Fonte: La stampa
Presidente Fondazione GIMBE
L’emergenza ignorata dei poveri senza cure
C’era una volta il Servizio Sanitario Nazionale (SSN), nato nel 1978 sotto il segno di universalismo, equità e uguaglianza, finanziato con la fiscalità generale e riconosciuto tra i migliori modelli di sanità al mondo, sia per efficienza, sia soprattutto per i risultati di salute. Poi, a partire dal 2010, tra tagli e mancati investimenti da parte di tutti i Governi questo pilastro della nostra democrazia è stato via via indebolito. Infatti, se nel 2010 la spesa sanitaria pubblica pro-capite era pari alla media dei paesi europei, nel 2022 l’Italia ha speso circa 47,3 miliardi di euro in meno. E dal 2010 al 2022 il gap complessivo ha superato la cifra di 300 miliardi di euro: come si può pensare che una simile sottrazione di risorse non distrugga progressivamente la più grande opera pubblica mai costruita in Italia?
Il 15 marzo 2013, la Fondazione GIMBE lanciò il programma #SalviamoSSN prevedendo che la fine del SSN non sarebbe stata annunciata dal fragore di una valanga, ma si sarebbe concretizzata come il silenzioso e inesorabile scivolamento di un ghiacciaio, attraverso lustri o addirittura decenni. E nell’indifferenza dei Governi degli ultimi 15 anni il ghiacciaio è scivolato a tal punto da erodere quel diritto che i Padri costituenti hanno voluto indicare esplicitamente come “fondamentale” nella Carta Costituzionale. Se esiste ancora la Politica, nel senso più nobile del termine, che batta un colpo: il tempo della manutenzione ordinaria del SSN è scaduto e la nostra salute è troppo preziosa per essere svenduta al miglior offerente.