Riforma senato: il testo e il ‘bugiardino’

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Vincenzo Orlando
Fonte: facebook

Vincenzo Orlando – 29 settembre 2016

Di seguito una carrellata degli articoli della legge di riforma costituzionale, che Renzi e Boschi nascondono sotto il tappeto (leggendo il testo della riforma, capirete il perché) e che il quesito-bugiardino omette completamente di menzionare.

– L’articolo 57, comma 2 ridefinisce il metodo di elezione del Senato: i senatori non saranno più eletti ma nominati nei consigli regionali.
– L’articolo 64 rimanda i poteri delle opposizioni ad un regolamento parlamentare ancora da scrivere. Intascata (grazie all’Italicum) la maggioranza assoluta dei seggi, sarà il governo a dettare.
– L’articolo 67, sebbene sia stato modificato, non prevede il vincolo di mandato neanche per i senatori nonostante non saranno più eletti. I nuovi inquilini del Senato non rappresenteranno nessuno e voteranno per riconoscenza al partito che li ha mandati a Roma regalando loro l’immunità parlamentare.
– L’articolo 68 riconosce ancora l’immunità parlamentare ai membri del Senato nonostante i senatori non saranno eletti e non avranno vincolo di mandato e, non da meno, saranno pescati nella classe politica più inquisita e corrotta rappresentata dai consiglieri regionali. Il che fa prevedere che ad andare a Roma sarà chi avrà la necessità di sfuggire all’arresto o ad una perquisizione.
– L’articolo 70 – oltre ad essere contorto e prolisso e a rinviare ad altre disposizioni per ben 11 volte – riconosce al Senato, popolato da 100 senatori nominati e senza vincolo di mandato, il privilegio e l’onere di revisionare la Costituzione.
– L’articolo 71 attribuisce anche al Senato il potere di iniziativa legislativa. Ma se i senatori saranno tutti nominati e non avranno vincolo di mandato, in nome e nell’interesse di chi proporranno le leggi?
– L’articolo 71, comma 3 triplica il numero delle firme necessarie per le leggi di iniziativa popolare: si passerà da 50 mila a 150 mila. L’aumento è motivato dalla discussione in tempi certi “nelle forme e nei limiti stabiliti dai regolamenti parlamentari”, regolamenti che devono essere ancora scritti, quindi non si a quanto corrispondono i tempi certi; se a un mese, ad un anno o a due anni. La discussione in tempi certi non è comunque una giustificazione valida ma strumentale. Il dato di fatto è che oggi, con la Costituzione attuale, bastano 50 mila firme, con la riforma, invece, ne serviranno 150 mila.
– L’articolo 71, comma 4 introduce il referendum propositivo e di indirizzo ma le modalità di attuazione – numero di firme da raccogliere, quorum e tempi di esame da parte della Camera – sono rimandate ad una legge che ancora non esiste. Visto quello che hanno fatto con le leggi di iniziativa popolare, alzando le firme 50 mila a 150 mila, c’è ben poco da sperare.
– L’articolo 72, comma 7 concede al governo quando ritiene unilateralmente un disegno di legge come essenziale per il suo programma il potere di iscriverlo all’ordine del giorno e sottoporlo al voto finale entro 70 giorni dalla deliberazione. Il Parlamento, che è l’unica rappresentanza del Paese, già posto al di sotto del governo grazie allo spropositato premio dell’Italicum, verrà ulteriormente piegato al volere dell’esecutivo attraverso la decretazione d’urgenza.
– L’articolo 75, comma 4 per i referendum abrogativi riduce il quorum alla maggioranza dei votanti delle ultime elezioni solo se le firme raccolte da 500 mila raggiungono quota 800 mila.
– L’articolo 79 stabilisce che amnistia e indulto sono concessi a maggioranza dei due terzi dalla sola Camera dei deputati. Due senatori del Pd, Federico Fornaro e Carlo Pegorer, hanno calcolato che grazie all’Italicum i capilista nominati che andranno alla Camera saranno il 60,8%, cioè 375 su 630. Ognuno ne tragga le dovute conclusioni.
– L’articolo 83, comma 2 prevede che per l’elezione del capo dello Stato “dal settimo scrutinio è sufficiente la maggioranza dei tre quinti dei votanti“. Traduzione: il capo dello Stato, organo di garanzia che rappresenta “l’unità nazionale”, potrà essere eletto anche se in aula sono presenti solo dieci deputati. Sapendo che al settimo scrutinio il governo può scegliersi il capo dello Stato, farà ostruzionismo fino al sesto per poi accaparrarselo. Al di là delle facili previsioni, una bestemmia che non trova riscontro in nessun altro ordinamento costituzionale del mondo.
– L’articolo 117 eleva a rango costituzionale le leggi dell’Unione europea – organo sovranazionale non eletto da nessuno. “La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea“. La sovranità del popolo e la potestà legislativa dello Stato saranno limitate per Costituzione dalle leggi dell’Unione europea.
– L’articolo 117, comma 4 reintroduce la “clausola di supremazia statale”, utilizzata in passato dallo Stato per vampirizzare le autonomie locali. Sulle grandi opere – Tav, gasdotto Tap, trivelle in mare, ponte sullo Stretto etc. – le Regioni non potranno più dire alcunché.
– L’articolo 135 concede a 100 senatori non eletti da nessuno e senza vincolo di mandato il compito di nominare ben due giudici della Corte costituzionale, organo di garanzia insieme al capo dello Stato e al Csm. I giudici di nomina parlamentare sono in totale cinque, e alla Camera, composta da 630 deputati, ne spetteranno di conseguenza tre. Una sproporzione assurda.

Per la propaganda è meglio lanciare fumogeni parlando del “contenimento dei costi” (spiccioli, 57,7 milioni certificati dalla Ragioneria dello Stato, che rischiano pure di ridursi a fronte dei cospicui rimborsi per le trasferte a Roma dei consiglieri-senatori), della “riduzione del numero dei parlamentari” (che non riguarda i parlamentari, ma solo i senatori, e ridotti di 215 su 315 in un contesto generale dove a vivere di politica sono 1 milione di persone) e del “superamento del bicameralismo paritario” (che viene superato, ma incasinandolo introducedo dieci diversi e contorti iter).

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