Franza o Spagna qui nun se magna

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Fausto Anderlini

di Fausto Anderlini – 30 aprile 2019

Sino a un anno orsono, con lo speranzoso varo di Leu e non potendo fare affidamento sull’apparizione di un Corbyn del Pd, c’era, e io tra questi, chi sperava in qualcosa di simile a quanto avvenuto in Grecia con Syriza (o, in subordine, a quanto emerso in Francia al seguito di Melenchon). Ovvero un tracollo del Pd analogo a quello del Pasok e una subitanea riaggregazione delle galassie di sinistra sul modello di Syriza. Ipotesi rivelatasi inconsistente, tutte le diversità a parte, quantomeno per l’esistenza di un terzo incomodo come il M5S fortunatamente assente nel caso ellenico.

Cosa ci manca adesso per fare come in Spagna ? Molto poco. Un riorentamento dell’agenda politica nel segno della lotta alla diseguaglianza sociale nella prospettiva di un rendez vous fra Pd e M5S. Nella consapevolezza che perdurando la reciproca ostilità saranno un facile boccone per la destra fascio-leghista. Per rendere l’idea un evento analogo al ritiro delle acque del Mar Rosso. Con l’aggravante che manca all’appello un intermediario del calibro di Mosè.

Vediamo le vicende parallele

In Spagna Podemos ha occupato, allargandolo e attualizzandolo alla mutata realtà socio-demografia, lo spazio che un tempo era coperto dai comunisti di Carrillo e poi da izquierda unida. Un movimento post-radicale con aspetti simili al M5S delle origini, ma meno equivoco, con una chiara connotazione di sinistra (democrazia partecipativa, eco-socialismo, orientamento no-global ma ostile al sovranismo nazionalista….).
Circa l’interrogativo di cosa in Italia possa rassomigliare a Podemos si potrebbe anche essere non del tutto pessimisti. Non è da escludere che alla fine delle cose, col decantarsi del polverone giallo-verde, il M5S inclini verso una ricodificazione della sua impronta originaria. Le dinamiche elettorali e di opinione in atto esibiscono un M5S che va depurandosi (a vantaggio della Lega) della componente più destrorsa e qualunquista che ne aveva segnato il boom nel Marzo 2018. Sicchè l’elettorato che residua nel M5S tende ad essere più omogeneo ad istanze di sinistra, e comunque antitetiche alla
destra.

Una evoluzione forse improbabile ma non impossibile ove il Pd si affiancasse all’erosione della Lega e imboccasse con decisione una ‘offensiva unitaria’ a sinistra. Ma è proprio qui che si rivela la distanza più difficile da colmare. Quella fra il Pd e il Psoe.
Per quanto si sia spinto avanti sul sentiero della ‘terza via’, il Psoe, come del resto il Labour, non è mai uscito dal suo sentiero identitario. E mantenendo il suo profilo storico, cioè attingendo alle risorse identitarie di lunga durata, ha potuto rettificare una deviazione che era essenzialmente di linea politica. Cosa che non vale per il Pd che è nato su una ispirazione vagamente ‘americana’ e che ha sempre inseguito una prospettiva ‘post o a socialista’. Una vocazione esplicita in larga parte della componente post-democristiana (‘Non moriremo mai socialisti’) e implicita in una parte rilevante del percorso che dal Pds occhettiano culmina nel democraticismo veltroniano.

Oggi la componente liberale neo-centrista del Pd è troppo radicata per ipotizzare che all’eventuale rendez vous con un M5S prosciugato e revisionato il Pd ci arrivi tutto intero. Per quanto buone siano le intenzioni di Zingaretti è evidente il laccio centrista che ne tiene legate le mani. Sicchè proprio questo è il paradosso. La consistenza del Pd è molto più fragile di quella del M5S.

Babelezon bookstore leggi che ti passa

Articoli correlati

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.