La fiducia ragionevole di un Paese

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Sabino Cassese
Fonte: Corriere della sera
Url fonte: http://www.corriere.it/editoriali/15_gennaio_02/fiducia-ragionevole-un-paese-c54392a0-9246-11e4-aaf8-f7f9176948ef.shtml

di  Sabino Cassese – 2 gennaio 2015

Sono tre le «chiavi di lettura» del discorso di fine d’anno del presidente della Repubblica, nascoste in tre parole più volte ripetute, che sono sia declinate in termini soggettivi, sia rivolte agli italiani: «unità», «fiducia», «doveri».
L’unità nazionale ricorre tre volte, una per ricordare di averla rappresentata e di aver contribuito a rafforzarla; due volte per ricordarne alla nazione il «valore» e l’«imperativo». Napolitano ha anche aggiunto un ultimo richiamo all’unità, questa volta riferita ai popoli europei.

Il richiamo alla fiducia ricorre quattro volte, due riferita a quella espressa dal popolo nei suoi confronti, due alla «ragionata fiducia in noi stessi», condizione per vincere la sfiducia nella politica e per la rinascita, nonostante le difficoltà economiche, la corruzione e gli «italiani indegni».

La parola «dovere» ricorre tre volte, due riferite a se stesso (il dovere di non sottovalutare i segni della vecchiaia e i «nuovi doveri» del suo prossimo ruolo di senatore), una alla nazione, alla quale richiede «senso del dovere», accanto a senso di responsabilità, della legge, della Costituzione.

Queste tre parole sono tra quelle di uso più frequente anche nella Costituzione, che adopera «unità» tre volte, in particolare per attribuire al presidente di rappresentarla. Adopera «fiducia» due volte, per richiedere che gli organi esecutivi la ottengano da quelli rappresentativi. Adopera la parola «doveri» otto volte, e in particolare in coppia con il suo opposto diritti. Anzi, all’articolo 2, dispone che la Repubblica richiede ai cittadini «l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale».

Un presidente della Repubblica, quindi, fedele alla Costituzione, ma che guarda anche al di là, alla piena conclusione del processo di riforma costituzionale, nonché all’Unione europea, e all’unità dei suoi popoli.

Due lezioni si traggono da questo discorso di fine anno. La prima è quella di non seguire gli apocalittici, senza speranze, o gli utopisti, che coltivano smisurate speranze, ma di avere «ragionata fiducia» in «ragionevoli speranze». La seconda è quella di non accomodarsi nella sfiducia nella politica o nella inoperosità politica. Ne è un bell’esempio Napolitano stesso, che, a quasi novant’anni, guarda avanti ai «nuovi doveri» che l’attendono. Di quale gioventù non risultò migliore questa vecchiaia?

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