Ultimo treno a sinistra: Anna Falcone risponde a Norma Rangeri

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Anna Falcone, Norma Rangeri,
Fonte: Il Manifesto, facebook,

di Anna Falcone – 27 luglio 2017

Anna Falcone ha risposto sulla propria pagina facebook all’editoriale di Norma Rangeri su Il Manifesto di oggi “Ultimo treno a sinistra”

Cara Norma, è proprio durante l’incontro promosso dal Manifesto che ho lanciato la proposta di una grande assemblea programmatica della Sinistra, quella che non c’è ancora e che avrebbe davanti a sé praterie di consensi, se solo si concentrasse su: attuazione della Costituzione, superamento delle diseguaglianze, lavoro, “golden rule” e piano di innovazione e riconversione energetica del Paese promosso dallo Stato, l’unico soggetto che può farci uscire dalla crisi investendo sulle risorse, il territorio, le eccellenze, il futuro dell’Italia. Passaggio essenziale ed ineliminabile anche per la ripresa degli investimenti privati. Su tale proposta attendiamo ancora risposta. Senza polemiche e senza pregiudizi. Credo che agli italiani importi solo questo: obiettivi e credibilità della proposta politica. È per questo che volutamente non entro e non entrerò in nessun dibattito che riguardi i presunti leader o le beghe personali o di partito che oscurino le vere priorità politiche del Paese: uscire dalla crisi con un “upgrade” della democrazia e dei diritti. Noi stiamo lavorando per questo. Le assemblee locali sono in corso e aperte a tutti coloro che intendano contribire con le loro idee e proposte. E sono sempre di più. Avanti con costruttività e senza personalismi. Grazie.

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L’articolo di Norma Rangeri su Il Manifesto del 27 luglio:

https://ilmanifesto.it/ultimo-treno-a-sinistra/

In questo momento vorrei non essere un’elettrice o un elettore di sinistra. Chi appartiene a questa «specie» tribolata – e anche temeraria – si trova nella scomoda e frustrante condizione di intravedere la propria estinzione politica. Qualunque altra categoria di elettori, al confronto, ha davanti a sé una prospettiva migliore.

Chi vota 5Stelle, con tutti gli alti e i bassi delle sindache star, con gli sbalzi d’umore del vecchio comico/politico, con le insondabili nuvole telematiche del giovane imprenditore Casaleggio, sa comunque di combattere, se non per governare, sicuramente per tentare di vincere la sfida delle urne.

Chi vota a destra certo non può contare sul Cavaliere di una volta, ma può navigare nel vasto mare del berlusconismo, in compagnia di qualche ex camicia nera ai comizi, e di una forte ventata di xenofobia. Magari Forza Italia si muove su altri piani ma da quelle parti di pelo sullo stomaco ce n’è in abbondanza. Anche perché se «fanno i bravi» e si mettono insieme in una lista, potrebbero perfino battere tutti gli altri. D’altra parte l’asse politico e culturale del paese  si è spostato a destra e il vento tira su posizioni conservatrici e reazionarie. (E male che vada, Berlusconi il suo 15 per cento potrebbe sempre portarlo in dote ad un eventuale governo neocentrista del giovane Renzi).

E con il segretario del Pd arriviamo all’epicentro del terremoto provocato dallo spostamento a destra di quella che ancora nel 2013 era considerata l’area di centrosinistra, quando Bersani e Vendola, con l’alleanza Italia-Bene comune, avevano costruito un programma e una prospettiva che le alte sfere in Italia e in Europa non vedevano di buon occhio. E non per caso le chiavi del governo finirono nelle mani prima di Enrico Letta e poi, di male in peggio, in quelle di Matteo Renzi.

Lui oggi è il frontman di un gruppo di potere vasto e articolato, un leader politico che non ha certo nascosto il suo progetto di rottamazione, nel Palazzo e nella società, nei confronti di una «vecchia» politica e di una «vecchia» classe dirigente. Spazzando via però, al tempo stesso, le possibili forme di vita a sinistra. La sua marcia per de-sinistrizzare il partito è stata una passeggiata: ha solo sfondato porte aperte. Chi ha storia, memoria, progetti di sinistra oggi gira al largo da lui e dai suoi sodali.

Il nostro giornale, che aveva visto avanzare il renzismo nel plauso generale, compresi i Cacciari, i Ferrara («lasciamolo lavorare»), evidenziando i rischi dell’uomo solo al comando, veniva considerato «sinistra d’antan». Che, più o meno, è quello che ora Giuliano Pisapia imputa a quanti lo invitano a considerare indigeribile un’alleanza con Renzi, per concentrarsi invece nella paziente costruzione di un partito, di una forza, di un campo di sinistra: un nuovo «luogo» di riferimento, in grado di mobilitare una stagione di lotte sociali e generazionali che in molti paesi europei danno oggi forza e speranza, credibilità e consenso alle nuove e vecchie formazioni di sinistra.

Ma anziché convergere e lavorare per unire, i vari leader  di quest’area, in parte espulsi con la rottamazione (il gruppo Bersani), in parte tormentati da continue micro scissioni (come per la vecchia Sel di Vendola), in parte autopromossi (come Pisapia), hanno occupato il tempo soprattutto per presidiare la propria area politica. Intendiamoci, la discussione, anche aspra, non è poco importante. Anzi, è necessaria, purché non resti incardinata, ancora una volta sui vecchi, eterni binari delle reciproche accuse di collateralismo e minoritariasmo. Perché si tratta di alibi sempre più fasulli.

Se in Italia, in Europa, nel mondo le nostre società sono abbrutite dalle diseguaglianze e se sul lavoro e i suoi diritti, sull’immigrazione e la guerra, sui diritti civili e sulla libertà di informazione c’è larga parte del paese d’accordo con le idee della sinistra, allora queste idee bisogna portarle agli elettori e offrire su questi temi niente di meno di una battaglia decisa, di un conflitto sociale largo e credibile, facendoli vivere nel dibattito culturale, nell’azione parlamentare.

Non a caso avevamo proposto un’assemblea costituente per organizzare le forze e il programma, e alla fine, seppur faticosamente,  l’idea può ancora guadagnare terreno. Quel che però sembra mancare è la consapevolezza della durezza dello scontro prossimo futuro. Vivremo una campagna elettorale durissima, lunghissima, e molto difficile per chi vuole soprattutto ragionare. Dice bene il presidente della Repubblica quando invita a mettere da parte gli slogan, la rissosità, prevedendo il peggio.

Le prossime elezioni rappresentano l’ultima fermata di un treno che la sinistra non può permettersi di perdere, se non vuole essere irrilevante per molti anni. Leggere, adesso, che a sinistra del Pd potranno esservi due o più liste, fa cadere le braccia e avvilisce chi da sempre ritiene che solo attraverso l’unità si può costruire qualcosa di nuovo e di diverso.

I leader – o leaderini – a sinistra del Pd devono sapere che se mettono i loro interessi, politici e personali, davanti ad ogni cosa, porteranno il treno a deragliare, distruggendo idee, voglia di cambiamento. Se si comporteranno in modo autodistruttivo nessuno, a sinistra, potrà più perdonarli.

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7 commenti

Alberto Tacchia 28 Luglio 2017 - 19:17

e’ora di finirla con i personalismi e i carrierismi. la politica soprattutto di sinistra deve avere come riferimento il volontariato e come valori la solidarietà e uguaglianza sia nei rapporti sociali che economici. io credo che occorre unirsi a sinistra in un unico soggetto politico e gli iscritti saranno gli unici titolati a eleggere il gruppo dirigente che li rappresenta.

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mario tomasucci 19 Agosto 2017 - 20:37

Ma è stato sempre così! I leader ed i leaderini della sinistra hanno sempre messo l loro interessi politici e personali davanti ad ogni cosa da sempre. E’ una caratteristica innata, congenita quella del puro e duro che non capisce la realtà. La sinistra sinistra o come la vogliamo chiamare, è sempre stata una palla al piede del progresso sociale

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Cremonini Giancarlo 22 Agosto 2017 - 19:41

Forse Mario, ti sei perso qualche fase della sinistra, l’era Berlinguer, dove la sinistra senza governare a causa dello strapotere della DC, ha costretto la stessa DC ad accettare compromessi e sconfitte, perchè la gente scendeva in piazza e faceva sentire la sua voce, nelle fabbriche con l’appoggio del PCI il sindacato si muoveva sul velluto e mobilitava le masse, ridimensionando tutte le destre compresa quella di Berlusconi dove Cofferati, portò in piazza 1 milione di persone. Oggi la gente è svogliata, smarrita, ricattata e stordita da una disinformazione spregevole. I leader grandi o piccoli, hanno gli spazi di manovra che la gente gli permette seguendoli o facendo altro, come per esempio smettere di votare. Oggi credo da iscritto a sinistra italiana, che Montanari e Falcone, possano essere una grande opportunità, per le loro idee chiare, per il loro entusiasmo e per la loro equidistanza da tutti i gruppi di sinistra permettendo così a loro di non sentirsi umiliati come accadrebbe se il leader fosse di un gruppo o partito di una sinistra leggermente diversa dalla sua. La sinistra può contare sull’80% degli elettori che sono: lavoratori, disoccupati o sotto occupati, pensionati e portatori di handicap fisici o economici che oggi sono sparsi fra il non voto e M5S e forse tanti che sono nel PD, perchè gli hanno fatto credere che il PD rappresenti ancora il centro sinistra. Perchè allora perdiamo sempre le elezioni, un pò sarà anche per colpa nostra, ma credo che tanta colpa sia dovuta a 2 questioni: a) che il capitalismo, ha tantissimi soldi e coi soldi, si fanno perfino le campagne elettorali in crociera e si comprano televisioni e giornali, giornalisti compresi. b) Proprio la questione dell’informazione che orienta, sublima e affonda a seconda del proprietario del giornale o della televisione, o di potentissimi centri di internet gestiti a senso unico dai loro proprietari.
A noi non restano che le piazze, ma anche per organizzare quelle, per pubblicizzare gli eventi per spargere l’informazione, occorrono militanti e soldi, i militanti si fa fatica a trovarli fino a quando non diamo garanzie di essere concreti e tenaci, e i soldi con la volpata di aver indotto la gente a togliere i finanziamenti ai partiti, ora i soldi per fare politica li hanno solo chi ha qualche miliardario al seguito.

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mario tomasucci 22 Agosto 2017 - 21:18

Smettila Cremonini, ti conosco da troppo tempo. Non perdo tempo a leggere le tue “cose”

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mario tomasucci 22 Agosto 2017 - 21:26

Cremonini ho letto solo le tue 3 o 4 righe finali. come al solito ti distingui con le tue contraddizioni. Chi ha voluto l’ abolizioni del finanziamento pubblico ai partiti , ben inteso trasparente e proporzionato? adesso mi vieni a dire che possano fare politica solo i ricchi? ma prima dove eravate?

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mario tomasucci 22 Agosto 2017 - 21:49

Cremonini ho letto con sacrificio un altro pezzo della tue cose. La DC nonostante tutto vinceva perchè aveva consensi e sapeva fare alleanze. Noi PCI nonostante la catena di trasmissione del sindacato siamo riusciti ad avere la maggioranza. Il tuo 80 % dedgli elettori che voterebbero sinistra, specialmente la vostra è uno dei tuoi tanti sogni che tu sei uso fare da sveglio.

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mario tomasucci 22 Agosto 2017 - 21:40

“Assemblea programmatica di una sinistra che non c’è” Fantastico, esilarante!!

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