La guerra con l’Islam, errore grave

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Francesco Salvatore
Fonte: politicaPrima.it
Url fonte: http://www.politicaprima.com/2016/07/la-guerra-con-lislam-errore-grave.html

Siamo in guerra Islamdi Francesco Salvatore – 19 luglio 2016

Sempre più spesso, a seguito di attentati terroristici perpetrati nei Paesi occidentali da immigrati anche di seconda e terza generazione, si sente parlare di “guerra con l’Islam”.

Nizza attentantoMa c’è da chiedersi se debba parlare di guerra o piuttosto di un perverso effetto di un conflitto sociale maturato in un’economia neo-liberista di mercato globalizzato.

Si può parlare di “guerra” solo se venissero prodotte prove incontrovertibili e pubbliche che le azioni di terrorismo sono architettate, finanziate e armate da un altro Stato per il perseguimento di una strategia di destabilizzazione, quale ad esempio il sovvertimento del governo. Se invece, in assenza di prove, si fanno solo ipotesi allora il termine guerra è improprio, anche se i terroristi sono cittadini, di fede islamica, del paese occidentale; è corretto, invece, parlare di problemi di ordine pubblico, pubblica sicurezza.

R600x__small_140903-200505_To030914AA_0486Ciò posto, per affrontarli efficacemente la risposta deve essere più articolata della sola repressione. Reprimere è una medicina necessaria per tenere sotto controllo i sintomi più acuti della malattia ma, senza aggredire le cause, il male non potrà essere estirpato.

Considerato che gli autori di atti terroristici sono anche immigrati di seconda e terza generazioni provenienti da territori di fede islamica, c’è da chiedersi quali siano le motivazioni che li spingono a commettere atti orribili che pagano anche con la loro stessa vita.

IslamSgombrando il campo dal fatto che la causa vada ricercata nella fede religiosa, e cioè che l’Islam predichi la violenza e l’intolleranza – una tesi semplicistica propagandata da chi è in mala fede o non conosce il messaggio di Maometto che, come Cristo, fu un iniziato; inoltre se ciò fosse i quasi 2 miliardi di islamici avrebbero da moltissimo tempo creato un serio problema per l’intero occidente – la risposta va ricercata in cause meno astratte e più pratiche che analizzino il contesto sociale in cui questa gente vive senza la visione distorta del pregiudizio.

Gli immigrati, nella stragrande maggioranza sono venuti in occidente per sfuggire al progressivo impoverimento del loro paese, causato dalle politiche colonialistiche e post colonialistiche. Il loro processo di integrazione, spesso priva o mal supportato da efficaci politiche sociali e culturali, li hanno portati a vivere in vere e proprie tribù all’interno delle città, alimentando in loro la percezione di uno stato di emarginazione da cui, facilmente, può scaturire un senso di rabbia.

L’emarginazione sociale genera quella economica, in altri termini nega la possibilità di crescita sociale ed economica che, soprattutto, con l’affermarsi delle politiche neo-liberiste dell’attuale governance europea stanno portando a grandi passi allo smantellamento dello stato sociale a vantaggio del profitto… benzina sul fuoco che certamente non aiuta ma, anzi, riducendo le risorse, ostacola i processi integrativi e inclusivi.

Per loro si presenta uno scenario desolante dove si trovano a convivere in un ghetto in presenza di una classe privilegiata dal neo-liberismo che oltre a ostentare opulenza non è uguale di fronte alla legge. Un mix che genera un forte insoddisfazione se non rabbia.

il-post-di-adele-puglisiQuando poi si aggiunge una propaganda razziale per creare consensi nelle fasce meno abbienti degli autoctoni, la situazione si avvia a diventare esplosiva e induce ad abbracciare qualsiasi ideale che possa dar loro dignità e identità (e ciò non deve stupire visto che lo stesso processo si manifesta con il tifo calcistico). Allora cosa c’è di meglio di un alibi religioso come elemento aggregativo per rispondere alle frustrazioni?

Questa spirale perversa inghiotte tutti: persone che in qualche maniera sono acculturate e persone ignoranti, il cui denominatore comune, oltre a rabbia, frustrazione e/o emarginazione, è uno stato psicologico debole e quindi facilmente manipolabile, condizionabile e/o pronto a emulare. In altri termini un terreno fertile dove possono mietere le centrali terroristiche.

europa-immigrazioneIn conclusione cosa occorre fare? Non limitarsi alla repressione ma riconsiderare la radice sociale del problema e mettere in campo politiche integrative e inclusive adeguatamente finanziate, senza essere succubi delle rigide regole imposte dall’EU. In pratica, bisogna fare un conto costi-benefici per valutare gli effetti di un cambio di rotta della governance che, a fronte di un investimento, possa liberarci progressivamente dall’incubo di essere falciati da una folle e cieca rabbia che ha radici antiche ma che, inconsapevolmente, ciascuno concima.

Francesco SalvatoreFrancesco Salvatore
19 Luglio 2016

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