di Alfredo Morganti – 24 ottobre 2016
Galli Della Loggia ieri, in un editoriale del Corsera, ha scritto senza mezzi termini che “il problema della Destra italiana è soprattutto uno: trovare da dire qualcosa di diverso da quel che dice la Sinistra di Matteo Renzi”. Lapidario. È la stessa cosa che dire che Renzi è di destra o sta facendo la destra. Ed è come dire che il Paese sta GIA’ uscendo dalla crisi a destra, senza nemmeno attendere che il governo attuale si sbricioli e, a causa del suo modo discutibile di gestire le politiche pubbliche, quelle istituzionali nonché quelle di partito, apra inevitabilmente a una soluzione di destra, magari della peggiore. Ed è come ammettere che, pur di non vedere Salvini al governo, si sta facendo quel che avrebbe fatto Berlusconi se adesso si trovasse ancora a Palazzo Chigi. Destra di governo contro Destra populista, senza più una Sinistra. O forse si sta facendo peggio, visto che l’uomo di Arcore non era riuscito a cancellare le tutele sul lavoro, mentre Renzi sì. Aiutato nella fattispecie anche da alcuni che quel giorno si trovavano a Circo Massimo con Cofferati (a proposito di quelli che cambiano idea!). Galli Della Loggia denuda il re, lo mostra per quel che è. Un frutto con una buccia simbolicamente di sinistra, ma con una polpa clamorosamente di destra. Una specie di Comandante Lauro in versione 2.0, grazie ai bonus e alle regalìe che ci lasciano comunque preda dei tanti zero virgola, nonostante lo scialo di miliardi e miliardi di euro pubblici.
Nutro tuttavia verso Della Loggia almeno un punto di disaccordo, seppure di fondo. Quella di Renzi non è Destra vera, così come non sarebbe, in alternativa, nemmeno Sinistra vera. In questo senso l’attuale premier ha svuotato la dialettica di destra e sinistra, ed è andato ‘oltre’ come si dice oggi. E lo ha fatto nel modo peggiore, forse nell’unico tecnicamente possibile. I due termini sono semplicemente divenuti una veste simbolica, un camuffamento, una maschera il cui unico scopo è raccogliere consensi a secondo dell’aria che tira. Come una sorta di identità che oscilla, si nega, e si muove rapsodicamente, opportunisticamente, situazionisticamente. Renzi ha superato la coppia destra-sinistra svuotando entrambi i poli di identità, idealità, consistenza storico politica. È andato oltre, calpestandone il senso profondo e la profonda cogenza. Renzi non è di destra, FA la destra ove occorra. Non è di sinistra, FA la sinistra. In un gioco di specchi, di rifrazioni multiple, di camuffamenti e di opportunismi. È questa la sua novità ‘culturale’. Non è figlio solo di una sinistra in crisi, ma anche di se stesso e delle illusioni infingarde della comunicazione.
Solo così, appunto, si supera ‘tecnicamente’ e per davvero quella tragica contrapposizione di identità storiche, linguaggi, assemblaggi organizzativi, pensieri e categorie, sentimenti ed emozioni, campi di appartenenza, culture politiche, idee e azioni conseguenti. Solo uccidendo assieme la destra e la sinistra si può ridurre a marketing, a imbonimento, a mera comunicazione e a balletto mediale la profonda e tragica sostanza della politica contemporanea. Solo cancellando il pensiero e la prassi di quella coppia, si può galleggiare liberi da remore nel mare magnum dello Stato, della UE e della globalità moderna. Renzi non è un uomo di destra, ma è banalmente, alla Arendt, un uomo che annusa il potere e ci si acconcia nel modo più agile, flessibile, cinico, sganciandosi da responsabilità di appartenenza, da coppie di pensiero, da identità singolari e collettive. Libero in una mondo che si squaglia, sconfina, diventa entropico anche a livello di pensiero. Non si tratta nemmeno di un ‘pensiero unico’, che almeno era classificabile come destra. No, piuttosto è l’assenza di pensiero, il vuoto, il tecnicismo comunicativo la marca che contraddistingue la contemporaneità italiana. Una specie di immenso deserto dove si è tutti e non si è più nessuno.