Pansa, la verità e la storia: quando presentai “Il sangue dei vinti”

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Gian Franco Ferraris

di Gian Franco Ferraris, 13 gennaio 2020

Ho conosciuto Giampaolo Pansa, quando presentai “Il sangue dei vinti” in occasione della sua vittoria al premio Acqui Storia nel 2003, libro  baciato da un successo editoriale enorme, che suscitò al contempo proteste e accuse da parte della stampa e degli storici della ‘sua’ sinistra, che da quel momento considerarono Pansa un traditore, un riabilitatore del fascismo, un giornalista che avrebbe scritto un libro per infangare la pagina luminosa della Resistenza.

In realtà avevo conosciuto Pansa molti anni prima a cavallo degli anni ’70 e ’80, quando scrissi la mia tesi di laurea sul dopoguerra nell’acquese e in provincia di Alessandria e mi imbattevo continuamente nella sua tesi di laurea (relatore il partigiano Guido Quazza) di venti anni prima che venne pubblicata da Laterza nel 1967 col titolo “Guerra partigiana tra Genova e il Po”. Uno dei libri più veri, dettagliati e approfonditi scritti sulla Resistenza. Questo libro era a quel tempo (fine anni ’70) esaurito e mi ritrovai a leggerlo, a fatica in parte a fotocopiarlo e in parte a trascriverlo a mano. Era un libro che mi ossessionava perchè tutte le volte che incontravo testimoni di quei tempi (reticenti o contraddittori su molti episodi), mi domandavo come Pansa fosse riuscito a fare una ricostruzione dei fatti così attenta alla verità storica.

Probabilmente per questo motivo, Piero della libreria delle Terme mi chiese di presentare con l’autore “il sangue dei vinti” in occasione del premio assegnatogli. Lessi il libro nelle notti precedenti l’incontro e fu come ricevere un pugno nello stomaco, mi tormentavo nel tentativo di capire i motivi che avevano spinto Pansa a scrivere questa storia: le uccisioni sommarie dei fascisti anche dopo il 25 aprile, a Liberazione avvenuta. Io stesso nella mia tesi lessi gli atti di molti processi del dopoguerra avvenuti nei confronti di partigiani che avevano ucciso fascisti e a volte rimasi impressionato da tanti episodi di violenza, ma avevo ben presente un commovente testo di Cesare Pavese sulla guerra civile nel libro “La casa in collina” di cui in calce riporto un brano (1) e ritenevo, come penso ancora oggi, che aveva ragione Norberto Bobbio, “non si può confondere chi lottava dalla parte giusta e chi dalla parte sbagliata. Solo così si arriva a una memoria condivisa. “

Con questo stato d’animo mi presentai all’incontro, il pubblico era numerosissimo, si  sommava quello di orientamento neofascista a quelli che tradizionalmente costituivano il pubblico abituato ai libri di Giampaolo Pansa che a quel tempo era famosissimo perchè per anni era stato vice-direttore di Repubblica e per i libri di successo contro la scalata di Berlusconi alla Mondadori e al potere politico.

La mia introduzione fu lunghissima, minuziosamente avevo annotato parti in cui mi pareva che Pansa si fosse accanito, come quelle del «triangolo della morte» nel cuore dell’Emilia. Vidi un amico d’infanzia di sinistra Didi Olivieri che mi fece segno di tagliare, un gruppetto di destra iniziò a contestarmi e io risposi che avrebbero fatto meglio a ricordare i rastrellamenti alla Comunità ebraica di Acqui e di Casale Monferrato (Pansa era nato a Casale, sua madre era sarta e io sono di antica famiglia contadina antifascista). Gabriella Nervi oggi mi ha ricordato che a un certo punto con leggera eleganza Pansa mi disse  “posso parlare anch’io?”. Le ho chiesto se è stata una serata cupa, ma Gabriella gentile ha risposto, no – anzi, molto divertente anche perchè Pansa è stato brillante e avvincente. Lo scrittore pubblicamente già quella sera mi ringraziò per la singolare presentazione, ma alcuni anni dopo, mentre ero a un gazebo del Pd, nella campagna elettorale da sindaco di Acqui (che persi), si fece accompagnare da un noto reazionario locale (che si mantenne a distanza di sicurezza) e mi disse che era venuto ad omaggiarmi in memoria del fatto che ero stato l’unico esponente di sinistra che aveva avuto il coraggio di presentare il suo libro. Durante quella campagna elettorale un vecchio amico, Raffaello Salvatore, mi raccontò di alcune frange di sinistra che erano restie a votarmi perchè anni prima avevo presentato “Il sangue dei vinti”.

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