Da stella a stella a inseguire la proposta di Anna Falcone – Il cuore oltre la rabbia

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Gian Franco Ferraris

di Gian Franco Ferraris – 20 giugno 2017

Con Marina Grazioli abbiamo deciso di aderire alla manifestazione organizzata da Anna Falcone e Tomaso Montanari  domenica a Roma al teatro Brancaccio.

Sono partito alle 4 del mattino alla volta di Milano dove avrei incontrato Marina e proseguito in treno per la capitale.

Il viaggio è affascinante, sono i giorni più lunghi dell’anno, ci sono le stelle ma si sente già il chiarore dell’alba che non si farà attendere a lungo, la terra stessa si risveglia e ti riscalda, sono partito con 18 gradi di temperatura e alla stazione centrale alle 6,30 ce ne saranno 23, nelle due ore mutano i colori il rosso dell’alba, il rosa/arancio dell’aurora a Milano l’azzurro della fine di primavera.

D’altra parte ho sempre preferito guidare di notte; ho condotto una vita ‘notturna’, tuttavia da qualche tempo mi chiedo quanto durerà ancora? ho 62 anni e mi sento per intero l’età… cerco pensieri che mi allontanino dalla malinconia, mi sforzo di ricordare una vita precedente a Milano, avevo trent’anni e ho passato un anno accanto a Calipso, una vera dolce vita, ma ricordo a malapena la via dove ho abitato quell’anno, da qualche tempo la sofferenza, la nostalgia per gli amori perduti hanno i colori tenui di una stagione (un passato) che non tornerà, le vite precedenti ti lasciano un senso di estraneità tale che pare di non averle vissute. Il pensiero invece sempre più preciso è andato verso mio padre, a quando malvolentieri lo accompagnavo a Milano, qualche volta l’anno, a prendere ordinazioni per il vino. Mi pareva un vecchio e aveva la mia età di ora, nella vita era stato molto sfortunato, nato nel 1916 a Milano era malridotto da 10 anni di guerra e da lunga prigionia dai francesi in Marocco. Il viaggio era un ripetuto disagio di silenzi dovuti principalmente all’educazione della mia infanzia trascorsa con le zie materne (e tutte donne) in un mondo estraneo a quello di mio padre.

A Milano si era soliti andare a pranzo in una trattoria con i suoi amici di prigionia, erano cinque artigiani di famiglia socialista come lo era anche la mia famiglia paterna. Ricordavano gli anni di prigionia, la stupida esaltazione dei fascisti prima di affrontare la guerra che si trasformò rapidamente in  paura e negazione del fascismo. Avevano una grande amicizia che rimase intatta negli anni del dopoguerra, forgiata dalla durezza della prigionia. Un giorno Luigi Sartirana disse “avevamo vent’anni, io e Rastelli cercavamo sempre di andare a puttane ma tuo padre e Prina detestavano solo vedere le code di soldati davanti ai bordelli e ci rimproveravano. Per anni ho dimenticato quella frase. Ma la cosa che ricordo con più nettezza è la loro fiducia nella ricostruzione, nel progresso per cui i loro figli mai avrebbero vissuto l’abominio che era toccato loro per ignoranza del popolo italiano che si era affidato acriticamente nelle mani di Mussolini e del fascismo. Nel 1986 quando mio padre stava per morire andai a Milano e avvisai i suoi amici, Giuseppe Prina mi svelò “tuo padre ha sofferto molto in quegli anni perchè i suoi genitori pagarono per fare stare a casa suo fratello dalla guerra….” lo dissi a mio padre morente, era commosso ma disse solo “ma che cosa ti ha raccontato?” Mi turba ormai ogni giorno il pensiero che quella generazione ha costruito qualcosa di buono mentre la nostra è stata ‘di fatto’ un fallimento. Non dico che la generazione che ha fatto la guerra fosse migliore della nostra ma di certo aveva lo sguardo rivolto verso il mondo mentre ora gli occhi sono concentrati sul proprio ombelico.

Ho incontrato Marina alla stazione Centrale, mi mette sempre allegria, la sua voglia di vivere, la semplicità e il coraggio che ha nell’affrontare le situazioni difficili sono contagiose: Marina indossava una gonna molto particolare “a due strati” dalla marca sconosciuta (a me) ….

Arrivati al teatro Brancaccio alle 10 non era possibile entrare, c’erano anche proteste insensate perchè il locale era evidentemente strapieno e la direzione del teatro non lasciava entrare per motivi di sicurezza. I partecipanti avevano una età media più giovane di circa 20 anni rispetto alle riunioni solite delle varie sinistre. Tra i  primi commenti abbiamo saputo che Pisapia ha fatto sapere che  “non ci sono le condizioni per la mia presenza”, chissà se e quando Pisapia si confronterà alla pari su che cosa vuole fare e chi intende “federare”.

Nella calca abbiamo fatto il migliore incontro politico della giornata, Giulia Urso che, elegante e gentile, ci ha accompagnato a ristorarci in un caffè nei dintorni. Giulia ci parlava della necessità di cambiare i modi e i luoghi della politica; per far questo serve una vera rivoluzione culturale  e per spiegarsi meglio ha utilizzato la metafora della rivoluzione nel balletto, a inizio novecento, a opera di  Isadora Duncan.

Ascoltavo Giulia incuriosito e mi è venuta alla mente l’orientazione dell’altare versus populum che ha cambiato il rapporto tra la Chiesa e il mondo cattolico fino al punto che al cattolico praticante normale due appaiono i risultati evidenti della riforma liturgica del Concilio Vaticano II: la scomparsa della lingua latina e l’altare orientato verso il popolo.  Ecco la sinistra dovrebbe cambiare linguaggio e smetterla di rivolgere “le spalle” al popolo, La frattura tra politica e cittadini è sempre più profonda e anche nell’incoronazione di Pisapia traspare la mancanza di consapevolezza di questa Rottura. Solo che lo spostamento dell’altare è stato il frutto non di una invenzione ma di una lunga rivoluzione culturale nel mondo cattolico.

Prima di mezzogiorno siamo riusciti di entrare, non ho ascoltato quindi l’introduzione di Tomaso Montanari (Video). Gli interventi sono stati resoconti di tanti piccoli mondi che hanno accolto con entusiasmo l’appello per questo esperimento politico.  Tra tanti giovani,  il discorso che mi ha colpito di più è stato quello del vecchio magistrato Maddalena che con un linguaggio essenziale ha spiegato la crisi delle èlites in Italia e la loro sudditanza alla finanza internazionale. Poi è salito sul palco Paolo Foschi del Corriere della Sera, che ha raccontato dei nuovi “servi di redazione”, giornalisti precari e collaboratori, sottopagati e minacciati. Traspare un mondo, quello dell’informazione scritta che sta attraversando una crisi epocale di qualità e di mancanza di lettori. Francesco Sylos Labini spiega in modo approfondito il degrado dell’università oggi in Italia, l’art. 3 della Costituzione che doveva garantire il diritto di studio “è stato dimenticato”, espone dati impressionanti di confronto tra il nostro povero Paese e l’OCSE: ci mancano 500.000 laureati dai 25 ai 34 anni, dati che da soli bastano a comprendere la grave crisi che stiamo attraversando.

Il giorno dopo peraltro Stefano Sylos Labini pubblica sul suo diario facebook un post che tocca un nodo cruciale:

“Mi sembra che l’aria “a sinistra” del PD sia talmente avvelenata che se uno ci finisce dentro rischia di lasciarci le penne. Non so proprio quello che dovrebbe succedere per far resuscitare una vera forza socialista di massa. Per ora non vedo le condizioni ideali e delle proposte che siano al contempo dirompenti e fattibili in tempi brevi.”

Nell’ultimo intervento della giornata Annalisa Corrado lancia il bello slogan “buttare il cuore oltre la rabbia”, solo che gli applausi più scroscianti il pubblico li ha riservati agli oratori che attaccavano Pisapia e, a parte le contestazioni a Miguel Gotor, si avvertiva un certo disagio palpabile, una estraneità negli esponenti di MDP presenti in sala tranne che per  il governatore della Toscana Enrico Rossi che pareva piuttosto estraneo ai dirigenti del suo movimento ma che conversava amabilmente con tutti quelli che incontrava.

Discorso a parte per Massimo D’Alema  che è arrivato presto si è seduto in prima fila e ha ascoltato tutta la giornata in silenzio mentre gli altri esponenti di Articolo Uno avevano da tempo abbandonato la sala. Un comportamento che dimostra la determinazione di D’Alema di giungere all’unità delle sinistre; ha pure applaudito l’intervento di Pippo Civati, il più determinato degli intervenuti a raggiungere l’obiettivo dell’unità: “Io mi riconosco in questa piazza ma ci sono anche altre piazze, altri teatri”, spiega poi a margine, “non bastiamo a noi stessi, non possiamo essere quelli che sbattono le porte in faccia…” a Civati fa eco  Nicola Fratoianni che precisa “L’ho sempre detto ma continuerò a dirlo se necessario anche coi segnali di fumo: considero l’unità un valore ma a me chiedono anche la chiarezza dei programmi”.  Ecco i programmi sono simili lavoro, redistribuzione dei redditi, equità fiscale, investimenti, welfare universale e potrebbero se c’è la volontà essere il punto di incontro tra le forze politiche e i movimenti in campo. Ma a questo proposito non si capisce perchè non si è iniziato il cammino dagli obiettivi in comune e ci si è avventurati su tattiche e formule politiche tanto astruse quanto inutili. Su questo punto tuttavia le maggiori e gravi responsabilità riguardano il MDP.  Sorge il dubbio che si aspetta l’esito di manovre di palazzo, come lasciano intendere le dichiarazioni di Romano Prodi di questi giorni, unite alla paura del ceto politico che siede in parlamento di perdere il posto mescolandosi con la società civile. Su quest’ultimo punto si potrebbe trovare una mediazione chiara, quella di assicurare candidature “sicure” ai parlamentari uscenti – in fondo si tratterebbe di un gesto umanitario: perdere privilegi dispiace a tutti (o quasi).

Il giorno dopo D’Alema ha ribadito con forza la sua idea in un’intervista al Manifesto dal titolo significativo: “A sinistra è vietata la rottura, per tutti noi è l’ultima chiamata”. Ha criticato alcuni eccessi del Brancaccio: “il becerare contro Pisapia e i fischi a Gotor non portano lontano” ma ha ripetuto l’esigenza dell’unità a sinistra perchè la situazione del paese è grave e “dobbiamo raccogliere tutte le forze e mettere in campo un’altra possibilità … dobbiamo offrire al paese una chance”. Questo pensiero di D’Alema rappresenta le preoccupazioni e i desideri di tutta l’area di sinistra in Italia.

Resterebbe un problema serio, quello che Fausto Anderlini ha spiegato in modo chiaro “Di Montanari mi è piaciuto il richiamo conservatore alla Costituzione…. assai meno questa idea balzana di una lista civica nazionale di sinistra col compito di ‘portare in parlamento’ le liste civiche cittadine. E’ vero che ci ha messo anche i partiti e che ha stigmatizzato il civismo cattivo, ma il mix non funziona. Se sei civico devi anche essere antipartito. Oppure sei un partito camuffato da civico. L’esperienza dice che questa cosa crea nervosismo e non funziona.”

Il nodo sollevato da Anderlini è inestricabile, tuttavia più che partiti e movimenti civici sono macerie sradicate e ha ragione D’Alema quando dice  «A sinistra è vietata la rottura, per tutti noi è l’ultima chiamata» di fatto del Paese Italia “non è rimasto che qualche brandello di muro/ di tanti che ci comunicavano neppure tanto…” Il paesaggio però è cambiato, la frattura tra politici e società è difficilmente colmabile, un finale di partita della seconda repubblica incapace di affrontare i problemi di trasformazione epocale della società; ora si tratta di vedere se nella sinistra e nelle persone sinceramente democratiche prevarrà la pulsione di morte o lo spirito di sopravvivenza.

La situazione italiana è grave, le diseguaglianze ogni giorno  si fanno più profonde, la disoccupazione è un enorme problema, l’industria ha perso tantissimo terreno e lo Stato fa acqua da tutte le parti (inefficienza e corruzione). I diritti civili poi, sono un’arma di distrazione.

A rigor di logica politica, i ripetuti fallimenti dei governi Pd (ritenuti dall’opinione pubblica di sinistra) condurranno il Paese a destra per una lunga fase e con buona pace per tutta la sinistra che potrà rinfacciarsi le colpe da qui all’eternità. Ma una possibilità concreta di uscire da questo sfacelo  c’è: dimenticare gli odi personali e scrivere insieme un programma, su molti problemi tutti dicono cose simili.

Un programma essenziale e concreto può essere condiviso non solo da tutti i brandelli del ceto politico di sinistra ma anche con le associazioni disponibili, i sindacati e i cittadini interessati. Avere obiettivi comuni che si è contribuito a individuare moltiplicherà la nostra forza. Poi se ne usciremo ancora vivi riprenderemo le discussioni sul significato di sinistra e centrosinistra e potremo ricominciare anche a litigare un poco.

Capisco che ci vuole un pò di razionalità e anche di genio italico per mettere insieme le candidature del ceto politico di Articolo Uno con i “civici del Brancaccio” ma almeno per spirito di sopravvivenza si trovano soluzioni.  In fondo si tratta di due esperienze parallele: da quando c’è il PD (segretario Veltroni), le sezioni dell’ex PCI si sono trasformate in una passerella per i politici di turno, così i tanti tentativi di dare vita a movimenti “di sinistra” si sono trasformati in una passerella di esperienze locali non sempre esemplari.

Al contrario, se i gruppi parlamentari bersaniani, di ex Sinistra Italiana e Campo Progressista si metteranno insieme con una operazione di chirurgia politica estetica in “Insieme per il Cambiamento” cambieranno la loro vita in peggio, costretti a cercarsi un lavoro in questi tempi duri per l’occupazione (basta vedere i modestissimi risultati nel primo turno delle amministrative). Tuttavia la soluzione, seppur difficile, è a portata di mano, si tratta di fare una cosa che dovrebbe essere semplice: Pensare e Pensare innanzitutto alle conseguenze per il Paese.

La riunione del Brancaccio ha avuto il grande merito di comprendere che il tempo attuale è molto diverso da quello opprimente degli ultimi 20 anni, ora è più pericoloso per la crisi irreversibile del centrosinistra che ha governato questi anni a livello nazionale e locale, ma è cresciuta la consapevolezza dell’urgenza e della necessità di aria fresca nella politica italiana.

Il merito va dunque riconosciuto alla buona volontà di Anna Falcone e Tomaso Montanari, che hanno preso l’iniziativa: una strada irta di difficoltà ma con la consapevolezza che per giungere a una meta occorre iniziare un cammino.

L’intervento finale di Anna Falcone ha confermato la sua bravura nel contagiare il pubblico con un linguaggio diretto e onesto, questa donna ha il dono di comunicare una sincerità che oggi è una merce unica in politica e che se messa in condizione può diventare popolare. E’ semplice da comprendere ed è auspicabile che i leader o ex leader della sinistra aprano gli occhi. Anche se ho il timore che restino indifferenti, accecati dalla loro presunzione. Come sappiamo “Dio prima acceca, quelli che vuole perdere”.

A sera con Marina Grazioli ho ripreso la via del ritorno, a Milano un taxista ex socialista condannato in un’altra vita dai magistrati di mani pulite ci ha quasi aggrediti, prendendosela con Massimo D’Alema per la condanna subita “sono stati i comunisti”. Ha riconosciuto poi la diversità di D’Alema mentre concitato ha raccontato che le donne che ha accompagnato in taxi ad Arcore erano le stesse e con gli stessi abiti che hanno raggiunto sempre con il suo taxi uomini di spicco del centrosinistra. Ma questo non è possibile, i politici del centrosinistra hanno una morale (???)

In auto mi ha telefonato Gianluca – capita due volte l’anno, preoccupato dal “rimbambimento” del vecchio padre “mi ha detto Valeria che sei partito prima dell’alba, almeno ti sei fermato a Roma?” e poi “hai il vivavoce” e prima di salutarmi frettolosamente ha aggiunto “è andata bene, ti ricordi dell’amico del nonno che era partito con un coltello in bicicletta alle tre di notte per ammazzare il Duce e non se n’è saputo più nulla”.

Nel cielo intanto sono ricomparse le stelle e a casa ho trovato mia figlia appena tornata da una gara di cavallo, abbiamo cenato nella notte con Valeria che mi fa “papi sarei contenta se Marina ti sposasse, è così simpatica – solo che sei  ingrassato in modo indecente (!), guarda questa foto su fb come eri magro” ed è iniziata una nuova notte di tomenti e malinconie vere: è insopportabile ingrassare e diventare vecchi senza la forza di mettersi a dieta con rigore.

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3 commenti

Luigi Casinelli 22 Giugno 2017 - 18:10

Veda signor Gian Franco Ferraris, ho voluto rileggere per benino il suo articolo sul Brancaccio, perchè posso dai miei 73 anni tranquillamente urinare in testa a chiunque voglia inquadrarmi tra i nostalgigi del “culto della personalità”! Stento a credere che la sua distratta osservazione dell’evento Brancaccio, utile, non utile, interessante o noioso che fosse, abbia colto la presenza di Civati, D’Alema, Gotor, Fratoianni ecc., ma stranamente ( qualcosa mi suggerisce, volutamente ) direi, non abbia notato che uno degli interventi più applauditi sia stato quello di Maurizio Acerbo segretario nazionale di Rifondazione Comunista. Mi creda, è un segnale molto brutto, diseducativo, che fa sospettare molto della buona fede di chi scrive, ma fa venire tanta voglia di urinare su ciò che scrive! Un efficace diuretico insomma!

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Gian Franco Ferraris 22 Giugno 2017 - 22:18

ha ragione – ho ignorato l’intervento di Maurizio Acerbo, non ero in sala in quel momento – ma avrei potuto cercare la registrazione.

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Luigi Casinelli 23 Giugno 2017 - 7:27

Credo lai abbia sbagliato ( ….”chi è senza peccato….” ), devo scusarmi per il l’aggressività della mia critica, ma la ripetuta, persistente, assordante censura che sistematicamente viene operata dai media nei riguardi di Rifondazione, minoritaria quanto si voglia, hanno generato il mio risentimento, la ringrazio per la considerazione.

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