della destra al potere.
Sindacati, associazioni, laici, cattolici, movimenti e personalità del lavoro e delle professioni, intellettuali, operai e scienziati, le voci del civismo.
L’elenco è lungo, ma è anche pronto.
Chiediamo a loro, cerchiamo con loro, le chiavi per combattere la spinta autoritaria con un’alternativa che sia un insieme di valori, visione, alleanze sociali e politiche.
È vero: l’opposizione può aiutarci a recuperare identità e consenso.
Ma non ci riusciremo da soli.
Meno che mai basterà trasformare il congresso più importante di questo quindicennio di vita del Pd in una versione di “Tu sì que vales” tra candidati convinti di incarnare la soluzione dei problemi.
La verità è che la crisi che ci investe è profonda.
Non si tratta di un incidente.
Quello che si è consumato è uno scarto che mette a rischio la tenuta di questo partito e dell’intuizione che lo ha visto nascere.
Dobbiamo prenderne atto e agire di conseguenza.
Perché il bivio è chiaro.
O decidiamo che una rifondazione va pensata e gestita come si deve, a partire dai tempi, dal coinvolgimento dei tanti disillusi e con regole che – nel segno di una vera costituente – alla fine del percorso garantisca solo a chi vi aderisce di scegliere la nuova leadership.
E allora sia Enrico o una segreteria di transizione ad assicurare un processo ordinato.
Ma se così non può essere perché non c’è una maggioranza che ci crede, allora io dico acceleriamo.
Non penso sia la scelta più giusta, ma è il modo per non lasciare ad altri lo spazio che dobbiamo occupare noi.
Lo dico perché l’unica cosa che non possiamo fare è stare in mezzo al guado, in una sorta di limbo.
Abbiamo fatto una campagna elettorale invitando gli italiani a scegliere.
Adesso scegliere tocca a noi.
Perché, purtroppo o per fortuna, il tempo questa volta è scaduto.
Babelezon bookstore leggi che ti passa

Articoli correlati

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.