Gaetano Bresci, l’anarchico che uccise il re, fu suicidato

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Roberta De Santis
Fonte: facebook
Url fonte: http://ita.anarchopedia.org/Gaetano_Bresci

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Di Roberta De Santis – 2 novembre 2015

Gli effetti personali dell’anarchico Gaetano Bresci al Museo Criminologico di Roma.

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Nella prima foto la rivoltella con cui Bresci uccise Umberto I il 29 luglio 1900. Il 29 agosto 1900 fu condannato all’ergastolo con 7 anni di “segregazione cellulare continua”. Fu trovato morto nel penitenziario di Santo Stefano a Ventotene la mattina del 22 maggio 1901, dopo dieci mesi di reclusione. La morte fu attribuita a suicidio.

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Da Anarcopedia

Gaetano Bresci nacque il 10 novembre 1869 a Coiano, frazione di Prato, in una famiglia piccoli contadini. Lavorò molto giovane in un’azienda di filatura e divenne rapidamente operaio qualificato. Fin da l’età di 15 anni militò nel circolo anarchico di Prato. Condannato una prima volta nel 1892 a 15 giorni di prigione per «oltraggio e rifiuto di obbedienza alla forza pubblica», fu schedato come «anarchico pericoloso» e relegato nel 1895 (ai sensi delle leggi speciali di Crispi) a Lampedusa. Amnistiato a fine 1896, emigrò negli USA. Giunse a New York il 29 gennaio 1898, si recò a Paterson (New Jersey), dove trovò lavoro in industria tessile e frequentò l’importante Comunità anarchica di emigrati italiani].

E’ negli USA allorché gli giunse la notizia dei gravi fatti del maggio 1898 di Milano, quando i cannoni del generale Bava-Beccaris  spararono sulla folla causando 80 morti e 450 feriti. 

A. Beltrame, L’assassinio del re Umberto I da parte dell’anarchico pratese Gaetano Bresci, disegno di copertina de La Domenica del Corriere, 6 agosto 1900

Fu allora che decise che sarebbe rientrato in Italia per uccidere il re Umberto I: egli aveva infatti autorizzato Bava Beccaris a sparare sulla folla inerme, decorandolo poi con la “Gran Croce dell’Ordine Militare di Savoia” (5 giugno 1898) per i servizi resi al paese.

Il fatto

Dai fumetti di Santin e Riccomini: Bresci uccide Umberto I (clicca sull’immagine per ingrandirla)

Gaetano Bresci uccise a Monza, la sera di domenica 29 luglio 1900, sparandogli contro tre colpi di pistola (o quattro, le fonti storiche non concordano) re Umberto I di Savoia. Il sovrano stava rientrando in carrozza nella sua residenza monzese dopo una premiazione in una società sportiva. L’omicidio – immortalato in una celebre tavola del pittore Achille Beltrame per la «Domenica del Corriere» – avvenne sotto gli occhi della popolazione festante che salutava il monarca. Bresci si lasciò catturare senza opporre resistenza.

Il processo, la condanna e la morte Il processo contro Bresci fu istruito in brevissimo tempo. Il 29 agosto 1900, cioè un mese esatto dopo il delitto, Bresci comparve nella corte d’Assise di Piazza Beccaria a Milano. La sentenza era scontata in partenza. Gaetano Bresci aveva chiesto come difensore il deputato socialista Filippo Turati, ma questi aveva declinato l’incarico e fu sostituito dall’avvocato anarchico Francesco Saverio Merlino.

L’imputato mantenne un contegno conforme al personaggio che rappresentava. Freddo e distaccato, quasi sereno, ascoltò la lettura del capo d’accusa (per la verità retorico fino all’inverosimile) senza mostrare nè pentimento né spavalderia.

Ecco il testo del suo interrogatorio in aula :

Presidente: «L’imputato ha qualcosa da aggiungere alla sua deposizione testé letta?»
Bresci: «Il fatto l’ho compiuto da me, senza complici. Il pensiero mi venne vedendo tante miserie e tanti perseguitati. Bisogna andare all’estero per vedere come sono considerati gli italiani! Ci hanno soprannominati “maiali“… »
Presidente: «Non divaghi…»
Bresci: «Se non mi fa parlare mi siedo.»
Presidente: «Resti nel tema.»
Bresci: «Ebbene, dirò che la condanna mi lascia indifferente, che non mi interessa punto e che sono certo di non essermi sbagliato a fare ciò che ho fatto. Non intendo neppure presentare ricorso. Io mi appello soltanto alla prossima rivoluzione proletaria.»
Presidente: «Ammettete di avere ucciso il re?»

Bresci: «Non ammazzai Umberto; ammazzai il Re, ammazzai un principio! E non dite delitto ma fatto!»

Presidente: «Perché lo avete fatto?»
Bresci: «Dopo lo stato d’assedio di Sicilia e Milano illegalmente stabiliti con decreto reale io decisi di uccidere il re per vendicare le vittime.»
Quando il Presidente gli chiese perché aveva compiuto quel gesto, Bresci rispose:
«I fatti di Milano, dove si adoperò il cannone, mi fecero piangere e pensai alla vendetta. Pensai al re perché oltre a firmare i decreti premiava gli scellerati che avevano compiuto le stragi.»

Ascoltati i testimoni, i giurati si ritirarono per decidere e dopo pochi minuti il capo giuria ragionier Carione lesse il verdetto che dichiarava l’imputato colpevole e lo condannava ai lavori forzati.

Scontò la pena nel penitenziario di S. Stefano, presso Ventotene (Isole Ponziane) e per poterlo controllare a vista venne edificata per lui una speciale cella di tre metri per tre, priva di suppellettili.

Morì il 22 maggio 1901 “suicidato” dallo Stato e probabilmente venne ucciso anche prima di questa data ufficiale. Le autorità divulgarono la notizia del suo suicidio: impiccato per mezzo di un lenzuolo o un asciugamani.

Alcune coincidenze: un carcerato di Santo Stefano condannato all’ergastolo ottenne la grazia, il direttore raddoppiò il suo stipendio.

Vi è incertezza anche sul luogo della sua sepoltura: secondo alcune fonti, fu seppellito assieme ai suoi effetti personali nel cimitero di S. Stefano; secondo altre, il suo corpo venne gettato in mare. Le sole cose rimaste di lui sono il suo cappello da ergastolano (andato distrutto durante una rivolta di carcerati nel dopoguerra) e la rivoltella con cui compì il regicidio.

Lev Tolstoj scrisse: «Se Alessandro di Russia, se Umberto non hanno meritato la morte, assai meno l’hanno meritata le migliaia di caduti di Plevna o in terra d’Abissinia».



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1 commento

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