Il politologo Sartori asfalta Renzi

per Gabriella
Fonte: Il Fatto Quotidiano
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intervista a Giovanni Sartori da Il Fatto Quotidiano del 06 febbraio 2016

Da dove cominciamo?

Da dove vuole, tanto in Italia non c’è una cosa che sia a posto!”.

Siamo a casa del professor Giovanni Sartori, politologo e padre della Scienza politica in Italia, a parlare di riforme costituzionali e legge elettorale che, secondo molti, sbilanceranno il sistema democratico a favore dell’esecutivo.

Professore, perché non c’è nulla che sia a posto?

Tutto il sistema oggi è fondato su errori e incompetenza. Abbiamo un Parlamento eletto con quell’obbrobrio del Porcellum che adesso riforma la Costituzione. Abbiamo un presidente del Consiglio che non ha vinto le elezioni, ha semplicemente vinto le primarie del suo partito. Poi ha vinto le elezioni europee, ma questo naturalmente non c’entra nulla: non si può fare un’estensione per analogia! Le primarie sono state usate come legittimazione e poi anche le Europee.
Ma non va bene. Aggiungo una cosa che ho più volte scritto: l’articolo 67 della Costituzione prevede l’assenza di vincolo di mandato, un concetto che Grillo e il Movimento 5 Stelle non conoscono. La rappresentanza di diritto pubblico prevede che ogni membro del Parlamento non rappresenta i suoi elettori, ma la Nazione. Altrimenti torniamo alla rappresentanza di diritto privato, come nel Medioevo.

Ha detto che voterà No al referendum sulla riforma del Senato. I costituzionalisti hanno sottolineato come leda il principio di rappresentatività, dato che i senatori non saranno eletti ma mantengono competenze come la revisione costituzionale; eleggono i giudici della Consulta e il presidente della Repubblica.

Il problema vero sono le competenze, non l’elezione diretta: in molti sistemi c’è una Camera delle Regioni. Così però è un caos. I nostri futuri senatori non dovrebbero avere voce in capitolo sulla revisione costituzionale. E nemmeno l’immunità. Senza contare che i nostri cento arrivano dalla peggior classe politica di cui l’Italia disponga: basta guardare gli scandali e le inchieste della magistratura sui consiglieri regionali.

Il combinato disposto di Italicum e nuovo Senato cosa produce?

Il Porcellum era fatto su misura per Berlusconi con un premio di maggioranza oltre ogni misura. La famosa legge truffa del 1953, truffa non era perché il premio scattava per chi la maggioranza del 50 per cento dei voti l’aveva già raggiunta. Mentre sistemi come il Porcellum e l’Italicum trasformano una minoranza in una maggioranza. Sono sempre stato favorevole ai premi di maggioranza, a patto che servano a rafforzare la maggioranza, non a crearla.

Cosa si potrebbe fare?

Sono sempre stato favorevole al doppio turno, a patto di vietare le coalizioni: nel mio progetto ogni partito si presenta da solo. Questo garantisce una selezione vera: ogni forza politica presenta il suo candidato migliore, quello che più garantisce l’accesso al secondo turno. È un modo per dare una preferenza (le tanto osteggiate preferenze, che poi sono rientrate dalla finestra nell’Italicum!) che però in questo modo non sarebbe manipolabile. Il maggior difetto dell’Italicum sta nel premio di maggioranza: chi raggiunge il 40 per cento dei voti lo ottiene, prendendo 340 seggi, cioè il 55 per cento del totale.

Perché non ridurre il numero dei parlamentari o non abolire il Senato tout- court?

Perché sarebbe una modifica radicale, una vera rivoluzione, più difficile da far passare. Peraltro, ormai i sistemi monocamerali sono molto diffusi, il bicameralismo era figlio di un altro momento storico. Ma per fare una riforma del sistema così radicale bisogna studiare, avere competenze: invece i politici oggi passano il tempo in televisione. E quando non sono in onda si preparano per la successiva apparizione. Non è tanto che non lavorano, è che lavorano su cosa e come rispondere quando vanno in tv.

Qual è il suo giudizio sull’operato di Renzi?

È svelto, furbo, agile. Uno con i riflessi prontissimi. Però imbroglia le carte su tutto: un conto sono le promesse elettorali, un altro camuffare la realtà. Chi governa non può fare solo propaganda, deve rispondere del proprio operato: non è una cosa accettabile da parte di un premier.

Ha detto che se perde il referendum lascia la politica.

È un approccio scorretto. Si focalizza l’attenzione su di lui e non sulla legge di riforma. Ma è ovvio che non se ne andrà, nemmeno se dovesse perdere. Scoprirà che è indispensabile alla patria.

 

Le istituzioni di garanzia nella Riforma

 di 3 febbraio 2016
Sta circolando su Twitter una grafica prodotta dal sito web www.lacostituzione.it, che da oltre 10 anni si batte per salvaguardare la Costituzione italiana da qualunque riforma, contenente informazioni non accurate. Per la verità l’autore della grafica ha riconosciuto l’errore e si è anche speso per bloccarne la diffusione (chapeau) ma come è noto una volta che la macchina della bufala è in moto è praticamente impossibile fermarla.

Per questo cogliamo l’occasione per correggere la grafica e contemporaneamente porre l’attenzione su un tema importante in una democrazia maggioritaria: quello delle istituzioni di garanzia.

Come sappiamo, con il referendum del 1993 l’Italia ha deciso di abbandonare il modello politico consensuale con cui era stata governata dalla proclamazione della repubblica, passando da una legge elettorale proporzionale a una maggioritaria. Benché a nostro avviso quella scelta sia stata positiva, è indubbio che la Costituzione sia stata scritta avendo in mente una legge elettorale proporzionale.

Per questo non è previsto uno “statuto dell’opposizione” parlamentare, mentre il quorum relativo all’elezione del Presidente della Repubblica scende fino al 50%+1 dei componenti delle Camere riunite, facilitando quindi l’elezione di un presidente di parte, come poi di fatto è accaduto nel 2006.

La riforma che abolisce il bicameralismo paritario introduce maggiori garanzie per l’opposizione. E’ sorprendente leggere che secondo qualcuno d’ora in poi chi vince le elezioni prenderà tutto. E’ vero il contrario: grazie alla riforma le garanzie vengono rafforzate.

Se da un lato è vero che chi vince le elezioni controllerà le istituzioni che esprimono l’indirizzo politico (Governo e presidenza delle commissioni parlamentari ordinarie — queste ultime in assenza di accordi specifici con l’opposizione), il vincitore delle elezioni non potrà eleggere da solo il Presidente della Repubblica, i componenti laici del Consiglio Superiore della Magistratura, o i giudici costituzionali.

Consiglio Superiore della Magistratura
La legge prevede, per l’elezione dei componenti laici del CSM, un quorum del 60% dei voti espressi dal Parlamento in seduta comune. Questo quorum non cambia ed è dunque irraggiungibile da chi dispone del 54% dei seggi della sola Camera dei Deputati.
Anzi, dato che il nuovo Senato è eletto da una base elettorale diversa da quella della Camera dei Deputati e con una legge tendenzialmente proporzionale, sarà ancora più difficile per il partito di maggioranza raggiungere il quorum.

Corte Costituzionale
Discorso simile per i giudici costituzionali di nomina parlamentare. Qui il quorum è addirittura del 60% dei componenti (ben al di sopra dei numeri di cui dispone la maggioranza), ma con una variante: dopo la riforma, i giudici saranno eletti separatamente da Camera e Senato, nel numero di 3 per la prima e 2 per il secondo. Se dunque nella Camera dei Deputati al partito di maggioranza mancano 38 deputati per eleggere i giudici costituzionali, al Senato quel partito potrebbe non avere neanche la maggioranza relativa — figuriamoci quella del 60%!

Presidente della Repubblica
Benché non sia affatto scontato che il partito che ha vinto le elezioni abbia la maggioranza assoluta dei voti del Parlamento in seduta comune (servono un minimo di 26 senatori), si è ritenuto che l’attuale quorum non garantisse sufficientemente la minoranza. Con la riforma, per eleggere il Presidente della Repubblica occorreranno gli stessi voti che servono per eleggere i membri laici del CSM: non sarà dunque più possibile l’elezione a maggioranza, come capitò nel 2006.

Statuto dell’opposizione, referendum
Non è tutto: la riforma introduce lo statuto dell’opposizione, che stabilirà ulteriori forme di tutela dell’opposizione e di partecipazione agli organismi parlamentari da parte della stessa. Viene inoltre rafforzato lo strumento del referendum abrogativo grazie a un quorum ridotto che scatta qualora vengano raccolte 800.000 firme per l’abrogazione di una disposizione di legge.

fonte:  http://riformasenato.blogspot.co.uk/2016/02/le-istituzioni-di-garanzia-nella-riforma.html
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13 commenti

Francesco Statti 9 Febbraio 2016 - 10:58

Mi pare che quanto dice il Professor Sartori non abbia bisogno di alcuna aggiunta circa la “fallacità” di Renzi e le sue riforme.

Rispondi
Barone Barolo 10 Febbraio 2016 - 11:13

Avete pubblicato una infografica che contiene informazioni scorrette sulla riforma: qui la versione corretta:
http://riformasenato.blogspot.co.uk/2016/02/le-istituzioni-di-garanzia-nella-riforma.html

Rispondi
Felino De Gattis 12 Febbraio 2016 - 8:57

Studia meglio. Il referendum abrogativo attualmente necessita di 500 mia firme per essere indetto. Dopo la legge ne richiederebbe 800 mila. E parli pure di abbassamento del quorum.
Inoltre in base a quale logica presumi che siccome il Senato avrebbe una maggioranza diversa da quella della camera esso debba essere necessariamente penalizzante per il partito di maggioranza alla Camera? Potrebbe benissimo essere il contrario e il quorum alla Camera di conseguenza abbassarsi ulteriormente. Senza contare la lunga storia di consociativismo (leggi: mercato delle vacche) continuata anche sotto Renzi con i Razzi e gli Scilipoti: non sarebbe difficile al partito che ha il 55% alla Camera comprarsi pochi senatori nemmeno eletti per occupare tutte le istituzioni.
Per correttezza, visto che commenti sui siti altrui, dovresti aprire a tua volta il tuo sito ai commenti. O hai paura?

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Barone Barolo 12 Febbraio 2016 - 11:37

Per contestare la correttezza dell’infografica, è sufficiente mostrare che il partito che vince le elezioni non avrà necessariamente la maggioranza per occupare le istituzioni di garanzia.

Certo, il fatto che il Senato avrà una legge elettorale di tipo proporzionale, è una garanzia ulteriore, ma anche se ciò non fosse vero, il solo fatto che il Senato è eletto da un corpo elettorale diverso da quello della Camera e in un momento distinto rappresenta una garanzia maggiore che non lo stato di cose attuale.

Del resto, lo ripeto, il presidente della repubblica è stato già eletto a maggioranza in passato: con le nuove regole, ciò non sarà possibile.

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Felino De Gattis 12 Febbraio 2016 - 19:24

Ti ripeto che se oggi è facile per un partito che non ha la maggioranza in parlamento comprarsi parlamentari per arrivarvi, domani sarebbe ancora più facile per un partito con il 55% comprarsi tutti i voti che gli servono per ottenere tutte le maggioranze qualificate che desidera. Non ci vuole molta fantasia, basta una minima conoscenza della storia anche recente d’Italia e onestà intellettuale. O credi che le nomine parlamentari nelle assemblee regionali impediranno ai Razzi e agli Scilipoti di arrivare in parlamento? Io non solo non lo credo, ma penso che il combinato disposto della legge elettorale e dell’Italicum sia funzionale proprio a rendere il Senato più controllabile da parte del partito di maggioranza alla Camera. Tutto il resto sono solo mediocri teorie, peraltro bocciate — caso strano — dall’ennesimo costituzionalista (Sartori).

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Barone Barolo 12 Febbraio 2016 - 20:48

55% in una sola camera su due è una piccola maggioranza: il tuo ragionamento equivale a dire che qualunque sistema politico che produca maggioranze, consente alla maggioranza pro tempore di “comprarsi” (?) tutte le cariche di garanzia. Il che è platealmente non vero.

Felino De Gattis 12 Febbraio 2016 - 21:37

Sto dicendo che se il potere limitato di una piccola maggioranza IN ITALIA (non in qualunque sistema politico) riesce a polarizzare intorno al detentore del potere transfughi provenienti da diversi partiti dell’opposizione, a maggior ragione una forte maggioranza, disponendo di una leva di potere e di possibilità di elargizione molto più consistenti, godrà in modo potenziato di questo flusso accentratore. Il che è platealmente derivabile dalla storia delle ultime legislature, compresa l’attuale. Se poi lei non vuole vederlo e preferisce guardare alla prassi politica italiana attraverso delle lenti rosa dalla sua torre d’avorio faccia pure. Il suo argomento che la riforma abbia previsto sufficienti contrappesi all’aumento di potere del partito di maggioranza relativa nella forma di quorum superiori al premio di maggioranza è comunque debolissimo, come dimostrato da insigni costituzionalisti quali lei non è.

Barone Barolo 12 Febbraio 2016 - 22:07

Complimenti, lei ha riscritto la storia politica d’Italia! Le maggioranze sono troppo forti e tutti si affannano a sostenerle!
I governi non sono fragili, anzi abbiamo il problema opposto: primi ministri che rimangono al potere per svariati decenni 😉

Felino De Gattis 13 Febbraio 2016 - 0:11

Non ho riscritto niente e non è storia; è presente. I governi degli ultimi anni si sono retti attraverso i transfughi: i De Gregorio, gli Scilipoti, i Mastella, i Razzi, la Südtiroler Volkspartei vendutasi in cambio del controllo sul parco nazionale dello Stelvio. È sotto gli occhi di chiunque non sia troppo partigianamente a favore della riforma renziana da pretendere di non vederla. http://www.ilpontenews.it/index.php/2016/01/29/nel-parlamento-italiano-la-lista-dei-trasferimenti-dura-tutto-lanno-il-2015-e-stato-lanno-record-degli-onorevoli-voltagabbana/ E se vorrà potrà scoprire che la pratica era ben connaturata al concetto politico degli italiani già ai tempi di Ippolito Nievo, che ne fa ritratti estremamente attuali nel suo Confessioni di un italiano.

Barone Barolo 13 Febbraio 2016 - 17:07

Vede? Sta dicendo una cosa talmente falsa da confondersi lei stesso: De Gregorio e Mastella non erano transfughi che hanno sostenuto un governo avversario, ma parlamentari eletti con la maggioranza che hanno abbandonato il governo e lo hanno fatto cadere.

Felino De Gattis 13 Febbraio 2016 - 17:13

La sua partigianeria le impedisce di capire quello che sto dicendo. Ci rinuncio, voti pure sì al referendum ma finiamola qui. Lei è estenuante.

mune 15 Febbraio 2016 - 17:36

de gregorio eletto con l’idv nel 2006, passò subito con berlusconi, in cambio fu eletto presidente di commmissione coi voti della destra.
il mastella che menziona lei è quello del 2008, ma il mastella del 1998 uscendo dall’udc, creò l’udeur e fece nascere il governo d’alema, dopo che la fuoruscita di bertinotti fece cadere il governo prodi.
quindi nella discussione che sta facendo, in cui non entro, lei in questo ha semplicemente torto

Barone Barolo 15 Febbraio 2016 - 18:53

Ciò dimostra che in Italia ci sono sia forze che tengono in piedi governi retti da avversari elettorali, sia forze che fanno cadere governi retti da alleati elettorali.

Il che è l’esatto contrario della tesi del De Gattis, secondo cui tutti accorrono a sostenere chi ha il potere. Non è vero: c’è chi dà sostegno e c’è chi lo toglie.

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