Debacle della sinistra a Sud, ripresa in sette mosse

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Massimo Paolucci

di Massimo Paolucci – 21 marzo 2018

C’è da meravigliarsi per come il Mezzogiorno ha votato il 4 marzo? Sinceramente l’unica cosa che sorprende è lo stupore di diversi politici e commentatori nel restare sbalorditi per la scelta compiuta dagli elettori del Sud nel segreto dell’urna.

Due, tre, quattro, cinque anni fa, si sarebbe detto che il Sud era una pericolosa polveriera, un concentrato di rabbia, disperazione e delusione. Oggi quella polveriera è esplosa. Con questa ‘esplosione’ bisogna fare i conti, senza demonizzarla o peggio ancora trattandola con sufficienza. Il voto in massa al Movimento 5 Stelle è stata la risposta a quella sinistra di governo che di fronte a più campanelli d’allarme rispetto al malessere del Sud ha voltato lo sguardo da un’altra parte, abbassando la testa sotto la sabbia, affermando che tutto andava bene e bollando come gufi chi la pensava diversamente. Il voto del 4 marzo nel Mezzogiorno ha tante letture, è figlio di tanti processi sul piano internazionale, su quello nazionale e quello locale. Ma tutto nasce sempre e comunque dai fatti.

La realtà è più forte di qualsiasi narrazione o ‘storytelling’ e alla fine prende il sopravvento e presenta sempre il conto. E questo è quello che è avvenuto il 4 marzo. Tutto era già scritto nella realtà dei fatti, certificata dalle fredde e brutali statistiche.

Un cittadino meridionale su due è a rischio povertà. Reddito medio annuo pro capite in linea con quello della Grecia. Oltre il 40% di giovani disoccupati. Tre milioni e mezzo di giovani meridionali (7mila in più del 2008) che non lavorano e non studiano. Più di 700mila quelli che hanno lasciato il sud o l’Italia tra il 2002 e il 2015. Evasione scolastica intorno al 20%, 5-6 punti sopra la media nazionale, il doppio di quella europea. Un sistema universitario duramente colpito per effetto di criteri “folli” nella ripartizione dei fondi. I comuni alla “canna del gas”, politiche socio- sanitarie quasi azzerate, trasporti locali ai minimi storici. Un’aspettativa di vita più bassa di 5 anni rispetto alla media nazionale; natalità in forte calo. L’aumento del Pil degli ultimi 12-18 mesi non ha prodotto una conseguente crescita dell’occupazione stabile, ma solo occupazione precaria e mal retribuita e soprattutto non ha intaccato minimamente il rischio e la condizione di povertà assoluta.

 Ritorno all’interrogativo iniziale: con questi numeri ci si può mai meravigliare dell’esito elettorale nel Sud? Evidentemente no.

Ripetere le polemiche del passato oggi è del tutto inutile. Guardiamo al futuro. La Sinistra, in primo luogo nel Mezzogiorno, dove ha subito la sua più grave sconfitta, ha il dovere di ripensare se stessa, non ragionando di formule e su apparati, ma su come, a partire dalle questioni di merito si recupera una funzione e una rappresentanza. Provo di seguito ad articolare alcuni grandi temi in torno a cui riflettere sul merito.

1. Redistribuzione della ricchezza: con gli attuali ritmi di sviluppo, il Mezzogiorno tornerà alla situazione pre-crisi nel 2028. Come si gestisce in modo socialmente sostenibile in questa lunga transizione? Anche i cantori del jobs act devono ravvedersi. Urge rafforzare gli ammortizzatori sociali, “accompagnare” alla pensione milioni di lavoratori socialmente utili, definire una misura universale di sostegno per i disoccupati.

2. Riequilibrio Nord-Sud: mettiamo finalmente in soffitta l’idiozia di un Sud lautamente assistito: nel Mezzogiorno vive il 30% della popolazione a cui viene destinato il 20% di risorse compresi i fondi europei che hanno smesso di essere aggiuntivi. Uno scandalo! Io credo che bisogna ripartire dalla clausola Ciampi: 45% di investimenti in conto capitale destinati al sud e da una seria riflessione sul ruolo di cassa depositi e prestiti. Siamo d’accordo?

3. Politiche pubbliche per gli investimenti produttivi: non è uno scandalo tornare a teorizzare l’intervento dello Stato nell’economia. Certo basta bonus e più investimenti pubblici e privati. Ma quali? La Volkswagen si appresta a riaprire 16 stabilimenti per produrre auto elettriche. È una bestemmia sostenere che dobbiamo darci l’obiettivo strategico di incentivare nel Sud queste produzioni? È possibile discutere di come trasformare il Sud nel più grande distretto italiano di economia circolare?

4. Ripensare le città: per quanti decenni dobbiamo continuare a parlare a vuoto di rigenerazione urbana e della banca del Sud? Senza una “alta qualità urbana” ed una nuova politica creditizia il Sud non riparte.

5. Riformare la pubblica amministrazione: ma davvero c’è chi pensa che con la pubblica amministrazione, nelle condizioni attuali, il Sud possa ripartire? Non scherziamo. La pubblica amministrazione è “a pezzi” invecchiata e demotivata. Servono urgentemente decine di migliaia di nuovi assunzioni, energie fresche. Laureati, diplomati, una nuova leva di dirigenti da impegnare nel Sud.

6. Rivedere gli assetti delle istituzioni territoriali: il combinato disposto di una crisi grave del regionalismo, l’improvvido “finto” scioglimento delle province ed il pasticcio delle città metropolitane hanno generato un grave corto circuito nel sistema istituzionale. Senza “avventurarci” in confuse riforme costituzionali, vogliamo parlarne?

7. Una politica di innovazione che guardi al Sud: industria 4.0 è una seria opportunità per le regioni del Centro-Nord. Sono un disfattista se affermo che questo (buon) provvedimento non “parla al Mezzogiorno”? In assenza di correzioni, a mio avviso, corriamo il rischio che la nuova rivoluzione tecnologica generi un ulteriore aumento del divario nord-sud ed un impoverimento “strategico” del Mezzogiorno.

Meridionalisti, democratici, sinistra vecchia e nuova se ci siete battete un colpo.

Babelezon bookstore leggi che ti passa

Articoli correlati

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.